Gli azionisti brindano: già raggiunto l’obiettivo di cedola del triennio. Aumentano i premi e gli utili vanno meglio del previsto: il titolo tocca i massimi dal 2008 e poi cala. Il mercato apprezza soprattutto il ramo Danni. A gennaio il piano industriale di Philippe Donnet.L’appuntamento più atteso per Generali è l’assemblea di maggio 2025 anche alla luce del nuovo asse creato in casa Mps tra Francesco Caltagirone e Delfin col placet del governo in Mps. Ma prima dell’assise che deciderà il rinnovo del cda, sull’agenda del Leone è segnata un’altra data importante: il 30 gennaio quando l’amministratore delegato Philippe Donnet ufficializzerà il nuovo piano strategico. Con cui si presenterà la prossima primavera davanti agli azionisti. Che nel frattempo possono brindare ai dividendi: con il pagamento della cedola 2023 avvenuto lo scorso 22 maggio, il gruppo ha già raggiunto il target del piano, ovvero dividendi complessivi pari a 5,5 miliardi nel periodo 2022-2024.Ieri il direttore finanziario della compagnia triestina, Cristiano Borean, ha presentato agli analisti i risultati dei nove mesi che sono stati chiusi con un aumento dei premi lordi a 70,7 miliardi (+18,1% anno su anno) guidati da entrambi i segmenti Vita (+23,3%) e Danni (+9,8%). La linea non auto cresce del 6,2%, con uno sviluppo diffuso in tutte le principali aree di operatività del gruppo. La linea auto sale al 16,9% in tutte le principali aree geografiche. L’utile netto normalizzato (al netto delle quote di minoranza) si attesta a 2,88 miliardi (in calo del 3,3% sui 2,97 miliardi nei nove mesi 2023), ma nella variazione rispetto all’anno precedente ha inciso una plusvalenza di natura non ricorrente (193 milioni al netto delle imposte) relativa alla cessione di un complesso immobiliare londinese nel primo trimestre 2023. Escludendo questo effetto, sarebbe cresciuto del 3,4%. I risultati superiori alle stime, soprattutto per quanto riguarda il terzo trimestre (chiuso con un risultato operativo consolidato di 1,67 miliardi, in rialzo del 25% anno su anno), e gli analisti positivi in particolare sulla solidità del ramo danni hanno spinto il titolo del Leone che ieri in Piazza Affari ha archiviato la seduta con un rialzo del 4,84% attestandosi a 27,06 euro dopo aver toccato un massimo di 27,27 euro, livello che non vedeva dal 2008. A stupire il mercato è soprattutto il ramo Danni. Borean ha spiegato che il driver principale dell’accelerazione «è stato il combinato di aumenti tariffari svolti nel passato e di selezione del portafoglio, che stanno cominciando a rappresentare in tutti i segmenti un beneficio». A questo si aggiunge il fatto che «abbiamo registrato un po’ meno sinistri non legati alle catastrofi». Il cambiamento climatico impone un’attenzione particolare alle catastrofi naturali, a cui Generali dedicherà uno spazio specifico all’interno del prossimo piano. In valore assoluto, il loro impatto è salito dagli 875 milioni dei primi nove mesi del 2023 ai 930 milioni dello stesso periodo di quest’anno. Tuttavia, ha spiegato Borean, «essendo aumentata la quantità di premi sottoscritti anno su anno», anche grazie all'acquisizione di Liberty Seguros, «l’impatto sul combined ratio resta identico, a 3,8%». Tra ottobre e novembre la compagnia stima un impatto «nell'ordine di circa 100 milioni». Fare una previsione al 31 dicembre «è impossibile: di solito», ed è un dato statistico, non una certezza, «il quarto trimestre è quello un po’ meno impattato dalle catastrofi, assieme al primo».Con riferimento all’ultima versione del disegno di legge di Bilancio, il cfo ha poi ricordato che il contributo richiesto a banche e assicurazioni dal governo con la manovra 2025 riguarda «delle anticipazioni, si tratta più di una cosa finanziaria che economica, e comunque è presto per valutare gli impatti. Per il momento si può dire che, anche anticipando finanziariamente e non per conto, c’è comunque un piccolo effetto di perdita degli investimenti».In coda ai risultati, Generali conferma di raggiungere un tasso di crescita annuo composto dell’utile per azione compreso tra il 6% e l’8% nel periodo 2021-2024, e di generare flussi di cassa netti disponibili a livello della capogruppo superiori a 8,5 miliardi nel periodo 2022-2024.
Emanuele Orsini (Ansa)
Dopo aver proposto di ridurre le sovvenzioni da 6,3 a 2,5 miliardi per Transizione 5.0., Viale dell’Astronomia lamenta la fine dei finanziamenti. Assolombarda: «Segnale deludente la comunicazione improvvisa».
Confindustria piange sui fondi che aveva chiesto lei di tagliare? La domanda sorge spontanea dopo l’ennesimo ribaltamento di fronte sul piano Transizione 5.0, la misura con dote iniziale da 6,3 miliardi di euro pensata per accompagnare le imprese nella doppia rivoluzione digitale ed energetica. Dopo mesi di lamentele sulla difficoltà di accesso allo strumento e sul rischio di scarse adesioni, lo strumento è riuscito nel più classico dei colpi di scena: i fondi sono finiti. E subito gli industriali, che fino a ieri lo giudicavano un fallimento, oggi denunciano «forte preoccupazione» e chiedono di «tutelare chi è rimasto in lista d’attesa».
Emmanuel Macron (Ansa)
L’intesa risponderebbe al bisogno europeo di terre rare sottraendoci dal giogo cinese.
Il tema è come rendere l’Ue un moltiplicatore di vantaggi per le nazioni partecipanti. Mettendo a lato la priorità della sicurezza, la seconda urgenza è spingere l’Ue a siglare accordi commerciali nel mondo come leva per l’export delle sue nazioni, in particolare per quelle che non riescono a ridurre la dipendenza dall’export stesso aumentando i consumi interni e con il problema di ridurre i costi di importazione di minerali critici, in particolare Italia e Germania. Tra i tanti negoziati in corso tra Ue e diverse nazioni del globo, quello con il Mercosur (Brasile, Argentina, Paraguay ed Uruguay) è tra i più maturi (dopo 20 anni circa di trattative) e ha raggiunto una bozza abbastanza strutturata.
Automobili Byd (Ansa)
La società cinese ha selezionato 85 ditte dell’indotto automobilistico mollate dall’ex Fiat. Rendere profittevole l’elettrico anche qui, quindi, è possibile... per chi sa e vuole farlo.
Byd si sta prendendo tutti i fornitori italiani che Stellantis ha lasciato a piedi. Verrebbe da pensare, allora, che il modo per rendere profittevole l’auto elettrica in Italia esiste e forse il gruppo guidato dall’ad Antonio Filosa non ha saputo coglierne le opportunità.






