2022-01-31
«Sono dati fuorvianti per mantenere un clima d’emergenza da cui non si esce»
Francesco Broccolo (IStock)
Il microbiologo Francesco Broccolo: «Sarebbe interessante sapere quanti sono guariti con i farmaci o dopo avere ricevuto cure domiciliari».«Non ha senso prolungare lo stato di emergenza basandosi sul numero dei nuovi casi di contagio. Ha senso, invece, a fronte della saturazione delle terapie intensive. Ma la situazione non è questa. I dati forniti nel bollettino giornaliero sono aggregati, mentre, a mio avviso, superata la fase critica della pandemia bisognerebbe entrare nello specifico». Il virologo Francesco Broccolo, docente di microbiologia clinica all’università Milano Bicocca, offre una lettura diversa dei casi del contagio e invita a riflettere su un punto: «La variante Omicron corre più velocemente delle precedenti mutazioni del Covid e sta colpendo anche chi si è vaccinato con la terza dose. Pensare a un crollo rapido del numero dei casi, una volta raggiunto il cosiddetto picco, è un errore di valutazione».Ma allora è un errore prendere a riferimento il bollettino dei contagi quotidiano per dire che la curva discendente è cominciata e siamo fuori dal tunnel?«Il numero dei contagi dipende dalla quantità di tamponi effettuati. I test fotografano la situazione di coloro che si sono sottoposti alla verifica, ma non rilevano quanti si sono infettati e sono asintomatici. Non c’è più corrispondenza tra il numero degli infetti e il numero dei malati». In che senso?«C’è un altissimo numero di nuovi casi, ma il numero dei malati gravi è molto ridotto. Nella prima ondata il rapporto dei nuovi casi sui malati gravi era diverso. Ora abbiamo comunque dei decessi, ma a fronte di un numero di contagiati più alto rispetto alla prima fase della pandemia. La situazione è cambiata. Con la variante Omicron e con la vaccinazione, i malati gravi stanno diminuendo. La pressione sulle terapie intensive sta scendendo ma c’è ancora la saturazione dei reparti ordinari. I pazienti che non sono malati gravemente ma hanno bisogno di cure tempestive che spesso arrivano in ritardo». Vuol dire che il virus uccide meno ma gli interventi farmacologici non sono ancora veloci?«Esattamente. La malattia grave è meno diffusa ma manca ancora una soluzione rapida dell’infezione. Le terapie non vengono somministrate nei tempi previsti. Omicron ha sostituito quasi interamente la variante Delta. Il calo dei contagi avverrà molto lentamente. Nessuno pensi che una volta raggiungo il picco, la discesa sarà veloce». Come mai il calo lento del numero dei contagiati, anche a fronte di una più estesa vaccinazione anche con la terza dose?«Innanzitutto perché la vaccinazione non impedisce di infettarsi. Omicron è altamente diffusibile e deve colpire ancora molte persone. Inoltre i vaccinati sono protetti dalla variante per circa due o tre mesi. Sono numerosi i casi di persone ammalate nonostante la terza dose. Quindi man mano che continuiamo con le vaccinazioni, altri si infettano. Per questo alcuni sostengono di voler portare la validità del green pass a tre mesi. Dal momento che la protezione è così breve, la decrescita dei nuovi casi di contagio non può che essere lenta. Per ogni nuovo vaccinato ce ne sono altri che lo sono stati da più tempo e che si infettano anche se si erano ammalati con Delta».Anche i decessi continueranno a essere numerosi?«Questo no. Omicron sta sostituendo Delta e la popolazione è sempre più protetta dalla malattia. Non lo è però dall’infezione. Attenzione, è una distinzione che va fatta. Paradossalmente chi è stato colpito da Omicron recentemente sarà più protetto. È come se avesse fatto un booster aggiornato. C’è un lavoro che dice che gli anticorpi da Omicron proteggono da tutto. Il virus sta dando tregua, si appresta a diventare endemico come un’influenza».Considerati i nuovi casi di contagiati non vaccinati che si sommano ai malati con doppia o tripla dose, il bollettino non fornisce una visione chiara della situazione perché li mette insieme: è così?«Nel conteggio giornaliero indicherei gli ospedalizzati oltre ai decessi, e darei il numero di coloro che hanno ricevuto cure specifiche. Riportare in modo generico il numero dei nuovi casi è fuorviante proprio per ciò che abbiamo detto prima. Inoltre mantiene una situazione di allarmismo e di emergenza dalla quale non si esce mai».Come andrebbe cambiato il bollettino Covid?«Sarebbe interessante conoscere il numero di quanti sono stati trattati farmacologicamente e sono guariti e di quanti hanno ricevuto cure domestiche. Questi numeri non compaiono mai. Dei nuovi ammalati non si dice quanti sono guariti. Mi interesserebbe sapere quanti non sono guariti perché non trattati in modo tempestivo e appropriato, perché finiscono in terapia intensiva o sub intensiva. Oggi questi casi dovrebbero essere quasi azzerati, se le cure fossero rapide. La terapia intensiva va vista come sconfitta. Ma un conto è la sconfitta farmacologica, altra cosa è la mancanza di una cura specifica. Servirebbero dati su quanti pazienti sono deceduti pur curati con farmaci specifici e quanti invece per mancanza di farmaci. Solo così si avrebbe una visione chiara della situazione. Si esce dallo stato di emergenza con l’ospedalizzazione che funziona bene e quando ai malati è somministrato il farmaco giusto. Non ha senso restare in emergenza basandosi sui nuovi casi ma solo se c’è la saturazione delle terapie intensive».La quarta dose può dare una mano?«Io sono contrario. Peraltro anche l’Ema ha mostrato forti perplessità. Con la quarta dose dello stesso vaccino si potrebbe sviluppare un fenomeno definito anergia immunitaria, cioè una sorta di impigrimento del sistema immunitario. Il grande rebus è il funzionamento della medicina territoriale. Le carenze in questo settore sono state coperte finora dai dati indifferenziati dei contagi che non dicono quanti si sono infettati per carenza di cure domiciliari tempestive».
Il cancelliere tedesco Friedrich Merz (Ansa)
Mario Draghi e Ursula von der Leyen (Ansa)