2022-08-12
Da oggi su Sky la serie thriller «Progetto Lazarus»
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È il tempo che si dilata e distende, in una circolarità modificabile. Ed è l’assillo morale dell’essere umano, il suo scetticismo nei confronti di poteri che dovrebbero appartenere a Dio a plasmare la trama di Progetto Lazarus, su Sky da venerdì 12 agosto.La serie televisiva, otto puntate con protagonista Paapa Essiedu, è la storia di quel che accade ad un uomo, George, quando questi scopre - suo malgrado - di possedere abilità straordinarie, la capacità di leggere il futuro e di viaggiare indietro nel tempo, perché ciò che ancora non è accaduto possa evitare di accadere. George, l’era post-Covid e una fidanzata, Sarah, stesa al suo fianco, se ne accorge una mattina. È una visione, la sensazione opprimente di un déjà-vu. Quel risveglio, quelle frasi, quelle prime ore del giorno, le ha già vissute. Ma c’è altro a tormentarlo, la certezza di vedere davanti a sé scorci di un futuro semi-apocalittico. Un incidente potrebbe decretare la fine della razza umana, già provata da un virus, uno nuovo, secondo al Covid-19.«Pazzo», è quel che gli dice Sarah (Charlie Clive), quando George le confessa le proprie angosce. «Uno specialista», è quel che gli consiglia, ignara, lei pure, di quel che le visioni hanno innescato. Non è, infatti, un terapista ad attendere George, ma una donna, Archie (Anjli Mohindra), responsabile di un gruppo noto come «Progetto Lazarus». Il gruppo è esiguo: pochi uomini ottengono di farne parte e di aver accesso con ciò ai segreti del tempo, a nozioni capaci di rivoluzionare ogni legge fisica e, in parte, ogni regola della più recente serialità televisiva.Progetto Lazarus, per il quale una seconda stagione dovrebbe già essere in lavorazione, non prevede quel che tante serie (non ultima, Dark) hanno teorizzato: l’assoluta immodificabilità del tempo, nel quale pur è dato viaggiare. Suggerisce, anzi, il contrario. Il tempo è materia plastica, malleabile, modificabile. Il presente può intervenire sul passato perché il futuro cambi. Possibilità, questa, capace di restituire allo show l’aspetto più interessante. Modificare il corso naturale del tempo per risparmiare alla razza umana flagelli ed estinzione non è cosa gratuita. Comporta uno stress emotivo, dubbi di natura etica e morale. Costringe l’uomo a confrontarsi con se stesso, il particolare di un’individualità che ci è cara parametrato al bene più grande che la collettività rappresenta. George, come i compagni del Progetto, deve rinunciare ad agire come singolo, ad intervenire sul corso degli eventi per risparmiare sofferenza e dolore alle persone a lui vicine. Deve vederle morire, se necessario. Talvolta, deve condannarle. Ed è il rincorrersi delle due dimensioni, il singolo con la sua componente emotiva e la pluralità con fini ben più grandi, a nutrire le atmosfere di Progetto Lazarus, a diversificarlo da quel che si è già visto, a restituirgli un incedere tutto suo e, soprattutto, la possibilità di parlare la lingua propria di due generi: fantascienza e dramma.
Un appuntamento che, nelle parole del governatore, non è solo sportivo ma anche simbolico: «Come Lombardia abbiamo fortemente voluto le Olimpiadi – ha detto – perché rappresentano una vetrina mondiale straordinaria, capace di lasciare al territorio eredità fondamentali in termini di infrastrutture, servizi e impatto culturale».
Fontana ha voluto sottolineare come l’esperienza olimpica incarni a pieno il “modello Lombardia”, fondato sulla collaborazione tra pubblico e privato e sulla capacità di trasformare le idee in progetti concreti. «I Giochi – ha spiegato – sono un esempio di questo modello di sviluppo, che parte dall’ascolto dei territori e si traduce in risultati tangibili, grazie al pragmatismo che da sempre contraddistingue la nostra regione».
Investimenti e connessioni per i territori
Secondo il presidente, l’evento rappresenta un volano per rafforzare processi già in corso: «Le Olimpiadi invernali sono l’occasione per accelerare investimenti che migliorano le connessioni con le aree montane e l’area metropolitana milanese».
Fontana ha ricordato che l’80% delle opere è già avviato, e che Milano-Cortina 2026 «sarà un laboratorio di metodo per programmare, investire e amministrare», con l’obiettivo di «rispondere ai bisogni delle comunità» e garantire «risultati duraturi e non temporanei».
Un’occasione per il turismo e il Made in Italy
Ampio spazio anche al tema dell’attrattività turistica. L’appuntamento olimpico, ha spiegato Fontana, sarà «un’occasione per mostrare al mondo le bellezze della Lombardia». Le stime parlano di 3 milioni di pernottamenti aggiuntivi nei mesi di febbraio e marzo 2026, un incremento del 50% rispetto ai livelli registrati nel biennio 2024-2025. Crescerà anche la quota di turisti stranieri, che dovrebbe passare dal 60 al 75% del totale.
Per il governatore, si tratta di una «straordinaria opportunità per le eccellenze del Made in Italy lombardo, che potranno presentarsi sulla scena internazionale in una vetrina irripetibile».
Una Smart Land per i cittadini
Fontana ha infine richiamato il valore dell’eredità olimpica, destinata a superare l’evento sportivo: «Questo percorso valorizza il dialogo tra istituzioni e la governance condivisa tra pubblico e privato, tra montagna e metropoli. La Lombardia è una Smart Land, capace di unire visione strategica e prossimità alle persone».
E ha concluso con una promessa: «Andiamo avanti nella sfida di progettare, coordinare e realizzare, sempre pensando al bene dei cittadini lombardi».
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Francesco Zambon (Getty Images)
La deposizione in mare della corona nell'esatto luogo della tragedia del 9 novembre 1971 (Esercito Italiano)
Quarantasei giovani parà della «Folgore» inghiottiti dalle acque del mar Tirreno. E con loro sei aviatori della Royal Air Force, altrettanto giovani. La sciagura aerea del 9 novembre 1971 fece così impressione che il Corriere della Sera uscì il giorno successivo con un corsivo di Dino Buzzati. Il grande giornalista e scrittore vergò alcune frasi di estrema efficacia, sconvolto da quello che fino ad oggi risulta essere il più grave incidente aereo per le Forze Armate italiane. Alle sue parole incisive e commosse lasciamo l’introduzione alla storia di una catastrofe di oltre mezzo secolo fa.
(…) Forse perché la Patria è passata di moda, anzi dà quasi fastidio a sentirla nominare e si scrive con la iniziale minuscola? E così dà fastidio la difesa della medesima Patria e tutto ciò che vi appartiene, compresi i ragazzi che indossano l’uniforme militare? (…). Buzzati lamentava la scarsa commozione degli Italiani nei confronti della morte di giovani paracadutisti, paragonandola all’eco che ebbe una tragedia del 1947 avvenuta ad Albenga in cui 43 bambini di una colonia erano morti annegati. Forti le sue parole a chiusura del pezzo: (…) Ora se ne vanno, con i sei compagni stranieri. Guardateli, se ci riuscite. Personalmente mi fanno ancora più pietà dei leggendari piccoli di Albenga. Non si disperano, non singhiozzano, non maledicono. Spalla a spalla si allontanano. Diritti, pallidi sì ma senza un tremito, a testa alta, con quel passo lieve e fermissimo che nei tempi antichi si diceva appartenesse agli eroi e che oggi sembra completamente dimenticato (…)
Non li hanno dimenticati, a oltre mezzo secolo di distanza, gli uomini della Folgore di oggi, che hanno commemorato i caduti di quella che è nota come la «tragedia della Meloria» con una cerimonia che ha coinvolto, oltre alle autorità, anche i parenti delle vittime.
La commemorazione si è conclusa con la deposizione di una corona in mare, nel punto esatto del tragico impatto, effettuata a bordo di un battello in segno di eterno ricordo e di continuità tra passato e presente.
Nelle prime ore del 9 novembre 1971, i parà del 187° Reggimento Folgore si imbarcarono sui Lockheed C-130 della Raf per partecipare ad una missione di addestramento Nato, dove avrebbero dovuto effettuare un «lancio tattico» sulla Sardegna. La tragedia si consumò poco dopo il decollo dall’aeroporto militare di Pisa-San Giusto, da dove in sequenza si stavano alzando 10 velivoli denominati convenzionalmente «Gesso». Fu uno di essi, «Gesso 5» a lanciare l’allarme dopo avere visto una fiammata sulla superficie del mare. L’aereo che lo precedeva, «Gesso 4» non rispose alla chiamata radio poiché istanti prima aveva impattato sulle acque a poca distanza dalle Secche della Meloria, circa 6 km a Nordovest di Livorno. Le operazioni di recupero dei corpi furono difficili e lunghissime, durante le quali vi fu un’altra vittima, un esperto sabotatore subacqueo del «Col Moschin», deceduto durante le operazioni. Le cause della sciagura non furono mai esattamente definite, anche se le indagini furono molto approfondite e una nave pontone di recupero rimase sul posto fino al febbraio del 1972. Si ipotizzò che l’aereo avesse colpito con la coda la superficie del mare per un errore di quota che, per le caratteristiche dell’esercitazione, doveva rimanere inizialmente molto bassa.
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