2022-05-01
Soldi e appalti, sotto inchiesta l’uomo di Letta
I pm di Napoli hanno indagato Nicola Oddati, ex capo della segreteria di Nicola Zingaretti e attuale coordinatore delle agorà dem. A Roma fu fermato con 14.000 euro in contanti. Per la Procura sarebbe il «promoter» di accordi illegali di un imprenditore.Dalla città del bradisismo, Pozzuoli, l’antica Puteoli romana, sorta a ridosso delle infernali caldere della Solfatara, si sta propagando un terremoto giudiziario che rischia di mandar giù un bel pezzo di Partito democratico. Non solo campano.Tra gli indagati in una inchiesta su appalti pilotati e mazzette figura infatti Nicola Oddati, ex enfant prodige del progressismo napoletano. Già assessore comunale con l’allora sindaco, Rosa Russo Iervolino; poi coordinatore della segreteria nazionale di Nicola Zingaretti e, ancora, responsabile dell’ufficio di rappresentanza, a Roma, della Regione Campania (guidata dallo sceriffo dem, Vincenzo De Luca), oltre che commissario del Pd a Taranto e coordinatore delle agorà democratiche con Enrico Letta segretario. In mezzo, la parentesi da scrittore di thriller con titoli come Il teorema della corda (2012) e La trappola del gioco (2016). E un impegno, oggi concluso, come consigliere di amministrazione della società Scabec, controllata sempre dalla Regione Campania, recentemente finita al centro di approfondite verifiche della guardia di finanza in relazione a condotte gestionali poco chiare verificatesi negli anni scorsi sia sotto il profilo della spesa sia sotto quello dei rapporti di lavoro subordinato dei dipendenti.Oddati, emerge nelle poche carte finora disponibili del procedimento seguito dal procuratore partenopeo, Giovanni Melillo, e dai due sostituti Stefano Capuano e Immacolata Sica, è accusato di associazione per delinquere insieme all’imprenditore campano Salvatore Musella, titolare di fatto della Cytec srl. Dal quale, secondo la ricostruzione dell’ufficio giudiziario napoletano, il politico (nel frattempo dimessosi da ogni incarico) avrebbe ricevuto contanti e utilità in qualità di «fiduciario nella ricerca di contatti e relazioni illecite utili a favorire l’aggiudicazione di concessioni e appalti». Insomma, una sorta di promoter di accordi illegali.A fine gennaio, Oddati è stato fermato dalla polizia per un normale controllo a Roma, nei pressi della Stazione Termini. Con sé aveva 14.000 euro in contanti. Provento, sospettano gli inquirenti, del suo rapporto d’affari con Musella.Prima di allora, nell’estate scorsa, secondo la polizia giudiziaria (squadra mobile e fiamme gialle) ci sarebbe stata un’altra «dazione» di denaro a lui destinata, stavolta un po’ più sostanziosa, circa 20.000 euro, a cui ne sarebbero seguite altre tre (esclusa quella di Roma) per un totale di cinque episodi per un importo complessivo allo stato sconosciuto. Oltre ai soldi, Musella gli avrebbe garantito abiti firmati, un pernottamento in un lussuoso albergo del capoluogo e dei lavori di ristrutturazione in un appartamento.Ma come nasce l’inchiesta? A far scoccare la scintilla sono state le verifiche su un appalto da quasi dieci milioni di euro per il rilancio turistico del rione Terra a Pozzuoli, un agglomerato urbano che rappresenta il primo insediamento abitativo della zona risalente al secondo secolo avanti Cristo. Appalto che Musella avrebbe tentato di aggiudicarsi, non riuscendovi, grazie alle presunte «soffiate» di un dipendente comunale, tale Angelo Tortora, e del sindaco Vincenzo Figliolia, anche lui del Pd e anche lui indagato. Nel decreto di perquisizione, che ha portato le forze dell’ordine negli uffici municipali a caccia di documenti e delibere, oltre che di cellulari e pc, i pubblici ministeri parlano di una «serialità e sistematicità nelle condotte illecite» a favore di Musella. Al quale sarebbe stato assicurato, tramite uno strategico rinvio nella pubblicazione del bando di gara da parte dell’Ente comunale, il tempo necessario per poter addirittura trovare un partner alberghiero rispondente alle richieste previste dal capitolato (ancora segreto). Il prosieguo dell’attività investigativa avrebbe poi consentito di arrivare a Oddati e di oltrepassare finanche i confini regionali. Tra gli indagati, ci sono infatti altri due esponenti dem. Il primo è l’ex candidato alla segreteria provinciale di Taranto, Luciano Santoro. Il secondo è l’ex segretario provinciale di Reggio Calabria, Sebastiano Romeo. Ad entrambi è contestato il reato di traffico di influenze su alcuni lavori pubblici. Ma mentre quelli calabresi sarebbero appalti «da individuare», quelli pugliesi sarebbero già noti: si tratterebbe, infatti, di tre diverse gare. Tra cui la ristrutturazione di Palazzo Carducci, nella zona vecchia di Taranto, in procinto di diventare un centro culturale. Un lavoro di circa 4,5 milioni di euro. Sia Santoro che Romeo avrebbero ricevuto 10.000 euro da Musella. I due, così come Figliolia e Oddati e i restanti otto indagati, avranno modo di chiarire le rispettive posizioni chiedendo di essere interrogati o depositando memorie difensive. I pm continueranno, intanto, nei prossimi giorni l’attività investigativa non solo con l’audizione di nuovi testimoni ma anche studiando le carte e i contenuti dei messaggi Whatsapp dei cellulari posti sotto sequestro. La vera e propria miniera di informazioni dell’inchiesta.
La deposizione in mare della corona nell'esatto luogo della tragedia del 9 novembre 1971 (Esercito Italiano)
Quarantasei giovani parà della «Folgore» inghiottiti dalle acque del mar Tirreno. E con loro sei aviatori della Royal Air Force, altrettanto giovani. La sciagura aerea del 9 novembre 1971 fece così impressione che il Corriere della Sera uscì il giorno successivo con un corsivo di Dino Buzzati. Il grande giornalista e scrittore vergò alcune frasi di estrema efficacia, sconvolto da quello che fino ad oggi risulta essere il più grave incidente aereo per le Forze Armate italiane. Alle sue parole incisive e commosse lasciamo l’introduzione alla storia di una catastrofe di oltre mezzo secolo fa.
(…) Forse perché la Patria è passata di moda, anzi dà quasi fastidio a sentirla nominare e si scrive con la iniziale minuscola? E così dà fastidio la difesa della medesima Patria e tutto ciò che vi appartiene, compresi i ragazzi che indossano l’uniforme militare? (…). Buzzati lamentava la scarsa commozione degli Italiani nei confronti della morte di giovani paracadutisti, paragonandola all’eco che ebbe una tragedia del 1947 avvenuta ad Albenga in cui 43 bambini di una colonia erano morti annegati. Forti le sue parole a chiusura del pezzo: (…) Ora se ne vanno, con i sei compagni stranieri. Guardateli, se ci riuscite. Personalmente mi fanno ancora più pietà dei leggendari piccoli di Albenga. Non si disperano, non singhiozzano, non maledicono. Spalla a spalla si allontanano. Diritti, pallidi sì ma senza un tremito, a testa alta, con quel passo lieve e fermissimo che nei tempi antichi si diceva appartenesse agli eroi e che oggi sembra completamente dimenticato (…)
Non li hanno dimenticati, a oltre mezzo secolo di distanza, gli uomini della Folgore di oggi, che hanno commemorato i caduti di quella che è nota come la «tragedia della Meloria» con una cerimonia che ha coinvolto, oltre alle autorità, anche i parenti delle vittime.
La commemorazione si è conclusa con la deposizione di una corona in mare, nel punto esatto del tragico impatto, effettuata a bordo di un battello in segno di eterno ricordo e di continuità tra passato e presente.
Nelle prime ore del 9 novembre 1971, i parà del 187° Reggimento Folgore si imbarcarono sui Lockheed C-130 della Raf per partecipare ad una missione di addestramento Nato, dove avrebbero dovuto effettuare un «lancio tattico» sulla Sardegna. La tragedia si consumò poco dopo il decollo dall’aeroporto militare di Pisa-San Giusto, da dove in sequenza si stavano alzando 10 velivoli denominati convenzionalmente «Gesso». Fu uno di essi, «Gesso 5» a lanciare l’allarme dopo avere visto una fiammata sulla superficie del mare. L’aereo che lo precedeva, «Gesso 4» non rispose alla chiamata radio poiché istanti prima aveva impattato sulle acque a poca distanza dalle Secche della Meloria, circa 6 km a Nordovest di Livorno. Le operazioni di recupero dei corpi furono difficili e lunghissime, durante le quali vi fu un’altra vittima, un esperto sabotatore subacqueo del «Col Moschin», deceduto durante le operazioni. Le cause della sciagura non furono mai esattamente definite, anche se le indagini furono molto approfondite e una nave pontone di recupero rimase sul posto fino al febbraio del 1972. Si ipotizzò che l’aereo avesse colpito con la coda la superficie del mare per un errore di quota che, per le caratteristiche dell’esercitazione, doveva rimanere inizialmente molto bassa.
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