2025-11-07
Abbaglio su Mamdani di «Avvenire» & C. La «svolta sociale» è solo una chimera
Il neo sindaco di New York Zohran Mamdani (Ansa)
Il sindaco di New York non è un paladino dei poveri e porta idee che allontanano sempre più i colletti blu. E spaccano l’Asinello.La vulgata giornalistica italiana sta ripetendo che, oltre a essere uno «schiaffo» a Donald Trump, la vittoria di Zohran Mamdani a New York rappresenterebbe una buona notizia per i diritti sociali. Ieri, Avvenire ha, per esempio, parlato in prima pagina di una «svolta sociale», per poi sottolineare le proposte programmatiche del vincitore: dagli autobus gratuiti al congelamento degli affitti. In un editoriale, la stessa testata ha preconizzato un «laboratorio politico interessante», sempre enfatizzando la questione sociale che Mamdani incarnerebbe. Ora, ognuno ha il diritto di fare le valutazioni che preferisce, ci mancherebbe. Tuttavia, ci siano concesse due considerazioni. Innanzitutto, fuor di polemica, ci si sarebbe attesi che, insieme alle tematiche sociali, il quotidiano dei vescovi sottolineasse adeguatamente anche le posizioni che il prossimo sindaco di New York porta avanti sul fronte etico. Oltre ad aver ricevuto l’endorsement dell’organizzazione pro-choice Planned parenthood, Mamdani ha anche promesso che renderà la Grande mela una «città santuario» per le persone Lgbt. «L’amministrazione Mamdani stanzierà 65 milioni di dollari di finanziamenti per sostenere esplicitamente e ampliare l’accesso alle cure per l’affermazione di genere a New York», si legge inoltre nel programma ufficiale di Mamdani. In secondo luogo, vale la pena di chiedersi se il sindaco eletto di New York risulti veramente un paladino dei diritti sociali. Sì, perché la questione è molto scivolosa. E merita una riflessione articolata.Una cosa va detta, a mo’ di premessa: Mamdani ha vinto attraverso una carica antisistema particolarmente efficace, avendo come principale avversario un esponente dell’establishment, come l’ex governatore Andrew Cuomo. Ora, non è un mistero che la concezione dinastica del potere sia ormai fortemente in crisi negli Stati Uniti: l’ascesa di Trump nel 2016 sta d’altronde lì a dimostrarlo. Puntando su Cuomo, il fronte anti-Mamdani ha fatto una scelta sbagliata e controproducente. Detto questo, attenzione: la narrazione, che vuole Mamdani come paladino dei poveri e Cuomo come difensore dei ricchi cattivi, lascia onestamente il tempo che trova.Dopo la vittoria di Trump l’anno scorso, il Partito democratico americano è finito in testacoda soprattutto perché ha perso il sostegno dei colletti blu degli Stati operai, come il Michigan, il Wisconsin, la Pennsylvania e l’Ohio. La domanda da porsi, allora, è: siamo sicuri che le ricette di Mamdani siano utili per far sì che l’Asinello possa riconquistare quella quota elettorale? C’è da dubitarne. I colletti blu della Rust belt non solo temono i ribassi salariali determinati dall’immigrazione irregolare, ma guardano anche con sospetto alle politiche green: si pensi soltanto all’ostilità nutrita dai metalmeccanici del Michigan nei confronti dell’auto elettrica. Ecco, Mamdani rappresenta tutto il contrario: è un fautore del green e, soprattutto, ha bollato come «fascismo» la stretta, promossa dalla Casa Bianca, contro l’immigrazione clandestina. Tutto questo, sebbene, due anni fa, la Grande mela si fosse ritrovata in emergenza proprio per la crescente pressione a cui fu sottoposta a causa degli immigrati irregolari: tanto che l’attuale sindaco uscente, Eric Adams, ebbe non poche tensioni all’epoca con l’amministrazione Biden. Chiaramente Mamdani, essendo nato in Uganda, non potrà mai candidarsi alla Casa Bianca.Tuttavia, le sue idee (parecchie delle quali dalla dubbia realizzabilità) sono particolarmente diffuse nell’ala ultraprogressista del Partito democratico: un’ala che sta cercando di neutralizzare la corrente dem più pragmatica, che vorrebbe disinnescare il nefasto influsso dell’ideologia woke, proprio per tornare ad attrarre i colletti blu della Rust belt. Insomma, non solo le ricette di Mamdani difficilmente piaceranno alla working class della Pennsylvania, ma rischiano anche di acuire le già profonde divisioni che da anni si registrano in seno all’Asinello. Senza contare che l’ascesa di Mamdani ha spaccato il mondo degli ebrei-americani: un gruppo elettorale che storicamente ha sempre rappresentato un pilastro della base dem. Secondo la Cnn, il 64% degli ebrei newyorchesi ha, infatti, votato per Cuomo e appena un terzo per il sindaco eletto. Ricordiamo che quest’ultimo ha accusato Israele di genocidio e si è anche impegnato a far arrestare Benjamin Netanyahu nel caso dovesse recarsi nella Grande mela.Alla luce di tutto questo, una domanda è d’obbligo: siamo realmente sicuri che Trump sia così rattristato dalla vittoria di Mamdani? Se ha motivi di oggettiva preoccupazione per la batosta rimediata dai repubblicani alle ultime elezioni governatoriali in Virginia, il presidente americano ha, invece, trovato nel prossimo sindaco di New York il bersaglio perfetto per additare i dem come degli estremisti in vista delle midterm. «La decisione che tutti gli americani devono prendere non potrebbe essere più chiara: dobbiamo scegliere tra il comunismo e il buon senso», ha, non a caso, affermato Trump, commentando la vittoria di Mamdani. «Loro vogliono una maggiore spesa per il governo e per gli immigrati clandestini: noi vogliamo stipendi più alti per i lavoratori e le famiglie americane», ha aggiunto, sostenendo che Miami «diventerà presto il rifugio per coloro che fuggono dal comunismo a New York».Non è neanche del tutto escludibile che, con il suo endorsement a Cuomo, Trump abbia appositamente voluto facilitare la vittoria di Mamdani, che già molti sondaggi davano come favorito. Il presidente americano ha politicamente tutto l’interesse acché l’ala woke, sempre più radicale, del Partito democratico prenda il sopravvento all’interno dell’Asinello. Il sindaco eletto di New York non è, quindi, un «incubo» per Trump. È, al contrario, un’opportunità politica, per far sì che i repubblicani possano mantenere la presa elettorale sulla Rust belt.
Angelina Jolie a Kherson (foto dai social)
Cartelli antisionisti affissi fuori dallo stadio dell'Aston Villa prima del match contro il Maccabi Tel Aviv (Ansa)