2020-09-04
I giallorossi praticano la strategia della menzogna
Rimpallo tra Miur e Mef sulla sorte dei fondi stanziati a maggio. Bloccarli costerà allo Stato 2,4 miliardi in più.Si dice che il lupo perde il pelo ma non il vizio. Le attuali forze di maggioranza hanno deciso di non smentire il proverbio, di mantenere fede alle proprie abitudini, continuando a praticare la strategia della menzogna o, quantomeno, del dire e promettere e poi non fare. È accaduto così in campagna elettorale, durante la quale abbiamo tutti ascoltato promesse, con toni categorici, quasi solenni, da parte di Nicola Zingaretti e di Luigi Di Maio, della serie «mai al governo con M5s o Pd», e altrettanto sta accadendo ora sul tema dell'aiuto alla scuola paritaria, prima promesso a voce e poi annullato nei fatti. In concreto, il 19 maggio 2020, con la legge 34, il governo approva lo stanziamento di 300 milioni di euro per le politiche sociali di contrasto all'emergenza Covid, compreso l'aiuto alle scuole paritarie al fine della riapertura in sicurezza dell'anno scolastico, oltre che per aiutare le famiglie a rischio povertà. Il tutto, si badi bene, in coerenza con i principi cardine della nostra Repubblica, che riconosce parità di trattamento fra scuola pubblica statale e scuola pubblica paritaria, nell'ottica di un sistema scolastico «integrato», come è in ogni altro Paese d'Europa. Poi arriva il decreto Agosto e ora il decreto Semplificazione, ma di quei fondi non si ha alcuna traccia: scomparsi nel nulla. E se, come previsto, il governo metterà la fiducia, si assumerà di fatto la totale responsabilità di aver ignorato le richieste/emendamenti dell'opposizione e di aver negato un diritto a quella scuola che - dobbiamo ricordarlo - garantisce un servizio di grande qualità, a costo nettamente inferiore rispetto alla scuola statale, e del quale lo Stato non può fare a meno, pena lasciare a spasso centinaia di migliaia di studenti. Ovviamente, il diritto di libertà di scelta educativa - anch'esso sancito dalla Costituzione - per le famiglie italiane rimane una frase del mondo dei sogni. In queste ore stiamo assistendo al balletto delle responsabilità, sotto l'incalzare delle forze di opposizione che reclamano giustamente chiarezza: il ministro Lucia Azzolina dichiara che quei soldi non ci sono perché il ministro dell'Economia, Roberto Gualtieri, non li ha stanziati, e quest'ultimo afferma che i soldi ci sono ma l'Azzolina non si decide a firmare il via libera. Visti i precedenti delle dichiarazioni dei due partiti in gioco, M5s e Pd, difficile dire chi dei due ministri la racconta giusta. Certo è che nel frattempo, mentre il palleggio prosegue, centinaia di istituti scolastici paritari non potranno riaprire e tanti altri, purtroppo, seguiranno lo stesso destino. Di conseguenza, come puntualmente riportato dalla Verità del 31 agosto, in un'intervista ad Anna Monia Alfieri, lo Stato dovrà farsi carico di ben 260.000 alunni con un costo di 2,4 miliardi. Senza contare il personale dipendente che resterà senza occupazione! Oltre al danno, la beffa che ci aveva fatto credere, solo poche settimane fa, che dopo decenni, si fosse finalmente usciti dallo sterile e sciocco dibattito ideologico che descrive le scuole paritarie come facili «diplomifici» per ricchi. Salvo mele marcie, che ci sono sempre e dappertutto, queste scuole hanno preparato e preparano personale competente, attrezzato culturalmente e professionalmente, per assumere i ruoli sociali che la società loro affida. Non a caso sono numerosi i personaggi nel mondo della cultura, dell'economia, dell'arte, della scienza, della medicina, dell'educazione che provengono esattamente da quei banchi. Ora la senatrice Paola Binetti (Udc) ha presentato un'interrogazione parlamentare sul tema: chissà se saremo costretti ad assistere alla puntata 1.112 della farsa dell'ipocrisia diventata strumento di governo? Certo è che i precedenti lasciano assai poco spazio alla speranza che si cambi rotta e che, davvero, si metta al centro il servizio alle famiglie, alla scuola, all'educazione dei ragazzi, anche mettendo mano a quel semplicissimo strumento politico/amministrativo chiamato costo standard sostenibile per alunno, che consentirebbe un grande risparmio per lo Stato e la garanzia della vera libertà di scelta educativa, tanto sbandierata quanto negata. Che nostalgia dei tempi in cui si dava la parola d'onore, con l'imperativo categorico di non venire mai meno alla promessa: meglio dimettersi che tradire! Se così fosse - e speriamo che così torni a essere - un'intera classe politica dovrebbe fare le valige e tornare a casa. Comunque, per ciascun cittadino rimane il dovere della memoria storica: chi promette e non fa, chi racconta bugie, va bocciato con quello strumento democratico che abbiamo in mano e che si chiama «voto». Magari già a partire dalle prossime elezioni regionali.
Sehrii Kuznietsov (Getty Images)