2025-09-25
Spari contro l’anti immigrazione Usa. Due morti e un ferito grave a Dallas
Dallas, la Polizia sul luogo dell'attentato alla sede dell'ICE (Ansa)
Attentatore colpisce un centro Ice, l’agenzia federale che scova i clandestini, per poi suicidarsi. Sui proiettili la rivendicazione. Nei mesi scorsi i vertici dem avevano criminalizzato gli agenti: «È una moderna Gestapo».Raid dell’Idf sull’ospedale Al Shifa: «Era un centro di terroristi, abbiamo i video». Hamas: «Il riconoscimento dello Stato di Palestina è il risultato della nostra fermezza».Lo speciale contiene due articoli Nuovo, gravissimo atto di violenza Negli Stati Uniti a meno di due settimane dall'uccisione di Charlie Kirk. Ieri, un attentatore ha sparato contro un centro di detenzione dell'Immigration and Customs Enforcement (Ice) a Dallas. Secondo il Dipartimento per la sicurezza interna, il killer, appostato sul tetto di un palazzo adiacente, «ha sparato indiscriminatamente contro l’edificio dell’Ice», colpendo tre migranti in corso di trasferimento: due sono morti e uno è rimasto gravemente ferito. Gli agenti e presenti sul posto sono invece rimasti illesi, mentre, dopo la sparatoria, l’assassino si è tolto la vita.L’Fbi, che ha aperto un’indagine per «atto di violenza mirata», ha reso noto di aver rinvenuto dei proiettili vicino al corpo dell’omicida: proiettili in cui erano stati incisi dei messaggi contro l’Ice. «Le prime prove che abbiamo visto nei proiettili trovati vicino al presunto tiratore contengono messaggi di natura anti-Ice», ha dichiarato l’agente speciale, Joe Rothrock. «Mentre l’indagine è in corso, un primo esame delle prove mostra un movente ideologico dietro questo attacco. Uno dei bossoli non sparati recuperati era inciso con la scritta “anti Ice”», ha, poco dopo, aggiunto il direttore dell’Fbi, Kash Patel. Stando al Daily Mail, il nome del killer sarebbe Joshua Jahn: un ventinovenne che, secondo alcuni commentatori conservatori, avrebbe votato alle primarie democratiche del 2020. Per Nbc, l’omicida era invece registrato come elettore indipendente e aveva precedenti penali per marijuana.«Questo assassinio non rallenterà i nostri arresti, la detenzione e l’espulsione degli immigrati clandestini», ha dichiarato il governatore repubblicano del Texas, Greg Abbott. «L’attacco ossessivo alle forze dell’ordine, in particolare all’Ice, deve cessare. Prego per tutti coloro che sono stati feriti in questo attacco e per le loro famiglie», ha affermato JD Vance. «Sono passate due settimane da quando abbiamo assistito a un assassinio politico nello Utah che ha lacerato il cuore di gran parte di questo Paese», ha detto, dal canto suo, il senatore repubblicano del Texas, Ted Cruz. «Dico a tutti i politici che usano la retorica per demonizzare l’Ice e la Customs and Border Protection: fermatevi», ha aggiunto. «Questi omicidi orrendi devono servire da campanello d’allarme per l’estrema sinistra, affinché si renda conto che la sua retorica sull’Ice ha delle conseguenze», ha inoltre affermato il segretario per la Sicurezza interna Kristi Noem.Va d’altronde ricordato che, soprattutto da quando Donald Trump è tornato in carica e ha avviato una stretta sull’immigrazione irregolare, molti ambienti progressisti hanno portato avanti una vera e propria campagna di demonizzazione delle agenzie federali preposte al contrasto dei flussi migratori clandestini: una campagna a cui il Partito democratico americano non è affatto estraneo. Basti pensare che, appena lo scorso 14 settembre, la deputata dem, Jasmine Crockett, ha paragonato l’Ice alle pattuglie che, nell’800, sorvegliavano gli schiavi presenti negli Stati del Sud. Era invece maggio, quando il governatore dem del Minnesota (nonché running mate di Kamala Harris alle ultime presidenziali), Tim Walz, ha definito l’Ice come una «moderna Gestapo».Insomma, il Partito democratico ha alimentato un clima abbastanza pesante. E le conseguenze si sono viste. A luglio, una decina di estremisti di sinistra attirò degli agenti dell’Ice fuori da una struttura di Alvarado, in Texas, per poi aprire il fuoco contro di loro. «È stata un’imboscata pianificata con l’intento di uccidere gli agenti penitenziari dell’Ice», affermò, nell’occasione, la procuratrice degli Stati Uniti per il distretto settentrionale del Texas, Nancy Larson. Era invece agosto, quando un trentaseienne venne arrestato dopo essersi presentato proprio all’ingresso della struttura di Dallas, dichiarando di avere una bomba nello zaino. Sempre il mese scorso, furono anche rinvenute buste con polvere bianca in un ufficio dell’Ice a New York. In quegli stessi giorni, alcuni agenti dell’agenzia furono inoltre aggrediti da una quindicina di manifestanti facinorosi a San Francisco.È quindi abbastanza evidente come, anche volendo per un momento tralasciare la sparatoria di ieri, una parte cospicua del mondo progressista americano abbia una responsabilità enorme nell’aumento dell’astio nei confronti degli agenti dell’Ice. Il che appare tanto più paradossale, soprattutto alla luce del fatto che i dem non perdono mai occasione di accusare Trump e i repubblicani di disprezzo per le istituzioni. La delegittimazione e la demonizzazione portano soltanto caos e creano un brodo di coltura favorevole alla violenza. Sarebbe forse il caso che i progressisti d’Oltreatlantico se ne accorgessero finalmente. E magari anche quelli alle nostre latitudini.<div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/spari-contro-centro-immigrati-dallas-2674030598.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="ecco-il-piano-americano-per-gaza" data-post-id="2674030598" data-published-at="1758750277" data-use-pagination="False"> «Ecco il piano americano per Gaza» Steve Witkoff, inviato speciale di Donald Trump in Medio Oriente, ha affermato che «abbiamo presentato a diversi leader della regione il piano in 21 punti per la pace in Medio Oriente e a Gaza». Witkoff ha aggiunto: «Spero e sono persino fiducioso che potremo annunciare qualche svolta a Gaza nei prossimi giorni».Intanto, da Hamas arriva la soddisfazione per il riconoscimento dello Stato palestinese che ogni giorno arriva da diversi Paesi: «è un primo passo verso la giusta direzione», ha affermato un alto funzionario di Hamas, Osama Hamdan, in un’intervista a un’emittente libanese. «Anche se tardiva, questo è il risultato della fermezza del popolo palestinese e della sua continua lotta nel corso dei decenni e in particolare dell’operazione del 7 ottobre», ha sottolineato Hamdan. Secondo lo scrittore e saggista Niram Ferretti «si tratta di una ulteriore conferma di quanto detto da Benjamin Netanyahu e da ministri del suo governo. Il riconoscimento dello Stato palestinese, che di fatto non rappresenta altro che un flatus vocis, è tuttavia, sul piano politico e simbolico un regalo fatto a Hamas. Lo Stato palestinese che vorrebbe Hamas è uno Stato rigorista islamico fondato sulla sharia che non prevede alcuna coesistenza con lo Stato ebraico». In ogni caso è curioso il fatto che leader di Hamas del calibro di Khaled Meshal e Khalil Al Hayya non abbiano rilasciato alcuna dichiarazione nemmeno dopo che all’Onu si è discusso del riconoscimento della Palestina. Una circostanza che alimenta i dubbi sulla loro sorte dopo l’attacco israeliano a Doha. Sempre a proposito di jihadisti o ex, ieri il presidente siriano Ahmad Al Sharaa ha pronunciato il suo discorso all’Assemblea generale Onu. È la prima volta dal 1967 che un presidente siriano interviene all’Assemblea.Sempre dall’assise Onu di New York, il ministro degli Esteri tedesco Johann Wadephul ha definito «sproporzionate» le azioni di Israele a Gaza, precisando però che la soluzione dei due Stati «potrà realizzarsi soltanto attraverso negoziati diretti tra Israele e palestinesi» e non potrà essere «anticipata o imposta dall’esterno». Sul fronte diplomatico, i ministri degli Esteri del G7 hanno rivolto un appello congiunto a Israele e Hamas affinché si giunga a un cessate il fuoco. La dichiarazione, diffusa dai rappresentanti di Canada, Francia, Germania, Italia, Giappone, Regno Unito, Stati Uniti e dall’Alto Rappresentante dell’Ue ribadisce la necessità di «garantire il rilascio di tutti gli ostaggi» e sottolinea «l’urgenza di alleviare le immense sofferenze dei civili a Gaza» attraverso un’ondata di aiuti umanitari, senza menzionare però l’offensiva israeliana in corso nella Striscia. Donald Trump ha promesso ai leader arabi che non permetterà al primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu di annettere la Cisgiordania. Lo riporta Politico citando fonti informate sulla riunione che il presidente americano ha avuto martedì con i leader arabi a margine dell’assemblea dell’Onu. Trump ha anche presentato ai leader un documento che delinea il piano dell’amministrazione per mettere fine alla guerra e include la promessa sulla Cisgiordania, oltre alla governance e alla sicurezza del dopo guerra. All’Onu la Banca europea per gli investimenti e la Commissione europea hanno annunciato la firma di una linea di credito da 400 milioni di euro con la Palestine monetary authority, destinata a sostenere micro, piccole e medie imprese palestinesi. L’iniziativa, che rientra in un programma complessivo da 1,6 miliardi di euro per il triennio 2025-2027, punta a rafforzare la resilienza economica e a favorire la stabilità di un settore privato duramente colpito dal conflitto. Restano tuttavia forti i timori, sollevati da analisti e osservatori, che con Hamas al potere a Gaza e un’Anp segnata da corruzione diffusa in ogni suo ufficio, una parte significativa dei fondi possa finire nelle mani delle due fazioni, riducendo l’efficacia degli aiuti e minando la trasparenza del programma.Sul terreno, le Idf hanno condotto un attacco contro l’ospedale Al Shifa di Gaza, la principale struttura sanitaria della Striscia. L’esercito ha diffuso video girati da droni che mostrerebbero combattenti di Hamas entrare in un edificio del complesso e trasformarlo in un «centro di comando terroristico». Le Idf hanno accusato il movimento islamista di mettere «consapevolmente in pericolo» pazienti e personale medico. Dal canto suo, il ministero della Salute di Gaza ha replicato che l’ospedale «continua a funzionare nonostante le dure condizioni» e che lo staff resta «impegnato nella missione umanitaria». Intanto, la famiglia dell’ostaggio Alon Ohel ha autorizzato la pubblicazione di una foto tratta da un video diffuso da Hamas, specificando che «questi non sono gli occhi di Alon che è cieco da un occhio». Infine, mentre scriviamo, si apprende che poco prima della fine delle festività di Rosh Hashanah, diciannove persone sono rimaste ferite da schegge, di cui due in modo grave, dopo che un drone Huthi lanciato dallo Yemen ha colpito Eilat, nell’estremo Sud di Israele. Lo hanno riferito i soccorritori. I feriti sono stati trasferiti all’ospedale Yoseftal. I video dell’attacco mostrano che il drone che non è stato intercettato per motivi che andranno appurati nell’inchiesta che è stata subito disposta, ha colpito un’area commerciale nella località turistica.
Dietro l’immagine da cartolina, i Caraibi sono oggi un crocevia di droga, armi e tratta di esseri umani, dove avviene un terzo degli omicidi mondiali. Haiti è il simbolo del collasso: le gang controllano la capitale e la violenza è quotidiana. In Venezuela, divenuto snodo centrale del narcotraffico, le connivenze tra apparati statali e cartelli alimentano traffici che riforniscono Europa e Stati Uniti. Il paradiso tropicale si è trasformato in un epicentro del crimine globale. Ne parliamo con Tiziano Breda è analista senior per l'America Latina e i Caraibi presso Armed Conflict Location and Event Data Project (ACLED)