2024-07-11
Soldi dei migranti alle mafie per lavori fasulli
Dopo l’esposto di Giorgia Meloni si velocizza l’inchiesta sui Click day: a Salerno ogni pratica di visto (se ne contano 2.500) poteva fruttare fino a 7.000 euro, con ulteriori 2.000 da versare per un impiego fittizio. Sono 47 le persone colpite da misure cautelari.«Oggi scadono i 30 giorni dal decreto, quindi da stasera dovrebbe azionarsi il sistema. A me bastano 300 pecore, hai capito?». In questa intercettazione è riassunto il focus dell’inchiesta: il Click day, il giorno in cui si accede al portale ministeriale per inserire le domande per i flussi migratori regolari, a Salerno si era trasformato in un’occasione d’oro per le agromafie che facevano affari sulla pelle dei migranti, definiti «pecore». Ogni pratica di visto poteva fruttare fino a 7.000 euro, con ulteriori 2.000 euro da versare per ogni contratto di lavoro fittizio. E gli inquirenti ne hanno contate 2.500. Le domande venivano presentate con documenti falsi, a volte da aziende inesistenti (alcune registrate in provincia di Cosenza e altre in provincia di Matera), sfruttando la possibilità di farlo per conto terzi. Un sistema, gestito da una rete di imprenditori, addetti ai patronati e professionisti pronti a tutto pur di lucrare sulla pelle dei migranti, che non lascia spazio ai controlli e che favorisce le truffe. Dove ogni diritto si trasforma in merce di scambio. Il tutto all'ombra del grande ombrello di un clan mafioso, quello dei Cesarano da Pompei che dispone di consolidate propaggini salernitane, i cui sgherri, alcuni dei quali già condannati per associazione mafiosa, si sarebbero occupati di riciclare i proventi del grande business del Click day. Un’organizzazione che, stando alla ricostruzione della Procura, operava con la stessa disinvoltura di un’azienda di servizi. Con un lucano alla guida di una cellula, Decimo Viola, classe 1978, da Policoro, area del Metapontino a forte vocazione agricola, supportato da tre broker di passaporti, Khalid Zouine, Mustapha Nadi e Bensabah Abderrahim, e Raffaele Nappi, a coordinarne un’altra a Capaccio, nel Salernitano. Solo dopo una difficile inchiesta che per mesi è rimasta in cottura a bagnomaria e che ha ripreso vigore, come ha spiegato il procuratore di Salerno Giuseppe Borrelli, dopo l’esposto presentato dal presidente del Consiglio Giorgia Meloni alla Procura nazionale antimafia per sollecitare che il fenomeno venisse messo a fuoco, ieri mattina è stata smantellata una rete criminale dedita all’immigrazione clandestina. Le misure cautelari firmate dal gip del Tribunale di Salerno ed eseguite dai carabinieri per la Tutela del lavoro, da quelli del Reparto operativo di Roma e Napoli e dagli investigatori della Guardia di finanza di Salerno, sono 47: 13 in carcere, 24 ai domiciliari e dieci interdizioni. Ma, in tutta fretta, sono stati anche eseguiti sette provvedimenti di fermo di indiziato di delitto, perché dalle intercettazioni telefoniche degli ultimi giorni gli inquirenti hanno dedotto che gli indagati avevano in animo di trasferirsi nei Paesi del Nord Africa. La accuse, a vario titolo, sono di associazione a delinquere finalizzata al favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, violazione delle disposizioni contro l’immigrazione clandestina, riciclaggio, autoriciclaggio e utilizzo ed emissione di fatture per operazioni inesistenti. Le criticità principali sarebbero legate alle istruttorie e «all’assenza di limitazioni per le domande conto terzi», ha sottolineato Borrelli, mettendo il dito nella piaga di un sistema normativo che sembra fatto apposta per essere aggirato. Durante le perquisizioni è spuntato un libro mastro con le annotazioni delle operazioni fittizie. Ma c’è stata anche una scoperta clamorosa: oltre 1 milione di euro era stato sotterrato nel giardino di uno degli indagati. Le banconote erano state messe sottovuoto in buste di plastica trasparenti. E alcuni contenitori d’acciaio di quelli solitamente usati per conservare l'olio d’oliva erano diventati dei forzieri. «Ieri mattina», ha raccontato il generale Luigi Carbone, comandante provinciale di Salerno della Guardia di finanza, «chi ha eseguito le misure ci ha riferito che molto di questo denaro era stato interrato». Contestualmente è stato eseguito un sequestro di beni per circa 6 milioni di euro. Compreso il terreno che occultava il tesoro. C’è, però, un ulteriore snodo investigativo, che ha aperto nuovi scenari. Lo scorso mese di aprile sulle utenze dell’avvocato Gerardo Cembalo, di Eboli, classe 1973, titolare di una delle società finite nel mirino, sono state captate alcune telefonate. «La società», si legge negli atti d’indagine, «avrebbe acquistato una serie di immobili a Marrakech, in Marocco, adibiti ad attività ricettiva. Tali investimenti immobiliari risultano essere frutto di trasferimenti all’estero di somme di denaro provento dei reati di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina». «Eeeeeh, Gaeta’», dice Cembalo in una conversazione, «io ho speso tutti i soldi... per una struttura che dovrebbe dare 500 euro al giorno puliti». Probabilmente aveva deciso di smantellare tutto e cambiare aria. A telefono con Tojammel Hossain detto «Oliva», infatti, commenta la notizia riportata dalla stampa nazionale sull’esposto presentato della Meloni. E l’avvocato spiega: «Vogliono controllare tutti i nulla osta, tutte le aziende, perché molte aziende sono fasulle». E non era una boutade.
Emanuele Orsini e Dario Scannapieco
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