I soldi del magnate restano un giallo: «Non ho incassato fondi dal Qatar»

La Sekunjalo Development Foundation, che è stato il principale finanziatore della Ong di Pier Antonio Panzeri, non ha ricevuto soldi da «nessuna organizzazione qatariota». La precisazione della fondazione sudafricana arriva dopo la notizia dei 250.000 euro versati nel 2020 dall’organizzazione sudafricana alla Fight impunity, l’associazione al centro dello scandalo che sta scuotendo il Parlamento europeo e le istituzioni della Ue.
La fondazione fa parte del gruppo Sekunjalo, a sua volta controllato dal discusso imprenditore Iqbal Survé. Che prima di essere tirato in mezzo allo scandalo dell’europarlamento era impegnato perlopiù a convincere le banche del suo Paese a fare ancora affari col suo gruppo. Da mesi il gruppo Sekunjalo è infatti impegnato in un braccio di ferro con il sistema bancario sudafricano che lo ritiene non più bancabile dopo una serie di accuse di illeciti. In una nota alla testata sudafricana Daily Maverick, lo stesso Survé aveva spiegato di aver conosciuto un emissario di Fight impunity durante il World Economic Forum di Davos, in Svizzera. E che successivamente la Ong di Panzeri aveva avanzato una richiesta di finanziamento che era sfociata nel contributo di 4,5 milioni di rand (circa 250.000 euro) elargito nell’estate del 2020.
Del legame tra Fight impunity e Survé parla anche il Financial Times, in un articolo dove ricostruisce i rapporti dell’ex commissario Dimitris Avramoupolos con altri commissari europei in carica mentre il politico greco era a libro paga della Ong. Rapporti che, se confermati, aprirebbero un fronte nuovo rispetto all’indagine che coinvolge finora soprattutto Panzeri, il suo assistente Francesco Giorgi e la compagna di quest’ultimo nonché europarlamentare socialista Eva Kaili. Le attività del gruppo Sekunjalo spaziano dalla pesca ai media fino agli investimenti ed è prevalentemente attivo nel solo Sudafrica. Nel sito del gruppo c’è una sezione dedicata alle attività benefiche, dove la Sekunjalo Development Foundation (Sdf) è citata come attiva nella promozione dello «sviluppo socio-economico delle comunità» nelle quali opera il gruppo Sekunjalo. E allora, perché donare 250.000 euro a una fondazione di Bruxelles nata appena un anno prima (nel 2019) che, per quanto noto, non aveva piani di sviluppo delle sue attività nell’Africa meridionale? A questa domanda, Survé ha replicato che le sue fondazioni sono attive a livello globale, citando come esempio una donazione effettuata a una organizzazione svedese per la difesa dell’infanzia.
Il Sekunjalo Group d’altra parte risulta anche tra i donatori per la campagna elettorale di Hillary Clinton, nel 2016. Ma in questo caso con la holding e non tramite le fondazioni benefiche. In attesa di ulteriori approfondimenti, va ricordato che le parole del dottor Survé non sono da incidere nella pietra. L’uomo d’affari ha sempre vantato un legame stretto con Nelson Mandela e di essere stato il suo medico, raccontando negli anni vari aneddoti sulla loro frequentazione. In varie interviste ha indicato proprio Mandela come la sua principale fonte d’ispirazione, «soprattutto a causa dei tutte le interazioni personali che ho avuto la fortuna di avere con lui». Nel 2014, un articolo di Business Report (controllato dal suo gruppo) ne parlava come del medico personale del leader sudafricano fin dai tempi di Robben Island, il carcere dove Mandela venne incarcerato negli anni dell’Apartheid. Peccato che Mandela venne trasferito da Robben Island nel 1982, quando Survé era appena diciannovenne e di certo non ancora laureato. Il libro Paper Tiger, uscito nel 2019, ne ricostruisce le gesta come editore. E aggiunge che non ci sono prove che abbia mai assistito Mandela né altri personaggi celebri con i quali il dottore vanta uno stretto rapporto. Zelda la Grange, assistente personale di Mandela per 18 anni e ritenuta la persona più vicina a Madiba, in una intervista ha dichiarato di non essere a conoscenza di nessuna relazione tra il dottor Survé e il leader sudafricano. Survé, che nel sito di Sekunjalo è descritto come «medico, imprenditore e fervente filantropo» è da tempo impegnato a difendersi su più fronti.
Da febbraio scorso le principali banche del Paese hanno chiuso i conti del gruppo o ne hanno limitato lìattività. A fine settembre il Tribunale sudafricano della concorrenza (l’equivalente dell’autorità Antitrust) ha imposto a nove banche di riprendere la normale operatività con il gruppo, ma ha escluso almeno un conto personale dell’imprenditore con la motivazione che non essendo funzionale alle attività operative del gruppo era nel pieno diritto della banca chiuderlo. A far fare il salto di qualità al gruppo Sekunjalo è stata, nel 2013, l’acquisizione delle attività in Sudafrica del gruppo irlandese Independent Media. Con l’operazione, Survé è diventato uno dei principali operatori dell’informazione nel paese e proprio in quel caso circolarono sulla stampa locale i rumors di un coinvolgimento di fondi qatarioti nel finanziamento dell’operazione. Circostanza sempre negata da Survé, che al momento di finalizzare l’operazione ha dichiarato che tra i suoi finanziatori c’erano oltre al potente sindacato Cosatu – legato all’Anc, il partito di Nelson Mandela al potere in Sudafrica dal 1994 e del quale Survé si dichiara un ex attivista - e all’associazione dei reduci del Mk – il braccio armato dell’Anc durante gli anni dell’Apartheid – c’era un non meglio precisato «consorzio cinese».
Probabilmente lo stesso per il quale uno dei giornali di Survé fece sparire dalle sue pagine un articolo fortemente critico sulle persecuzioni degli uiguri da parte di Pechino.





