2025-12-03
Trump e Sanae votano remigrazione
Donald Trump e Sanae Takaichi (Ansa)
Il leader Usa apre all’espulsione di chi non si integra. E la premier giapponese preferisce una nazione vecchia a una invasa. L’Inps conferma: non ci pagheranno loro le pensioni.A voler far caso a certi messaggi ed ai loro ritorni, all’allineamento degli agenti di validazione che li emanano e ai media che li ripetono, sembrerebbe quasi esista una sorta di coordinamento, un’«agenda» nella quale sono scritte le cadenze delle ripetizioni in modo tale che il pubblico non solo non dimentichi ma si consolidi nella propria convinzione che certi principi non sono discutibili e che ciò che è fuori dal menù non si può proprio ordinare. Uno dei messaggi più classici, che viene emanato sia in occasione di eventi che ne evocano la ripetizione, sia più in generale in maniera ciclica come certe prediche dei parroci di una volta, consiste nella conferma dell’idea di immigrazione come necessaria, utile ed inevitabile. Gli argomenti sono vari e vanno dalla necessità degli immigrati per far fronte al calo demografico - senza però dire che questa sia una «sostituzione etnica» perché è un’espressione proibita - all’apporto fondamentale degli immigrati per sostenere sia il sistema produttivo che quello dei consumi - e qui Marx avrebbe un po' di cose da dire - sia ricordando che l’apporto degli immigrati è fondamentale per la sostenibilità del sistema previdenziale - malgrado i dati Inps mostrino come i contributi degli immigrati ammontino a circa 28 miliardi quando il costo del welfare in Italia sta sui 500 miliardi - sia ricorrendo ad argomenti più simbolici secondo i quali importando persone dotate di una effettiva cultura patriarcale si smantellerebbe il patriarcato degli europei che non c’è più da settant'anni. Questa volta però è successo qualcosa di diverso, qualcosa che capita raramente e che quando capita lo si percepisce nell’aria, come nei giorni di festa: in occasione del messaggio di auguri per il giorno del Ringraziamento, il presidente degli Stati Uniti d’America ha affrontato il tema dell’immigrazionismo esponendo alcuni dati di fatto che ancora oggi, in posti liberali e democratici come la Gran Bretagna o la Germania, porterebbero all’incriminazione se esposti attraverso meme. Trump ha affermato che importare povertà non crea ricchezza e che spostare persone non in grado di integrarsi non crea integrazione. In occasione della vicenda che ha visto un rifugiato afghano uccidere un funzionario dell’Ice e ferirne gravemente un altro, Trump ha dichiarato: «La popolazione straniera ufficiale degli Stati Uniti ammonta a 53 milioni di persone, la maggior parte delle quali vive di assistenza sociale. Un migrante che guadagna 30.000 dollari riceverà circa 50.000 dollari di sussidi annuali per la sua famiglia». Qui si tocca il tema ormai all’ordine del giorno in tutti i sistemi sociali occidentali della sostanziale insostenibilità dell’immigrazionismo per come è stato concepito nei disegni globalisti: se è vero che un immigrato che arriva regolarmente, paga le tasse e poi se ne torna nel suo Paese, lascia un «contributo» ad un sistema sociale di cui poi non usufruirà, questo non è affatto vero per chi si stabilisce qui definitivamente e, soprattutto, per chi usufruisce di ricongiungimento parentale di persone anziane e non produttive. Trump ha poi aggiunto: «Sospenderò definitivamente l’immigrazione da tutti i Paesi del Terzo Mondo per consentire al sistema statunitense di riprendersi completamente, porrò fine a tutti i milioni di ammissioni illegali di Biden e rimuoverò chiunque non sia un patrimonio per gli Stati Uniti o sia incapace di amare il nostro Paese. Denaturalizzerò i migranti che minano la tranquillità interna ed espellerò qualsiasi cittadino straniero che rappresenti un peso pubblico, un rischio per la sicurezza o non sia compatibile con la civiltà occidentale. Questi obiettivi saranno perseguiti con l’obiettivo di ottenere una significativa riduzione delle popolazioni illegali attraverso la reverse migration». Ecco dunque descritto dal Presidente degli Stati Uniti il concetto di «remigrazione» basato su «denaturalizzazione» - una misura prevista negli Usa dal 1906 - ed inversione dei flussi di spostamento delle persone per come il globalismo li ha teorizzati da sempre nella loro accezione necessaria. A questa dichiarazione storica si è aggiunta, proprio ieri, quella del primo ministro giapponese, Sanae Takaichi la quale, in maniera molto giapponese, molto incidentale, molto consequenziale, ha dichiarato come sia «preferibile lasciare che la popolazione giapponese diminuisca piuttosto che aprire le frontiere e affidarsi a manodopera straniera poco qualificata». In circostanze diverse e con uno stile diverso, si riafferma lo stesso concetto sostenuto da Trump e basato sulla semplice constatazione della realtà dei fatti: il costo dell’immigrazione globalista è molto alto e non può essere presentato come inevitabile e necessario. Ora, astraiamoci per un momento dagli argomenti esposti e concentriamoci su quello che è forse l’aspetto più storico di queste due dichiarazioni: un altro mondo è possibile, un’altra visione delle cose è legittima, tutto ciò che avviene nella Storia non è preordinato e necessario sulla base di presupposti deterministici ma può essere messo in discussione sulla base di valori e idee diversi da quelli che hanno fallito. In pratica si sta dicendo: «Yes we can».
Adolfo Urso (Imagoeconomica)
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