L’accademia di Leonardo elicotteri forma piloti pronti al volo in 18 mesi
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Ricavato quasi vent'anni fa negli storici stabilimenti Savoia Marchetti, il centro addestra 10.000 persone l'anno, compresi operatori radar e medici d'equipaggio. forma professionisti civili e militari provenienti da tutto il mondo.
A bordo dei simulatori su un AW169: decolliamo dall'Aeroporto dell'Urbe e atterriamo a Roma in piazza San Pietro.
Il Think-tank di Leonardo elicotteri, serbatoio di idee e laboratorio dove si raccolgono dati per creare algoritmi tali che permettano di ricavarne utili indicazioni su come migliorare il prodotto.
Lo speciale contiene tre articoli e un video della prova al simulatore.
«L'elicottero sarà il mezzo più versatile inventato dall'uomo». Tanta lungimiranza fu del pioniere del volo verticale Igor Sikorsky, ma anche noi italiani, grazie a Enrico Forlanini e Corradino D'Ascanio avevamo visto lontano, Leonardo in testa. Non soltanto il Da Vinci, anche quello che oggi rappresenta l'ex Finmeccanica e che ha assorbito AgustaWestland. Nel 2005 l'allora dirigenza pensò di riqualificare gli storici stabilimenti Savoia Marchetti di Sesto Calende (Va) per farne un centro di addestramento all'avanguardia, concentrando le attività formative che prima furono a Cascina Costa, Frosinone e Somma Lombardo. Due anni prima, nel 2003, era nata Rotorsim, joint-venture tra di AgustaWestland e Cae, colosso della simulazione di volo professionale. Il nome del centro oggi è Leonardo Helicopter Training Academy, organizzazione che, da allora, ha formato anche 10.000 persone l'anno. Tra queste non soltanto piloti ma anche tecnici, specialisti, soccorritori e i relativi istruttori provenienti da tutte le nazioni.
Il bilancio di Leonardo sarà presentato il 9 marzo, momento in cui potremo vedere i numeri, ma negli ultimi anni la componente servizi di supporto e addestramento ha rappresentato quasi il 40% dei ricavi della divisione elicotteri. Ogni nuovo modello nasce - già digitale - all'interno di una «famiglia di elicotteri» con i quali condivide logiche e sistemi, ma al tempo stesso viene realizzato contemporaneamente al suo simulatore di volo e spesso insieme a quello di «sistema», progredendo in modo da essere pronti al momento dell'entrata in servizio della nuova macchina volante anche con il personale già addestrabile e i sistemi per poterlo fare. I clienti chiedono quindi di acquisire una o più precise capacità operative (capability), ovvero si affidano al costruttore affinché porti loro la soluzione realizzandola in base a esigenze, tempi, situazioni e costi. Giocoforza questo evidenzia la necessità di saper gestire anche profonde differenze culturali, per questo tra le caratteristiche più ricercare negli istruttori (di volo, dei tecnici o dei docenti di teoria), c'è grande attenzione alla componente umanistica (le cosiddette soft-skill), che consentono di creare quell'empatia positiva con gli allievi.
Alla Leonardo Helicopter Training Academy si possono formare da zero nuovi piloti professionisti in diciotto mesi (arrivando alla licenza di pilota commerciale con abilitazione al volo strumentale), ed anche le altre figure specializzate del lavoro e del soccorso aereo come verricellisti, specialisti dei sistemi, compresi i medici che fanno parte degli equipaggi.
E nel caso delle commesse militari ci sono da addestrare anche gli operatori dei sempre più tecnologici impianti elettronici come radar, sonar, sistemi di comunicazione e sensori elettro-ottici. Tutto questo, dai metodi di addestramento fino alle procedure, è sempre in evoluzione grazie alla raccolta e all'analisi costante di dati e informazioni provenienti dai clienti, ma anche partecipando attivamente all'adeguamento delle normative internazionali presso le autorità aeronautiche. Oggi il settore dell'aviazione sta finalizzando un processo d'innovazione che va dall'applicazione di nuove tecnologie all'adozione di regole più moderne e flessibili riguardo la gestione delle procedure di volo. E stante che da qualche mese sono in vigore nuove norme, Leonardo elicotteri è stata in grado di partecipare anche alla stesura e alla certificazione di procedure di volo per l'atterraggio strumentale in determinati aeroporti per rendere più efficiente lo sfruttamento dello spazio aereo attraverso l'espressione delle prestazioni di ogni modello di elicottero. Che in pratica significa ottimizzare il volo e poter arrivare a destinazione nella massima sicurezza, in meno tempo, senza rallentare altri traffici e magari consumando anche meno carburante. Similmente, raccogliendo ed elaborando i dati degli operatori distribuiti in tutto il mondo sia durante l'utilizzo delle flotte in termini di parametri, rotte di volo e stato di manutenzione, nella struttura di Sesto Calende si elaborano applicazioni di servizio che facilitano i piloti nella pianificazione, si aggiornano continuamente procedure di manutenzione e si predispongono i requisiti dei prossimi modelli. Ciò che rappresenta l'anticamera dell'uso dei big-data asserviti alla progettazione e alla gestione aeronautica, fino alla manutenzione predittiva, ovvero quando è un componente stesso a dire se e quando deve essere sostituito.
La palestra degli angeli: la nostra esperienza al simulatore
Dall'esterno i grandi simulatori di volo sembrano giganteschi ragni bianchi che si muovono goffamente su zampe sottili. Dentro, per molte ore al giorno, ci sono almeno tre persone, istruttore, allievo e operatore al sistema. Ma oggi gli allievi siamo noi e a spiegarci come viene utilizzata questa risorsa sono Roberto Bianchini e Andrea Liotti, entrambi piloti istruttori. «Sono decenni - ci spiegano - che i piloti si addestrano dentro questi impianti, che però oggi sono del tutto fedeli all'elicottero reale. Ciò che è evolve oltre la grafica e come questi vengono utilizzati». Se inizialmente si addestrava il pilota alla condotta del mezzo e poi costui si specializzava nelle diverse operazioni nelle quali era coinvolto, oggi nella realtà virtuale ci si allena a eseguire intere missioni particolari. Si può simulare il lavoro al gancio baricentrico, che serve per trasportare i carichi in luoghi irraggiungibili, le missioni di soccorso in mare, con il simulatore che mostra anche il naufrago o il soccorritore in acqua che agita le braccia, si possono sviluppare le capacità di un pilota a togliersi da condizioni meteorologiche pericolose e anche a effettuare operazioni di polizia (law enforcement), trasporto medico d'urgenza atterrando sulle piazzole elisanitarie degli ospedali, o ancora imparare a volare sul mare aperto per raggiungere piattaforme petrolifere che appaiono come copie esatte di quelle vere, e anche voli di notte con l'ausilio di visori a intensificazione luminosa, tipici delle missioni militari.
Saliamo su questa grande giostra dove le procedure anticovid implicano un briefing aggiuntivo a quello prevolo, con la sanificazione dei comandi, le protezioni sui padiglioni e i microfoni delle cuffie, l'igienizzazione delle mani. Poi prendiamo posto e comprendiamo che decolleremo dall'Aeroporto dell'Urbe per un volo Vip diretti - in modo forse improbabile ma spettacolare - nientemeno che a Roma in piazza San Pietro. Il modello di elicottero è il Leonardo AW169, dal peso impostato di 4 tonnellate circa su un massimo di 4,8, ovvero con ancora 800 chili di carico utile e quindi una certa riserva di potenza disponibile a favore delle prestazioni. Pronti per il decollo, con un occhio allo scenario ma senza perdere di vista i parametri motore, solleviamo la leva del passo collettivo, ovvero quella che varia l'inclinazione delle pale del rotore principale (ampio 12,12 metri) e cercando di mantenere la posizione muovendo il comando del passo ciclico, del tutto simile alla cloche dell'aeroplano, che muove in tutte le direzioni il disco del rotore e ci dà direzione e velocità, cerchiamo di impostare la traiettoria desiderata. Intanto tiriamo su il carrello e acceleriamo fino a oltre 135 nodi, 250 chilometri orari. La pedaliera, su un elicottero questo, che ha comandi elettronici (fly by wire come i moderni jet), si utilizza meno di quanto si facesse in passato su altre macchine volanti.
Roma virtuale, in una giornata di cielo sereno, con soltanto qualche nuvoletta e vento calmo (bontà di chi ha programmato il volo), è tanto dettagliata che i punti di riferimento si trovano senza difficoltà. Al simulatore ci si adatta rapidamente, c'è soltanto un quasi impercettibile ritardo tra le più rapide variazioni dello scenario rispetto al movimento della cabina. Ma se le correzioni sui comandi sono delicate la permanenza in questa giostra non diventa fastidiosa. Il Tevere con le sue curve ci accompagna e il Cupolone si avvicina, la piazza appare in tutta la sua ampiezza, giù il carrello e tra l'ingresso del colonnato e l'obelisco improvvisiamo la piazzola d'atterraggio posandoci nel cuore del Vaticano. Non c'è Sua Santità da recuperare e l'istruttore ci ha aiutati a perfezionare la toccata, ma ciò che più conta è che abbiamo compreso quale eccezionale strumento formativo abbiamo avuto il privilegio di utilizzare. Nell'edificio accanto, coloro che si devono addestrare al trasporto di barelle e ai recuperi in ambienti montani hanno a disposizione sia il simulatore di missione, con tutte le attrezzature da impiegare, sia una parete per l'arrampicata alta una dozzina di metri sulla quale esercitarsi. E nel caso dei militari, anche a sapersi calare dall'elicottero usando la fune che siamo abituati a vedere nei film d'azione.
L'Internet delle cose vola in elicottero
Chiamiamolo Think-tank, serbatoio o incubatore di idee, oppure con il suo nome più esteso di Advanced Analytics Office, ufficio di analisi avanzate. Si tratta del reparto di Leonardo elicotteri nel quale una decina di persone capitanate da Fabio Gatti e Alberto Clocchiatti fanno un lavoro particolare: raccolgono quanti più dati possibile provenienti dalla flotta operativa dei modelli AW139, 169 e 189 relativi a come gli elicotteri vengono utilizzati (parametri e durata dei voli, dell'ambiente, della manutenzione, delle manovre), per poi creare algoritmi tali che permettano di ricavarne utili indicazioni su come migliorare il prodotto aumentandone l'efficienza a vantaggio dei clienti e quindi dell'azienda stessa, che così dimostra di essere «digitale e connessa». Lo fanno da tempo i produttori di automobili e di elettronica di consumo, ma farlo sugli elicotteri è un'altra faccenda. Intanto perché senza una connessione via satellite posta su macchine volanti in ogni angolo del pianeta sarebbe impossibile, e poi perché l'implementazione delle capacità di calcolo deve essere costante e rapida. Potremmo definirla una versione aeronautica di ciò che ormai chiamiamo Internet delle cose (Iot), soltanto che questa volta i dati, specialmente quando riguardano elicotteri militari, devono viaggiare al sicuro dai pericoli della rete. Le informazioni e gli algoritmi che le elaborano sono costantemente in evoluzione, il processo che nel gergo tecnico viene chiamato «machine learning» permette di restituire dati utili agli operatori e ai piloti per poter ottimizzare l'uso dell'elicottero.
Quanto in alto arriva? A quel velocità procede, quanto carburante sta consumando? Le risposte, fatte numeri, sono la materia prima che gli specialisti utilizzano per restituire informazioni strategiche per il presente e il futuro del costruttore italiano, per profilare il cliente comprendendo meglio le sue esigenze. Dal punto di vista della manutenzione questo sistema consente di sviluppare la capacità di prevenire una necessità d'intervento tecnico attraverso lo studio del modo in cui una parte si degrada con l'utilizzo, fino a stabilire quando sia il momento migliore per far intervenire il tecnico. Fino a decidere che è conveniente riprogettare il componente in modo diverso.
Dietro al termine inglese «Open innovation» si concretizza in campo aerospaziale il difficile passaggio tra la manutenzione preventiva (si cambia una parte entro un determinato periodo in ogni caso) e quella predittiva (si cambia ora perché è necessario), caratteristica che oggi ancora pochi costruttori al di aeroplani ed elicotteri posseggono, ma che fa la differenza in termini di costi gestionali. La continua mole di dati servirà quindi per definire i requisiti tecnici dei nuovi elicotteri, con l'uomo a tracciarne la forma (e definirne la bellezza), e gli algoritmi a migliorarne l'efficienza.
Ricavato quasi vent'anni fa negli storici stabilimenti Savoia Marchetti, il centro addestra 10.000 persone l'anno, compresi operatori radar e medici d'equipaggio. forma professionisti civili e militari provenienti da tutto il mondo. A bordo dei simulatori su un AW169: decolliamo dall'Aeroporto dell'Urbe e atterriamo a Roma in piazza San Pietro. Il Think-tank di Leonardo elicotteri, serbatoio di idee e laboratorio dove si raccolgono dati per creare algoritmi tali che permettano di ricavarne utili indicazioni su come migliorare il prodotto. Lo speciale contiene tre articoli e un video della prova al simulatore.«L'elicottero sarà il mezzo più versatile inventato dall'uomo». Tanta lungimiranza fu del pioniere del volo verticale Igor Sikorsky, ma anche noi italiani, grazie a Enrico Forlanini e Corradino D'Ascanio avevamo visto lontano, Leonardo in testa. Non soltanto il Da Vinci, anche quello che oggi rappresenta l'ex Finmeccanica e che ha assorbito AgustaWestland. Nel 2005 l'allora dirigenza pensò di riqualificare gli storici stabilimenti Savoia Marchetti di Sesto Calende (Va) per farne un centro di addestramento all'avanguardia, concentrando le attività formative che prima furono a Cascina Costa, Frosinone e Somma Lombardo. Due anni prima, nel 2003, era nata Rotorsim, joint-venture tra di AgustaWestland e Cae, colosso della simulazione di volo professionale. Il nome del centro oggi è Leonardo Helicopter Training Academy, organizzazione che, da allora, ha formato anche 10.000 persone l'anno. Tra queste non soltanto piloti ma anche tecnici, specialisti, soccorritori e i relativi istruttori provenienti da tutte le nazioni. Il bilancio di Leonardo sarà presentato il 9 marzo, momento in cui potremo vedere i numeri, ma negli ultimi anni la componente servizi di supporto e addestramento ha rappresentato quasi il 40% dei ricavi della divisione elicotteri. Ogni nuovo modello nasce - già digitale - all'interno di una «famiglia di elicotteri» con i quali condivide logiche e sistemi, ma al tempo stesso viene realizzato contemporaneamente al suo simulatore di volo e spesso insieme a quello di «sistema», progredendo in modo da essere pronti al momento dell'entrata in servizio della nuova macchina volante anche con il personale già addestrabile e i sistemi per poterlo fare. I clienti chiedono quindi di acquisire una o più precise capacità operative (capability), ovvero si affidano al costruttore affinché porti loro la soluzione realizzandola in base a esigenze, tempi, situazioni e costi. Giocoforza questo evidenzia la necessità di saper gestire anche profonde differenze culturali, per questo tra le caratteristiche più ricercare negli istruttori (di volo, dei tecnici o dei docenti di teoria), c'è grande attenzione alla componente umanistica (le cosiddette soft-skill), che consentono di creare quell'empatia positiva con gli allievi. Alla Leonardo Helicopter Training Academy si possono formare da zero nuovi piloti professionisti in diciotto mesi (arrivando alla licenza di pilota commerciale con abilitazione al volo strumentale), ed anche le altre figure specializzate del lavoro e del soccorso aereo come verricellisti, specialisti dei sistemi, compresi i medici che fanno parte degli equipaggi. E nel caso delle commesse militari ci sono da addestrare anche gli operatori dei sempre più tecnologici impianti elettronici come radar, sonar, sistemi di comunicazione e sensori elettro-ottici. Tutto questo, dai metodi di addestramento fino alle procedure, è sempre in evoluzione grazie alla raccolta e all'analisi costante di dati e informazioni provenienti dai clienti, ma anche partecipando attivamente all'adeguamento delle normative internazionali presso le autorità aeronautiche. Oggi il settore dell'aviazione sta finalizzando un processo d'innovazione che va dall'applicazione di nuove tecnologie all'adozione di regole più moderne e flessibili riguardo la gestione delle procedure di volo. E stante che da qualche mese sono in vigore nuove norme, Leonardo elicotteri è stata in grado di partecipare anche alla stesura e alla certificazione di procedure di volo per l'atterraggio strumentale in determinati aeroporti per rendere più efficiente lo sfruttamento dello spazio aereo attraverso l'espressione delle prestazioni di ogni modello di elicottero. Che in pratica significa ottimizzare il volo e poter arrivare a destinazione nella massima sicurezza, in meno tempo, senza rallentare altri traffici e magari consumando anche meno carburante. Similmente, raccogliendo ed elaborando i dati degli operatori distribuiti in tutto il mondo sia durante l'utilizzo delle flotte in termini di parametri, rotte di volo e stato di manutenzione, nella struttura di Sesto Calende si elaborano applicazioni di servizio che facilitano i piloti nella pianificazione, si aggiornano continuamente procedure di manutenzione e si predispongono i requisiti dei prossimi modelli. Ciò che rappresenta l'anticamera dell'uso dei big-data asserviti alla progettazione e alla gestione aeronautica, fino alla manutenzione predittiva, ovvero quando è un componente stesso a dire se e quando deve essere sostituito. <div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/speciale-leonardo-elicotteri-2650595927.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="la-palestra-degli-angeli-la-nostra-esperienza-al-simulatore" data-post-id="2650595927" data-published-at="1613986511" data-use-pagination="False"> La palestra degli angeli: la nostra esperienza al simulatore Your browser does not support the video tag. Dall'esterno i grandi simulatori di volo sembrano giganteschi ragni bianchi che si muovono goffamente su zampe sottili. Dentro, per molte ore al giorno, ci sono almeno tre persone, istruttore, allievo e operatore al sistema. Ma oggi gli allievi siamo noi e a spiegarci come viene utilizzata questa risorsa sono Roberto Bianchini e Andrea Liotti, entrambi piloti istruttori. «Sono decenni - ci spiegano - che i piloti si addestrano dentro questi impianti, che però oggi sono del tutto fedeli all'elicottero reale. Ciò che è evolve oltre la grafica e come questi vengono utilizzati». Se inizialmente si addestrava il pilota alla condotta del mezzo e poi costui si specializzava nelle diverse operazioni nelle quali era coinvolto, oggi nella realtà virtuale ci si allena a eseguire intere missioni particolari. Si può simulare il lavoro al gancio baricentrico, che serve per trasportare i carichi in luoghi irraggiungibili, le missioni di soccorso in mare, con il simulatore che mostra anche il naufrago o il soccorritore in acqua che agita le braccia, si possono sviluppare le capacità di un pilota a togliersi da condizioni meteorologiche pericolose e anche a effettuare operazioni di polizia (law enforcement), trasporto medico d'urgenza atterrando sulle piazzole elisanitarie degli ospedali, o ancora imparare a volare sul mare aperto per raggiungere piattaforme petrolifere che appaiono come copie esatte di quelle vere, e anche voli di notte con l'ausilio di visori a intensificazione luminosa, tipici delle missioni militari.Saliamo su questa grande giostra dove le procedure anticovid implicano un briefing aggiuntivo a quello prevolo, con la sanificazione dei comandi, le protezioni sui padiglioni e i microfoni delle cuffie, l'igienizzazione delle mani. Poi prendiamo posto e comprendiamo che decolleremo dall'Aeroporto dell'Urbe per un volo Vip diretti - in modo forse improbabile ma spettacolare - nientemeno che a Roma in piazza San Pietro. Il modello di elicottero è il Leonardo AW169, dal peso impostato di 4 tonnellate circa su un massimo di 4,8, ovvero con ancora 800 chili di carico utile e quindi una certa riserva di potenza disponibile a favore delle prestazioni. Pronti per il decollo, con un occhio allo scenario ma senza perdere di vista i parametri motore, solleviamo la leva del passo collettivo, ovvero quella che varia l'inclinazione delle pale del rotore principale (ampio 12,12 metri) e cercando di mantenere la posizione muovendo il comando del passo ciclico, del tutto simile alla cloche dell'aeroplano, che muove in tutte le direzioni il disco del rotore e ci dà direzione e velocità, cerchiamo di impostare la traiettoria desiderata. Intanto tiriamo su il carrello e acceleriamo fino a oltre 135 nodi, 250 chilometri orari. La pedaliera, su un elicottero questo, che ha comandi elettronici (fly by wire come i moderni jet), si utilizza meno di quanto si facesse in passato su altre macchine volanti.Roma virtuale, in una giornata di cielo sereno, con soltanto qualche nuvoletta e vento calmo (bontà di chi ha programmato il volo), è tanto dettagliata che i punti di riferimento si trovano senza difficoltà. Al simulatore ci si adatta rapidamente, c'è soltanto un quasi impercettibile ritardo tra le più rapide variazioni dello scenario rispetto al movimento della cabina. Ma se le correzioni sui comandi sono delicate la permanenza in questa giostra non diventa fastidiosa. Il Tevere con le sue curve ci accompagna e il Cupolone si avvicina, la piazza appare in tutta la sua ampiezza, giù il carrello e tra l'ingresso del colonnato e l'obelisco improvvisiamo la piazzola d'atterraggio posandoci nel cuore del Vaticano. Non c'è Sua Santità da recuperare e l'istruttore ci ha aiutati a perfezionare la toccata, ma ciò che più conta è che abbiamo compreso quale eccezionale strumento formativo abbiamo avuto il privilegio di utilizzare. Nell'edificio accanto, coloro che si devono addestrare al trasporto di barelle e ai recuperi in ambienti montani hanno a disposizione sia il simulatore di missione, con tutte le attrezzature da impiegare, sia una parete per l'arrampicata alta una dozzina di metri sulla quale esercitarsi. E nel caso dei militari, anche a sapersi calare dall'elicottero usando la fune che siamo abituati a vedere nei film d'azione. <div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem2" data-id="2" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/speciale-leonardo-elicotteri-2650595927.html?rebelltitem=2#rebelltitem2" data-basename="l-internet-delle-cose-vola-in-elicottero" data-post-id="2650595927" data-published-at="1613986511" data-use-pagination="False"> L'Internet delle cose vola in elicottero Chiamiamolo Think-tank, serbatoio o incubatore di idee, oppure con il suo nome più esteso di Advanced Analytics Office, ufficio di analisi avanzate. Si tratta del reparto di Leonardo elicotteri nel quale una decina di persone capitanate da Fabio Gatti e Alberto Clocchiatti fanno un lavoro particolare: raccolgono quanti più dati possibile provenienti dalla flotta operativa dei modelli AW139, 169 e 189 relativi a come gli elicotteri vengono utilizzati (parametri e durata dei voli, dell'ambiente, della manutenzione, delle manovre), per poi creare algoritmi tali che permettano di ricavarne utili indicazioni su come migliorare il prodotto aumentandone l'efficienza a vantaggio dei clienti e quindi dell'azienda stessa, che così dimostra di essere «digitale e connessa». Lo fanno da tempo i produttori di automobili e di elettronica di consumo, ma farlo sugli elicotteri è un'altra faccenda. Intanto perché senza una connessione via satellite posta su macchine volanti in ogni angolo del pianeta sarebbe impossibile, e poi perché l'implementazione delle capacità di calcolo deve essere costante e rapida. Potremmo definirla una versione aeronautica di ciò che ormai chiamiamo Internet delle cose (Iot), soltanto che questa volta i dati, specialmente quando riguardano elicotteri militari, devono viaggiare al sicuro dai pericoli della rete. Le informazioni e gli algoritmi che le elaborano sono costantemente in evoluzione, il processo che nel gergo tecnico viene chiamato «machine learning» permette di restituire dati utili agli operatori e ai piloti per poter ottimizzare l'uso dell'elicottero.Quanto in alto arriva? A quel velocità procede, quanto carburante sta consumando? Le risposte, fatte numeri, sono la materia prima che gli specialisti utilizzano per restituire informazioni strategiche per il presente e il futuro del costruttore italiano, per profilare il cliente comprendendo meglio le sue esigenze. Dal punto di vista della manutenzione questo sistema consente di sviluppare la capacità di prevenire una necessità d'intervento tecnico attraverso lo studio del modo in cui una parte si degrada con l'utilizzo, fino a stabilire quando sia il momento migliore per far intervenire il tecnico. Fino a decidere che è conveniente riprogettare il componente in modo diverso.Dietro al termine inglese «Open innovation» si concretizza in campo aerospaziale il difficile passaggio tra la manutenzione preventiva (si cambia una parte entro un determinato periodo in ogni caso) e quella predittiva (si cambia ora perché è necessario), caratteristica che oggi ancora pochi costruttori al di aeroplani ed elicotteri posseggono, ma che fa la differenza in termini di costi gestionali. La continua mole di dati servirà quindi per definire i requisiti tecnici dei nuovi elicotteri, con l'uomo a tracciarne la forma (e definirne la bellezza), e gli algoritmi a migliorarne l'efficienza.
Svolta filologica grazie a un decreto del Colle: chiesta diligente osservanza all’esercito.
«Siam pronti alla morte, l’Italia chiamò». Punto, fine. Pausa con corona. Rompete le righe, ma soprattutto mordetevi la lingua se siete tra quelli - quasi tutti - abituati a urlare «sì!» al termine del Canto degli italiani (poesia di Goffredo Mameli, musica di Michele Novaro, correva l’anno 1847). Lo stabilisce un decreto del 15 marzo scorso firmato dal presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, adottato su proposta del premier, Giorgia Meloni (leader - per restare in tema - di Fratelli d’Italia), poi pubblicato in Gazzetta Ufficiale il 7 maggio 2025. Una scelta filologicamente ineccepibile quella del Quirinale, dato che nel testo primigenio del Mameli (1827-1849) di questa entusiastica ma superflua esclamazione non c’è traccia. Fu il compositore Novaro (1818-1885) - genovese come il suo socio - ad aggiungerla per concludere il brano (adottato ufficialmente dal nostro Paese come inno nazionale solo nel 2017) «in un grido supremo, il quale è un giuramento e un grido di guerra».
Si torna quindi all’originale, fedeli al manoscritto autografo del paroliere, che morì durante l’assedio di Roma per una ferita alla gamba. Lo certifica il documento oggi conservato al Museo del Risorgimento di Torino.
La svolta riguarderà soprattutto le cerimonie militari ufficiali. Lo Stato Maggiore della Difesa, in un documento datato 2 dicembre, ha infatti inviato l’ordine a tutte le forze armate: durante gli eventi istituzionali e le manifestazioni militari nelle quali verrà eseguito l’inno nella versione cantata - che parte con un «Allegro marziale» -, il grido in questione dovrà essere omesso. E viene raccomandata «la scrupolosa osservanza» a tutti i livelli, fino al più piccolo presidio territoriale, dalla Guardia di Finanza all’Esercito. Ovviamente nessuno farà una piega se allo stadio i tifosi o i calciatori della nazionale azzurra (discorso che vale per tutti gli sport) faranno uno strappo alla regola, anche se la strada ormai è tracciata.
Per confermare la bontà della decisione del Colle basta ricordare le indicazioni che il Maestro Riccardo Muti diede ai 3.000 coristi (professionisti e amatori, dai 4 agli 87 anni) radunati a Ravenna lo scorso giugno per l’evento dal titolo agostiniano «Cantare amantis est» (Cantare è proprio di chi ama). Proprio in quell’occasione, come avevamo raccontato su queste pagine, il grande direttore d’orchestra - che da decenni cerca di spazzare via dall’opera italiana le aggiunte postume, gli abbellimenti non richiesti e gli acuti non scritti dagli autori, ripulendo le partiture dalle «bieche prassi erroneamente chiamate tradizioni» - ordinò a un coro neonato ma allo stesso tempo immenso: «Il “sì” finale non si canta, nel manoscritto non c’è».
I dati ribaltano la storia della catastrofe annunciata: l’economia americana accelera e Scott Bessentpreme sulla Fed perché tagli i tassi e riveda al ribasso il tetto all’inflazione.
Le statistiche, si sa, hanno un difetto imperdonabile: arrivano sempre dopo le profezie. E spesso le smentiscono. Così, mentre le cassandre della globalizzazione annunciavano sconquassi, recessioni a catena e un’economia Usa piegata dai dazi di Donald Trump, i numeri hanno fatto quello che sanno fare meglio: raccontare un’altra storia. Meno apocalittica, molto più prosaica. E decisamente più imbarazzante per chi aveva già pronto il necrologio dell’economia Usa.
Partiamo da Washington, dove il Pil non solo non rallenta, ma accelera. Nel terzo trimestre dell’anno, da luglio a settembre, l’economia americana è cresciuta del 4,3%. Non un decimale in più o in meno: un punto pieno sopra le attese, ferme a un modesto 3,3%. Un dato arrivato in ritardo, complice lo stop federale che ha paralizzato le attività pubbliche, ma che ha avuto l’effetto di una doccia fredda per gli analisti più pessimisti. Altro che frenata da dazi: rispetto al secondo trimestre, l’incremento è stato dell’1,1%. Altro che economia sotto anestesia. Una successo che spinge Scott Bessent, segretario del Tesoro, a fare pressioni sulla Fed perché tagli i tassi e riveda al ribasso dal 2% all’1,5% il tetto all’inflazione. Il motore della crescita? I consumi, tanto per cambiare. Gli americani hanno continuato a spendere come se i dazi fossero un concetto astratto da talk show. Nel terzo trimestre i consumi sono saliti del 3,5%, dopo il più 2,5% dei mesi precedenti. A spingere il Pil hanno contribuito anche le esportazioni e la spesa pubblica, in un mix poco ideologico e molto concreto. La morale è semplice: mentre la politica discute, l’economia va avanti. E spesso prende un’altra direzione.
E l’Europa? Doveva essere la prima vittima collaterale della guerra commerciale. Anche qui, però, i numeri si ostinano a non obbedire alle narrazioni. L’Italia, per esempio, a novembre ha visto rafforzarsi il saldo commerciale con i Paesi extra Ue, arrivato a più 6,9 miliardi di euro, contro i 5,3 miliardi dello stesso mese del 2024. Quanto agli Stati Uniti, l’export italiano registra sì un calo, ma limitato: meno 3%. Una flessione che somiglia più a un raffreddore stagionale che a una polmonite da dazi. Non esattamente lo scenario da catastrofe annunciata.
Anche la Bce, che per statuto non indulge in entusiasmi, ha dovuto prendere atto della resilienza dell’economia europea. Le nuove proiezioni parlano di una crescita dell’eurozona all’1,4% nel 2025, in rialzo rispetto all’1,2% stimato a settembre, e dell’1,2% nel 2026, contro l’1,0 precedente. Non è un boom, certo, ma nemmeno il deserto postbellico evocato dai più allarmisti. Soprattutto, è un segnale: l’Europa cresce nonostante tutto, e nonostante tutti. E poi c’è la Cina, che osserva il dibattito globale con il sorriso di chi incassa. Nei primi undici mesi del 2025 Pechino ha messo a segno un surplus commerciale record di oltre 1.000 miliardi di dollari, con esportazioni superiori ai 3.400 miliardi. Altro che isolamento: la fabbrica del mondo continua a macinare numeri, mentre l’Occidente discute se i dazi siano il male assoluto o solo un peccato veniale.
Alla fine, la lezione è sempre la stessa. I dazi fanno rumore, le previsioni pure. Ma l’economia parla a bassa voce e con i numeri. E spesso, come in questo caso, si diverte a smentire chi aveva già scritto il copione del disastro. Le cassandre restano senza applausi. Le statistiche, ancora una volta, si prendono la scena.
Accordo da oltre 70 milioni di euro per la realizzazione del progetto ferroviario «Dream of the Desert». Il modello pubblico-privato valorizza la filiera industriale del Paese e punta all’avvio operativo nel 2026.
Arsenale e Simest (Cdp) hanno chiuso un accordo per finanziare «Dream of the Desert», progetto che porta il gruppo industriale italiano nel settore dei viaggi di lusso in Arabia Saudita. Inoltre, la struttura supera i 70 milioni di euro: 37 milioni di investimento equity congiunto Arsenale-Simest e 35 milioni di finanziamento del Tourism Development Fund saudita. L’accordo si innesta sull’intesa già siglata con Saudi Arabia Railways per l’utilizzo della rete ferroviaria nazionale.
Il contributo di Simest è pari a 15 milioni e passa dalla Sezione Infrastrutture del Fondo 394/81, plafond in convenzione con il ministero degli Affari esteri e della cooperazione internazionale, dedicato alle imprese italiane impegnate in grandi commesse estere che valorizzano la filiera nazionale. In termini di struttura, il capitale sociale congiunto copre la componente di rischio industriale, mentre la componente del fondo saudita sostiene la rampa di avvio del progetto, riducendo il fabbisogno di capitale a carico dei partner italiani e rafforzando la bancabilità dell’iniziativa nel Paese ospitante, presentata come modello pubblico-privato nel segmento ferroviario di lusso.
L’intesa è inserita nella collaborazione Italia-Arabia Saudita, richiamando l’apertura della sede Simest a Riyadh e il Memorandum of Understanding tra Cdp, Simest e Jiacc. «Dream of the Desert» è indicato come progetto apripista di un modello pubblico-privato nel trasporto ferroviario di lusso.
«Dream of the Desert è un progetto simbolo per il nostro gruppo e per l’industria ferroviaria internazionale. Valorizza le Pmi italiane e costituisce un caso apripista di partnership pubblico-privata nel settore ferroviario di lusso. L’accordo siglato con Simest e le istituzioni saudite conferma come la collaborazione tra imprese e istituzioni possa creare valore duraturo e promuovere le eccellenze italiane nel mondo», commenta Paolo Barletta, amministratore delegato di Arsenale.
Regina Corradini D’Arienzo, amministratore delegato di Simest, aggiunge: «L’intesa sottoscritta con un primario attore industriale come Arsenale per la realizzazione di un progetto strategico per il Made in Italy, conferma il rafforzamento del ruolo di Simest a sostegno del tessuto produttivo italiano e delle sue filiere. Attraverso la prima operazione realizzata nell’ambito del Plafond di equity del fondo pubblico di Investimenti infrastrutturali», continua la numero uno del gruppo, «Simest interviene direttamente come socio per accrescere la competitività delle nostre imprese impegnate in progetti infrastrutturali ad alto valore aggiunto, favorendo al contempo l’espansione del Made in Italy in mercati strategici ad elevato potenziale di crescita, come quello saudita. Lo strumento, sviluppato da Simest sotto la regia del ministero degli Affari esteri e della cooperazione internazionale e in collaborazione con Cassa depositi e prestiti, si inserisce pienamente nell’azione del Sistema Italia, che, sotto la regia della Farnesina, vede il coinvolgimento di Cdp, Simest, Ice e Sace. Un approccio integrato volto a garantire alle imprese italiane un supporto strutturato e complementare, dall’azione istituzionale a quella finanziaria, per affrontare con efficacia le principali sfide della competitività internazionale».
Sul piano industriale, Arsenale dichiara un treno interamente progettato, prodotto e allestito in Italia: gli hub Cpl (Brindisi) e Standgreen (Bergamo) operano con Cantieri ferroviari italiani (Cfi) come general contractor, coordinando una rete di Pmi (design, meccanica avanzata, ingegneria, lusso e hospitality). Per il committente estero, questa configurazione «turnkey (chiavi in mano, ndr.)» concentra in un unico soggetto il coordinamento di produzione, integrazione e allestimento; per l’ecosistema italiano, sposta volumi e valore aggiunto lungo la catena domestica, fino alla finitura degli interni ad alto contenuto di design.
Il prodotto sarà un treno di ultra lusso con itinerari da uno a due notti: partenza da Riyadh e collegamenti verso destinazioni iconiche del Regno, tra cui Alula (sito Unesco) e Hail, fino al confine con la Giordania. Gli interni sono firmati dall’architetto e interior designer Aline Asmar d’Amman, fondatore dello studio Culture in Architecture. La prima carrozza è stata consegnata a settembre 2025; l’avvio operativo è previsto per fine 2026, con prenotazioni aperte da novembre 2025.
Un flash mob pro Ucraina all’università Federico II di Napoli finisce tra urla e spintoni. Tutto previsto dal leader Hallissey, che poi denuncia violenze e censure. Una brutta pagina dopo lo scandalo tessere.
Matteo Hallissey, fino all’altro ieri, aveva la fortuna di essere un perfetto sconosciuto. Presidente dei Radicali italiani e +Europa, 22 anni, da qualche ora è diventato finalmente famoso: merito di un’azione che possiamo tranquillamente definire di purissima provocazione, messa in atto (o meglio in scena, perché di sceneggiata si tratta) a Napoli, nelle aule del dipartimento di filosofia dell’università Federico II. Qui si è svolta una delle tappe della serie di incontri dal titolo «Russofilia, Russofobia, Verità», con la partecipazione dello storico Angelo D’Orsi e dell’ex parlamentare Alessandro Di Battista, organizzata dalla sede partenopea dell’Anpi. Al termine dell’incontro, scatta la provocazione: alcuni giovani presenti, che indossano una maglietta con i colori dell’Ucraina, inscenano un flash mob, ovvero una manifestazione di poche persone. Un video racconta la sceneggiata: Hallissey inizia a urlare contro D’Orsi, chiedendogli «che ci faceva in Russia, che ci faceva con la propaganda del Cremilno!». È il caos: alcuni dei presenti cadono nella trappola e spintonano Hallisey, che non aspettava altro, invitandolo ad allontanarsi (si sente un perentorio «vattenn!», ovvero vattene). Nulla di più di un paio di spinte, come chiunque può facilmente verificare dal video pubblicato tra l’altro dallo stesso Hallissey, che alterna le immagini con i suoi commenti all’accaduto, gesticolando come ormai usano fare tanti esponenti politici.
Il video è accompagnato da un post: «Abbiamo messo in atto», scrive l’ex perfetto sconosciuto Hallisey, «un flash mob pacifico pro Ucraina all’interno di un convegno filorusso organizzato dall’Anpi all’università Federico II di Napoli. Dopo aver atteso il termine dell’evento con Alessandro Di Battista e il professor D’Orsi e al momento delle domande, decine di studenti e attivisti pro Ucraina di +Europa, Ora!, Radicali, Liberi Oltre, Azione e della comunità ucraina hanno mostrato maglie e bandiere ucraine. È vergognoso che non ci sia stata data la possibilità di fare domande e che l’attivista che stava interloquendo con i relatori sia stato aggredito e spinto da un rappresentante dell’Anpi fino a rompere il microfono. Anch’io sono stato aggredito violentemente», aggiunge il giovane radicale, «mentre provavo a fare una domanda a D’Orsi sulla sua partecipazione alla sfilata di gala di Russia Today a Mosca due mesi fa. Chi rivendica la storia antifascista e partigiana non può non condannare queste azioni di fronte a una manifestazione pacifica».
Rivedendo più volte il video al Var, di aggressioni non ne abbiamo viste, a parte come detto qualche spinta, ma va detto pure che quando Hallissey scrive «mentre provavo a fare una domanda a D’Orsi», omette di precisare che quella domanda è stata posta al professore, ma in maniera tutt’altro che pacata: le urla del buon Matteo sono scolpite nel video da lui stesso, ripetiamo, pubblicato. Per quel che riguarda la rottura del microfono, le immagini, viste e riviste non chiariscono se il fallo c’è o no: si vede un giovane attivista che contende un microfono a D’Orsi, ma i frame non permettono di accertare se alla fine si sia rotto o sia rimasto intero.
Quello che è certo è che ieri sono piovuti nelle redazioni i soliti comunicati di solidarietà, non solo da parte di Azione, degli stessi Radicali e di Benedetto Della Vedova, ma anche del capogruppo alla Camera di Fratelli d’Italia Galeazzo Bignami, che su X ha vergato un severo post: «Solidarietà a Matteo Hallissey, presidente dei Radicali italiani», ha scritto Bignami, «aggredito a un evento Anpi per aver provato a porre domande in un flash mob pacifico. Da chi ogni giorno impartisce lezioni di democrazia ma reagisce con violenza, non accettiamo lezioni». Non si comprende, come abbiamo detto, dove sia la violenza, perché per una volta bisogna pur mettere da parte il politically correct e l’ipocrisia dilagante e dire le cose come stanno: dal video emerge in maniera cristallina la natura provocatoria del flash mob pro Ucraina, e da quelle urla e da quegli atteggiamenti, per noi che abbiamo purtroppo l’abitudine a pensar male, anche se si fa peccato, fa capolino pure che magari l’obiettivo era proprio quello di scatenare una reazione violenta da parte dei partecipanti al convegno.
Non lo sapremo mai: quello che sappiamo è che i Radicali, sigla che nella politica italiana ha avuto un ruolo di primissimo piano per tante battaglie condotte in primis dal compianto Marco Pannella, sono ormai ridotti a praticare forme di puro macchiettismo politico, pur di ottenere un po’ di visibilità: ricorderete lo show di Riccardo Magi, deputato di +Europa, che vaga nell’aula di Montecitorio vestito da fantasma. A proposito di Magi: il congresso che lo scorso febbraio ha rieletto segretario di +Europa il deputato fantasma è stato caratterizzato da innumerevoli polemiche e altrettante ombre. Poche ore prima della chiusura del tesseramento, il 31 dicembre, dalla provincia di Napoli, in particolare da Giugliano e Afragola, arrivano la bellezza di 1.900 nuovi iscritti, praticamente un terzo dell’intera platea di tesserati, iscritti che poi si traducono in delegati che eleggono i vertici del partito. Una conversione di massa alla causa radicale degli abitanti di questi due popolosi comuni del Napoletano in sostanza stravolge gli equilibri congressuali. Tra accuse e controaccuse, un giovanissimo militante, alla fine dello stesso congresso, sconfigge nella corsa alla presidenza di +Europa uno storico esponente del partito come Benedetto Della Vedova. Si tratta proprio di Matteo Hallissey.