2025-12-03
Per difenderci dallo zar lo stiamo imitando
Giuseppe Cavo Dragone (Ansa)
La paura sta spingendo l’Occidente ad adottare i metodi degli autocrati. Diventando insofferente a principi, come libertà e democrazia, in nome dei quali afferma di lottare.Quando si fanno i conti con un nemico esistenziale, si corre sempre un rischio: diventare come lui, pur di non lasciarlo vincere. L’ammiraglio Giuseppe Cavo Dragone, nell’intervista dell’altro ieri al Financial Times, in cui ha lanciato l’idea di un cyberattacco preventivo della Nato contro la Russia, ha svelato da dove nasce uno slancio che pare rinnegare la natura giuridica dell’Alleanza atlantica. Incursioni di droni, malware, campagne di disinformazione orchestrate dal Cremlino.Sì. Ma innanzitutto, la consapevolezza che, rispetto ai nostri avversari, noi occidentali abbiamo «molti più vincoli», «a causa di etica, leggi e giurisdizione». È una preoccupazione emersa pure venerdì scorso, quando Roberto Cingolani ha presentato Michelangelo dome, la «cupola» che schermerà i nostri cieli: «Noi abbiamo ancora dei vincoli etici che vogliamo rispettare», ha detto il manager di Leonardo. Gli antagonisti, invece, «se ne fregano». Se non ci dotiamo di tecnologie adeguate, «ci sterminano».Il disagio di Cavo Dragone e di Cingolani è fondato. Anche durante la guerra fredda si ebbero percezioni analoghe. I rigurgiti autoritari abbondavano dentro le democrazie liberali; gli Stati Uniti furono contagiati dalla psicosi maccartista. È il timore di non sapersi proteggere che spinge i «buoni» ad adottare i metodi dei «cattivi». Così, affiora un paradosso: ci scopriamo insofferenti verso i principi in nome dei quali sosteniamo di lottare. Il diritto internazionale violato da Vladimir Putin, la democrazia, la prosperità economica, l’autentica libertà dei mercati, insidiate dalle strategie di Pechino. Ma allora, o questi valori vanno accantonati, poiché ci faranno «sterminare», per usare la formula di Cingolani; oppure dobbiamo ammettere che sono meno universali di quanto credessimo e che, per senso della realtà, dobbiamo modularne l’applicazione. Nonché venire a patti con chi non li applica affatto. Se però il sottinteso è che la normalità costituzionale debba essere sospesa affinché non venga distrutta, allora s’impone una riflessione più profonda. Si tratta di riconoscere che l’architettura politica da noi faticosamente costruita si sta sbriciolando dinanzi a una rivelazione: la scoperta che era una fictio quella convinzione per cui la sovranità e l’ordine non dipendessero da una volontà pre-morale, ma fossero il risultato di procedure giuste.Stiamo attraversando una crisi d’identità. O proclamiamo dei principi che desideriamo infrangere, forse perché non abbiamo intenzione di ridimensionarne la portata; o pensiamo davvero che l’unico modo per salvarli sia congelarli. Il che significa svalutarli, dimostrare che la loro vitalità è opera di pura potenza, la quale decreta l’emergenza (sopprimendo la norma che non sa più custodire la normalità) e la supera (ripristinando l’ordine). In questo modo, il centro del sistema si sposta: dal diritto e dall’etica che ci fanno sentire superiori allo zar, a un atto di forza. Che poi ne scaturisca la liberaldemocrazia o la tirannide è un mero accidente. Il sospetto è che nessuno voglia davvero ragionarci su. Abbiamo lasciato e lasceremo che le cose accadano. Durante la pandemia, abbiamo sospeso la Costituzione: se n’è più discusso? Fiutata l’aria di guerra, invochiamo il ridimensionamento del welfare in favore del riarmo (il primo a parlarne è stato Mark Rutte, capo della solita Nato); deploriamo limiti ai quali teniamo, ma che complicano la nostra difesa; creiamo agenzie di controllo delle opinioni, spacciate per organismi di «resilienza democratica». Arriveremo a somigliare un po’ a Putin - o a Xi Jinping, la cui tecno-autocrazia esercita ormai un fascino globale - senza nemmeno accorgercene. È l’antico monito di Friedrich Nietzsche: «Chi lotta con i mostri deve guardarsi dal diventare, così facendo, egli stesso un mostro. E se tu scruti a lungo in un abisso, anche l’abisso scruterà dentro di te».
Federica Mogherini (Ansa)
Beppe Sala, Matteo Lepore e Stefano Lo Russo (Ansa)
Putin e Witkoff durante i colloqui a Mosca (Ansa)
Federica Mogherini e Stefano Sannino (Ansa)