2018-06-11
Sono cinque le sfide per rimettere un Paese malandato in buona Salute
Dai nuovi codici di emergenza alla disparità tra Nord e Sud. Cosa ha lasciato Beatrice Lorenzin sul tavolo del neoministro Giulia Grillo: liste di attesa, pronto soccorso, vaccini, aggressioni al personale e mobilità regionale.Tocca a lei prendersi cura degli italiani: catanese, 43 anni appena compiuti, laureata con una specializzazione in medicina legale. È il nuovo ministro della Salute, Giulia Grillo. Raccoglie il testimone lasciato dalla leader di Alternativa popolare, Beatrice Lorenzin, con il suo carico di problemi irrisolti, inefficienze, polemiche mai sopite. Le idee che l'esecutivo Lega-M5s intende portare avanti in tema di sanità sono scritte a chiare lettere nel contratto di governo. Si va dal potenziamento dei fondi destinati al Servizio sanitario nazionale (Snn) alla tutela dell'autonomia regionale nell'organizzazione dei servizi sanitari. Non mancano accenni alla lotta agli sprechi, alla corruzione e alle inefficienze e alla revisione della governance farmaceutica. Così come all'informatizzazione del Snn e agli investimenti per la prevenzione. Ma le sfide sono molto più numerose: il nuovo ministro dovrà anche sciogliere il nodo dell'obbligo vaccinale, quello delle infinite liste di attesa, quello del cosiddetto turismo sanitario e ancora quello della sicurezza dei medici sul posto di lavoro. Abbiamo sintetizzato in cinque punti le questioni più urgenti, quelle lasciate insolute dai governi targati Pd e che, per forza di cose, il ministro Grillo dovrà mettere al più presto all'ordine del giorno.Liste di attesa«Il nostro obiettivo è uniformare l'intero territorio nazionale su standard elevati, così da permettere a ciascun cittadino di ottenere in tempi rapidi prestazioni sanitarie di qualità», così diceva l'allora ministro della Salute Lorenzin nel 2016. Due anni dopo nulla è cambiato, anzi le liste di attesa nel Servizio sanitario nazionale sono cresciute. I tempi per ottenere una visita sono aumentati di circa 27 giorni in tre anni, come ha dimostrato un recente studio commissionato al Crea dalla Funzione pubblica Cgil e dalla fondazione Luoghi comuni. La media, per riuscire ad avere un appuntamento, è di 65 giorni contro i sette sufficienti nel privato. E la situazione al Sud è ancora più preoccupante: per sottoporsi a una mammografia in un ospedale meridionale si possono aspettare anche 122 giorni, mentre al Nord Ovest ce ne vogliono al massimo 89. Per una semplice ecografia è necessario pazientare da 62 giorni a un minimo di 42. Davvero troppi per i cittadini che, spesso, decidono di rinunciare, indebitandosi per pagare esami e medici in strutture private.Pronto soccorsoUno degli obiettivi del nuovo governo è aumentare l'efficienza del Snn. Intanto, però, sta per arrivare una novità (stabilita dalle nuove linee guida sul triage intraospedaliero, di imminente approvazione da parte della conferenza Stato Regioni) che rischia di creare ancora più confusione. I tradizionali quattro colori con i quali finora sono stati identificati gli accessi al pronto soccorso (bianco, giallo, verde e rosso) saranno presto sostituiti da cinque codici numerici. L'obiettivo è ridurre i tempi di attesa e diminuire il margine di errori medici. I nuovi codici vanno da uno a cinque, dove uno rappresenta i casi più gravi (emergenza), due l'urgenza, tre l'urgenza differibile, quattro l'urgenza minore e cinque la non urgenza. I primi tre sono a medio-alta intensità di cure, mentre gli ultimi due a moderata-bassa intensità. I tempi stimati di accesso vanno da immediato a 240 minuti. Da parte sua, il Tribunale del malato ha però già lanciato l'allarme, spiegando che partire senza adeguate informazioni rischia di far piombare il sistema in un caos ancora più grande. Il ministro Grillo dovrà governare questa rivoluzione.Vax e non vaxÈ stata una delle questioni più controverse durante il mandato Lorenzin: il cosiddetto obbligo vaccinale imposto per legge dal governo Gentiloni per gli alunni della scuola dell'obbligo. Il risultato è che, a oggi, migliaia di famiglie risultano inadempienti e i loro figli, se le cose non dovessero cambiare, rischiano di non essere accettati in classe. Su questo punto il neo ministro pentastellato ha già espresso la sua opinione: «Non vogliamo penalizzare i bimbi non vaccinati». Una frase che ha già scatenato grandi polemiche. Resta il fatto che il problema dei vaccini è stato inserito nel contratto di governo. E che la nuova titolare della Salute si è detta più volte contraria all'obbligo, pur considerando questi farmaci essenziali per la prevenzione. È possibile quindi che il decreto voluto dalla Lorenzin sia destinato a lasciare il posto a nuovi provvedimenti. Non si parla comunque di abolizione dei vaccini, ma semmai di un ripensamento sull'obbligatorietà. AggressioniIl nuovo dicastero gialloverde ha anche un'altra grandissima sfida davanti a sé: aumentare la sicurezza dei camici bianchi sul posto di lavoro. Negli ultimi anni i casi di violenza e aggressioni, specialmente nei presidi di pronto soccorso e di guardia medica, sono aumentati in modo esponenziale. Ogni anno la stima è di circa 3.000 episodi, 1.200 dei quali segnalati all'Inail, come testimoniano i dati resi noti dalla Federazione di Asl e ospedali. Il triste primato spetta alla Puglia, con il 26% delle aggressioni. Seguono Sicilia (16%), Lombardia e Sardegna (13%).Nel nostro Paese nove dottori su dieci sarebbero state vittima di violenze o tentate aggressioni almeno una volta nel corso della carriera. Tanto che, negli ultimi mesi, gli ordini professionali hanno lanciato corsi di autodifesa ad hoc. Ma adesso chiedono un intervento a livello nazionale.Mobilità regionale«La salute è il bene più importante e gli italiani, da Nord a Sud hanno diritto a un servizio sanitario davvero efficiente e universale». Queste le impegnative parole pronunciate dal ministro Grillo nel giorno dell'insediamento. Il riferimento è alle liste di attesa, ma anche ai cosiddetti «viaggi della speranza». Quelli che centinaia di migliaia di italiani sono costretti a intraprendere per cercare terapie più efficaci lontano da casa. Ogni anno sono circa 70.000 i pazienti che lasciano la regione di residenza per curarsi nella sola Lombardia. Arrivano soprattutto da Campania, Calabria, Sicilia, Abruzzo, Lazio e Sardegna.A livello nazionale questo esodo di migranti della salute riguarda almeno un milione di italiani e vale 4,1 miliardi di euro all'anno. Fra le mete più gettonate ci sono anche i nosocomi di Emilia Romagna, Toscana, Veneto, Umbria e Friuli Venezia Giulia. I dati, resi noti dal rapporto Ospedali & Salute 2017, stilato dall'Aiop, l'Associazione italiana ospedalità privata, disegnano ancora una volta un Paese diviso in due. Con cittadini di serie B ancora costretti a spostarsi, e indebitarsi, per accedere alle cure. Tra le priorità del ministro dei 5 stelle, che ricordiamo aver fatto en plein di voti soprattutto al Sud, c'è quella di arginare la fuga.
Jose Mourinho (Getty Images)