2020-01-25
Sorpresa, il marito di Liliana Segre si candidò con il Msi di Almirante
Nel 1979, Alfredo Belli Paci, coniuge oggi scomparso dell'ex deportata, si mise in lista con la fiamma tricolore. Era un conservatore allarmato dall'avanzata delle sinistre. Poi, per non ferire la moglie, lasciò la politica.La sorpresa si trova sul sito Internet del ministero dell'Interno, Dipartimento per gli affari interni e territoriali. La pagina riporta i nomi di tutti i candidati alle elezioni politiche del 3 giugno 1979. Ci sono le liste di tutti i partiti, compreso ovviamente il Movimento sociale italiano, all'epoca presieduto da Pino Romualdi, con Giorgio Almirante come segretario. Tra i candidati nella circoscrizione Milano-Pavia compare un nome noto: Alfredo Belli Paci. Non fu eletto, ma prese parecchi voti: ben 698 preferenze. Dove sta la sorpresa? Nel fatto che Alfredo Belli Paci è stato il marito di Liliana Segre. I due si sono sposati nel 1951 e sono rimasti assieme fino al 2008, anno della morte di Alfredo. È stata una unione fortissima la loro, che nemmeno le divergenze di vedute politiche sono riuscite a spezzare, anche se - come vedremo - il rapporto si incrinò per un periodo proprio a causa della candidatura missina. Alfredo era di Pesaro, con Liliana si conobbero nel 1948, sull'Adriatico. È stata lei in varie interviste a raccontare il commovente incontro: «Alfredo mi mise la sua mano sul braccio tatuato. E io sentii un fluido speciale, come se quel gesto fosse destinato a durare per sempre». Il tatuaggio, ovviamente, era quello fatto nel lager. «Quando conobbi Alfredo sulla riva del mare provai un'emozione nuova», ha detto la Segre a Repubblica tempo fa. «Aveva dieci anni più di me, era già avvocato, quasi mi veniva di dargli del lei. Ma allo stesso tempo pensavo che mi piaceva tanto. Ci fu uno sguardo complice, pochissime parole. Un paio di giorni dopo notò il mio numero sul braccio. Io so cos'è, mi disse. E io so che tu hai sofferto molto. Mi ritrassi, non parlavo allora come non avrei parlato nei successivi quarant'anni. E lui mi raccontò che, avendo scelto di non aderire alla Repubblica sociale, aveva trascorso due anni in sette campi di prigionia nazisti. Alfredo Belli Paci era uno dei seicentomila militari internati in Germania». Già, Alfredo, classe 1920, fu un internato militare italiano. Era cattolico, monarchico, non fu mai fascista. Anzi, rifiutò di arruolarsi nelle file della Repubblica sociale. Dopo la guerra e la prigionia, si laureò in giurisprudenza e divenne avvocato. Rimase sempre un conservatore, e furono proprio i suoi ideali a spingerlo verso la candidatura. Come spiegano fonti vicine alla famiglia, Belli Paci era amico dell'ammiraglio Gino Birindelli, che a metà degli anni Settanta fu tra gli animatori della Costituente di destra, una sorta di componente moderata del Movimento sociale, che nel 1977 diede vita a una scissione e alla costituzione di un nuovo partitino chiamato Democrazia nazionale - Costituente di Destra. Nel 1979, tuttavia, Belli Paci scese in campo con il Movimento sociale- Destra nazionale guidato da Giorgio Almirante. Sì, proprio lo stesso Almirante a cui Verona ha inteso dedicare una via, cosa che Liliana Segre non ha apprezzato (e questa vicenda famigliare aiuta a capire meglio il perché), giudicandola incompatibile con la cittadinanza onoraria che la città veneta le ha conferito. «Una via Almirante a Verona? Oh, povera strada!», ha detto la Segre. «Mi chiedo se sia lo stesso Comune. Le due scelte sono di fatto incompatibili, per storia, per etica e per logica. La città di Verona, democraticamente, faccia una scelta e decida ciò che vuole, ma non può fare due scelte che sono antitetiche l'una all'altra». Ma torniamo alla storia. La scelta di Alfredo di schierarsi, secondo Luciano Belli Paci (uno dei tre figli di Alfredo e Liliana Segre) fu dovuta al clima che si respirava in quegli anni a Milano. Pur non essendo un post fascista, Alfredo era un uomo di destra, ed era impensierito dall'avanzata delle sinistre, parlamentari e non. Da anticomunista scelse di entrare in lista con il Movimento sociale, che (tramite anche la Costituente) aveva iniziato ad aprirsi a varie componenti, facendo entrare monarchici, liberali, persino partigiani e antifascisti. A parere del figlio, insomma, quella di Alfredo fu una sorta di opposizione all'estremismo comunista dilagante, un gesto da «maggioranza silenziosa» che infine opta per l'impegno diretto. Belli Paci si presentò come indipendente. Qualche ex missino lo ricorda molto coinvolto nella campagna a Pavia e dintorni, anche se non prese la tessera e non fece vita di sezione, tanto che molti hanno memoria del suo nome ma non di grandi frequentazioni. La militanza, benché particolare e indipendente, non fu tuttavia senza conseguenze. Anzi provocò tensioni pesanti in casa. Il figlio Luciano era un militante socialdemocratico, dunque un uomo di sinistra (come oggi, del resto). Anche lui si candidò tempo dopo: non aveva votato suo padre, e suo padre non votò lui. La frizione più dolorosa, tuttavia, fu proprio quella con la moglie. Liliana e Alfredo, in quel periodo, si allontanarono. Secondo il figlio Luciano fu proprio la militanza a separarli: lei non comprese e non accettò la decisione di sostenere il Movimento sociale, che pure dimostrava la volontà di iniziare a rompere con l'antisemitismo, un processo che avrebbe definitivamente portato a termine qualche tempo dopo. Furono anni dolorosi, pare. Alla fine, fu proprio Alfredo a risolvere la situazione. Dovette scegliere tra la pace e l'armonia famigliare da un lato, e la lotta politica dall'altro. Scelse la famiglia. Abbandonò il lavoro politico attivo e si dedicò con profitto alla professione forense. Il legame con la moglie si rinsaldò ulteriormente, e anche con il figlio ci fu un riavvicinamento, tanto che Luciano cominciò a lavorare nello studio di papà. Alfredo era un uomo di valori saldi, amava profondamente Liliana a cui rimase avvinto fino agli ultimi giorni. Per lei, per starle vicino, mise da parte la militanza e decise di coltivare i suoi valori fra le mura domestiche. Proprio come fanno tanti grandi conservatori.Ha collaborato Alfonso Piscitelli