
Il summit tra i due leader è il frutto di un lungo lavoro che ha avvicinato Cina e Corea del Sud a Washington. Il nuovo scenario rende la Russia di Vladimir Putin molto meno determinante in Asia.A Pyongyang si è cominciato a lavorare all'incontro di ieri tra il dittatore Kim Jong Un e Donald Trump a partire dal 20 aprile. Da allora il presidente degli Stati Uniti ha abbandonato i toni utilizzati nei mesi precedenti, quando definì Kim «rocket man» (uomo razzo) e la svolta si è verificata come sempre con un tweet. «Una grande notizia per il mondo intero. Grandi progressi! Non vedo l'ora di partecipare al nostro summit», ha scritto Trump. Ovviamente l'intera svolta è stata preceduta da un incontro segreto al quale ha partecipato addirittura il numero uno della Cia, Mike Pompeo, con l'obiettivo di avviare un nuovo programma di accordi condiviso dalla Cina e dalla Corea del Sud, dal quale sarebbe però stata esclusa la Russia. Nonostante le continue critiche della sinistra nostrana e di tutti i liberal americani che non riescono ad accettare i successi del tycoon, il presidente ha messo a segno il suo storico obiettivo. E ora si godrà da solo tutta la visibilità del caso. Il successo però è in gran parte da ricondurre anche alle intese (segrete) con la Cina che in questo momento ha un obiettivo strategico di lungo termine. Pechino sotto la guida di Xi Jinping ha lanciato la nuova via della Seta. Il programma, che ha un'orizzonte di sviluppo che arriva fino al 2040, riporta il Vecchio continente indietro nei secoli e prende come punto di svolta il muro di Berlino. La separazione delle due Germanie aveva di fatto creato una barriera insormontabile tra la Cina e l'Occidente. Le merci e gli affari non potevano passare se non via mare o via aerea. L'idea di Xi è quella di tornare agli anni di Marco Polo con la tecnologia moderna e una grande capacità di spesa pubblica con la quale ingraziarsi molti governi a Ovest. Questa volta l'unico ostacolo si chiama Vladimir Putin e la sua idea di crescere a Est per riprendere il possesso (indiretto o almeno economico) delle ex repubbliche sovietiche. Pechino non può accettare una tale politica di espansione russa perché una diretta minaccia al traffico commerciale. La tesi può sembrare di difficile comprensione dal momento che Mosca e Pechino sono alleate su molti fronti, a partire dal Medio Oriente fino al tema energetico da affrontare in sede extra Opec. La Cina è però abituata a fare scelte di medio termine e altre di lunghissimo. Per sostenere lo schema da qui al 2040, Pechino sa di aver bisogno degli Stati Uniti e la pace siglata tra Kim e Donald è il sigillo. Denuclearizzare l'area delle due Coree implica una riduzione della tensione regionale. E un rallentamento della corsa agli armamenti compresi quelli convenzionali. Non c'è da aspettarsi un vero cambio di passo se non nella comunicazione esterna. Dietro le quinte però Kim dovrà smettere di rifornirsi di armi dalla Russia e ciò declasserà immediatamente Mosca da player di serie A a spettatore in tutta l'area del Mar cinese. Pechino saprà sfruttare tale debolezza permettendo in cambio agli Usa di mantenere un posto in prima fila nello scenario regionale, in modo da mantenere vivo l'oscuramento del Giappone. Tokyo, finchè i marines americani resteranno di stanza in Corea, non potrà mai fare un vero salto militare. E di conseguenza non potrà salire al grado di potenza del Sudest asiatico. Quindi, per tirare le fila, tutto sta cambiando perché non cambi nulla. Salvo mettere un cordone di contenimento a Vladimir Putin.
Robert Redford (Getty Images)
Incastrato nel ruolo del «bellone», Robert Redford si è progressivamente distaccato da Hollywood e dai suoi conformismi. Grazie al suo festival indipendente abbiamo Tarantino.
Leone XIV (Ansa)
Nella sua prima intervista, il Papa si conferma non etichettabile: parla di disuguaglianze e cita l’esempio di Musk, ma per rimarcare come la perdita del senso della vita porti all’idolatria del denaro. E chiarisce: il sinodo non deve diventare il parlamento del clero.