2025-12-03
Gianandrea Gaiani: «I leader Ue tifano guerra per farla franca»
Ursula Von Der Leyen e Kaja Kallas (Ansa)
L’esperto: «Tengono in vita il conflitto per salvare la poltrona. L’alternativa è tra una vittoria di Putin oggi o l’esplosione dell’Ucraina (e anche dell’Europa) domani. Senza più industria e con il caro energia, il riarmo voluto da Bruxelles è un piano da Sturmtruppen...».«Siamo disposti a prendere atto che la Russia ha vinto, il che però ci consente di assicurare all’Ucraina la sovranità nazionale, o vogliamo portare Vladimir Putin al trionfo con la concreta opportunità che l’Ucraina esploda? Siamo lungimiranti da capire che se ci si ferma qui, concedendo alla Russia ciò si è già presa – a torto o a ragione non è questione – l’Europa si salva o vogliamo condurre l’Ue al rischio di dissoluzione?» Gli interrogativi che pone Gianandrea Gaiani sono urticanti per chi si concede al luogo comune, ma sono la presa d’atto della realtà. «Ho imparato facendo il corrispondente di guerra», sottolinea il direttore del web-magazine Analisi Difesa che per un quarto di secolo si è mosso su tutti i fronti caldi, « che puoi nascondere la realtà dei fatti per un po’ ma non per sempre. Alla fine la realtà vince. La Russia ha vinto sul campo e l’approdo di questa crisi potrebbe essere una nuova Yalta. Trump vuole allentare l’abbraccio troppo stretto della Russia con la Cina, frutto delle politiche di Obama e Biden, per contenere le aspirazioni di potenza globale di Pechino. Una nuova Yalta significherà che America e Russia si ridivideranno le aree di influenza. L’Europa deve prenderne atto o il suo destino verrà compromesso. Il mio libro L’ultima guerra contro l’Europa. Come e perché fra Russia, Ucraina e Nato le vittime designate siamo noi (edizioni Il Cerchio, 19 euro ndr), pubblicato all’inizio del 2023, si conclude con questa frase: “Sosteniamo senza dubbi o riflessioni una guerra che ci vede già tra gli sconfitti senza avere combattuto”. Se la guerra continua l’Europa sarà marginalizzata e impoverita, ma se cessa i vertici della Ue e di molte nazioni europee sanno benissimo che ne usciranno sconfitti. Questo non vuol dire non dotare gli europei di maggiori capacità di difesa, ma va fatto non nell’emergenza e non con massicci piani di riarmo in condizioni economiche ed energetiche così negative». Se dal ’22 è evidente che abbiamo perso, la spinta al riarmo non alcun senso?«Questa spinta viene giustificata annunciando una minaccia russa inesistente. Nessun rapporto militare ha evidenziato un rischio di invasione russa dell’Europa. La Russia impiega oltre 750.000 soldati (100.000 sono dell’Ucraina dell’Est), in questo conflitto. Quanti dovrebbe averne per invaderci, cinque milioni? Un Paese vasto 11 fusi orari non ha bisogno di occupare nazioni che dovrebbe poi presidiare. La guerra in Ucraina ha dimostrato che abbiamo poche armi e munizioni e non siamo in grado di produrne tante in tempi ristretti. Senza materie prime e con i costi energetici più alti di tutte le altre aree industrializzate, la corsa al riarmo ha solo una funzione politica, è un alibi per Ursula von der Leyen, Kaja Kallas, Friedrich Merz. Emmanuel Macron, Kei Starmer… Il Kiel Institute ha certificato che un carro armato tedesco Leopard 2A8 costa 29 milioni di euro, il doppio di un Abrams (e gli americani ne hanno 2.000 in magazzino che possono vendere), contro i 4 milioni di un T-90 russo. Come fa un’Europa che non produce più acciaio, con l’industria chimica in fuga (come ha ammonito il Financial Times) con costi degli armamenti cresciuti da 3 a 7 volte in tre anni a pensare a un riarmo, per giunta a debito? Meglio puntare alla pace, ripristinare condizioni energetiche ed economiche favorevoli e poi potenziare gli apparati militari che ne hanno davvero bisogno».Siamo a Bologna, il suo è uno scenario che neppure Bonvi con le sue Sturmtruppen avrebbe osato disegnare.«Se esiste un clima da Sturmtruppen in Europa è grazie alla fallimentare Commissione Von der Leyen. La prima Commissione è stata un disastro per l’economia col Green deal, la seconda è un fallimento totale sul piano strategico e diplomatico. Insieme a tanti governi nazionali ci ha portato al disastro energetico, finanziario e militare. Nessun Paese europeo è pronto alla guerra. Nazioni molto bellicose a parole, come gli Stati baltici, hanno capacità militari irrisorie. Ma anche le potenze europee hanno ampi limiti, inclusa la Francia, potenza nucleare ma il cui esercito, secondo un rapporto presentato al Senato nel 2022, potrebbe combattere solo poche settimane una guerra come quella in Ucraina prima di finire le munizioni, come del resto la gran parte degli altri eserciti europei. E le ampie forniture all’Ucraina hanno contribuito a svuotare i magazzini dell’Europa». L’idea di abolire il voto all’unanimità non segna un grave deficit democratico?«L’Europa ha già un forte deficit di democrazia nella sua struttura. Se si toglie anche il voto all’unanimità si compromette l’idea stessa di Europa. Se si accetta l’idea che le elezioni in Romania vengano annullate se il risultato è sgradito, che in Moldavia, che faceva parte dell’Urss, mettano fuori legge i partiti “filo russi”, e che un commissario Ue come Thierry Breton ammonisca i tedeschi a votare in modo gradito a Bruxelles, è normale che si avverta un deficit democratico e di credibilità. L’Ucraina è accusata dalla magistratura tedesca di aver fatto esplodere i gasdotti Nord Stream, di fatto il più grave attacco strategico alla Germania e all’Europa dal 1945, ma Berlino e la Ue continuano a sostenerla. C’è una corruzione dilagante in Ucraina - cosa stranota fin dalla sua indipendenza - al punto che Andriy Yermak, il primo negoziatore e più stretto collaboratore di Volodymyr Zelensky, si è dovuto dimettere ma Von der Leyen rinnova il sostegno al presidente ucraina. Per farlo vuole confiscare i fondi russi congelati, iniziativa illegale respinta dalla Bce e prima ancora dal Belgio, che allontanerebbe tutti gli investitori dall’Europa. La Commissione Ue non ha messo in campo in oltre tre anni una sola iniziativa diplomatica per interrompere il conflitto ma ostracizza Viktor Orbán, unico a provarci e che in questi giorni è andato a parlare con Vladimir Putin.E il risultato qual è? L’Europa è in condizione di totale sudditanza nei confronti degli Usa. Inoltre sta minando i suoi principi basati sui diritti e la condanna di ogni forma di discriminazione, che non valgono quando si tratta di mettere al bando artisti o atleti russi. Ho come l’impressione che i leader europei cerchino di arrampicarsi sugli specchi sperando che non finisca il conflitto ucraino per evitare di cadere loro medesimi». Sergio Mattarella non andrà alla prima della Scala perché, si dice, è in programmazione un’opera russa…«Se ben ricordo il presidente Mattarella nel 2017 ringraziò Vladimir Putin per non aver scatenato la guerra dopo la repressione ucraina nel Donbass: per aver rinunciato a intervenire con le armi già nel 2014 Putin venne fortemente criticato in Russia. L’invasione russa dell’Ucraina del 2022 ha cambiato ogni parametro, ma occorre comprendere che Putin in Russia è il leader più moderato con cui possiamo avere a che fare. E oggi è indispensabile per Donald Trump che ha bisogno di lui perché deve negoziare con Iran, Corea del Nord e Cina, oggi stretti alleati di Mosca. Quando Trump ha deciso che quella dell’Afghanistan non era la sua guerra se ne è andato, e ora che deve rimediare agli errori di Barack Obama e Joe Biden dichiara che anche quella in Ucraina non è la sua guerra, si smarca dal conflitto e lascia l’Europa col cerino in mano». Quindi è una faccenda tutta americana e noi siamo ciò che Emmanuel Macron temeva: i vassalli di Washington?«Della corruzione in Ucraina ha cominciato a occuparsene l’Fbi, il che significa che siamo alla stretta finale: Trump punta a usare il tema della corruzione per imporre la pace a Zelensky. Circa il vassallaggio, Trump sostiene che la Nato deve comprare armi americane per fornirle a Kiev, cioè percepisce la Nato come una organizzazione estranea agli Stati Uniti, che sono il “maggiore azionista” dell’Alleanza Atlantica. Trump ha imposto all’Europa 750 miliardi di acquisti di gas americano, che costa sei volte quello russo, di spendere il 5% del Pil per la Difesa (ovviamente comprando soprattutto armi americane) e di investire 600 miliardi nell’industria americana. E noi abbiamo accettato tutto: forse il termine “vassalli” usato da Macron è riduttivo».Eppure con gli accordi Minsk l’Europa aveva un suo protagonismo…«Merkel e Hollande, avallati poi dall’allora segretario generale della Nato Stoltenberg, hanno dichiarato che i negoziati servivano a prendere tempo per consentire all’Ucraina di prepararsi alla guerra contro la Russia. Anche da qui nasce l’assoluta irrilevanza dell’Europa».Aveva ragione Silvio Berlusconi con la strategia di Pratica di Mare? «Se avessimo agganciato stabilmente Vladimir Putin all’Europa oggi parleremmo d’altro. Berlusconi con Pratica di Mare e poi con gli accordi con Putin e Gheddafi ci aveva dato prestigio e indipendenza energetica».Della posizione dell’Italia che pensa?«La postura dell’Italia è stata determinata dal governo Draghi con cui abbiamo rinunciato al tradizionale ruolo di “ponte” tra Occidente e Russia: abbiamo rinunciato ad avere un peso diplomatico per ricoprire un ruolo militare non rilevante al fianco di Kiev. L’Italia avrebbe potuto essere il grande negoziatore di questa crisi invece abbiamo lasciato questo ruolo alla Turchia e, oggi, a Trump. Il governo Meloni, pur sostenendo l’Ucraina, non è disposto a inviarvi truppe italiane e cerca di assecondare il piano di Trump, consapevole che è l’unico a poter portare alla fine della guerra. Il vicepremier Tajani ha sempre sostenuto che non siamo in guerra con la Russia e l’altro vicepremier, Matteo Salvini, ha sempre detto basta armi e negoziamo. Rispetto ad altre nazioni europee il governo Meloni ha mostrato un maggiore equilibrio».Come giudica la leva proposta dal ministro Crosetto?«Su base volontaria penso sia utile, specie in una fase in cui tutto l’Occidente calano gli arruolamenti di professionisti, da abbinare a una riserva richiamabile in caso di necessità, oggetto di un disegno di legge già messo a punto. Ripristinare un servizio di leva, anche se su base volontaria, comporterà però alti costi per caserme e infrastrutture. La Francia, solo come spesa iniziale, ha stanziato 2 miliardi di euro per la leva volontaria».
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