2025-03-02
Siria, stop ai siti militari palestinesi. Israele preme per far restare i russi
Bibi pronto a difendere Jaramana dal regime di Hts: «Se attaccano i drusi, colpiremo».Alcuni rappresentanti palestinesi in Siria affermano che le nuove autorità del Paese non permettono più alle organizzazioni palestinesi, tra le quali Hamas e la Jihad islamica, di mantenere strutture militari sul suolo siriano. La notizia è stata riportata ieri dal quotidiano qatarino al-Arabi al-Jadeed. Stando al rapporto, tutte le strutture di queste organizzazioni in Siria «devono avere unicamente una funzione civile, ovvero riguardare l’ambito politico, mediatico e sociale a beneficio della comunità palestinese residente nel Paese». È evidente come la nuova leadership siriana abbia recepito le istanze dell’Arabia Saudita e del principe Mohammed bin Salman, nemico giurato dei fondamentalisti. Così ha disposto la chiusura delle sedi di tutte le organizzazioni palestinesi precedentemente sostenute dal governo di Assad, arrivando persino a sequestrarne alcuni edifici principali e i beni. Attualmente le uniche rappresentanze ufficiali palestinesi riconosciute in Siria sono quelle dell’Organizzazione per la liberazione della Palestina e dell’Autorità nazionale palestinese. Sempre a proposito di Damasco, secondo Reuters Israele starebbe esercitando pressioni sugli Stati Uniti affinché la Siria resti fragile e frammentata, pur tollerando la presenza militare russa nel Paese per contrastare l’influenza crescente della Turchia. I rapporti tra Turchia e Israele, già complessi, si sono ulteriormente deteriorati durante il conflitto a Gaza. Funzionari israeliani hanno riferito a Washington che i nuovi leader islamisti siriani, sostenuti da Ankara, costituiscono una minaccia per la sicurezza ai confini di Israele. Nel frattempo, le forze islamiste che hanno spodestato Assad puntano a consolidare il controllo sul territorio frammentato e a persuadere Washington a eliminare le sanzioni. Secondo quanto affermato da tre fonti statunitensi e da un’altra persona a conoscenza dei contatti che hanno parlato a condizione di mantenere l’anonimato, Israele ha espresso le proprie opinioni ad alti funzionari statunitensi durante gli incontri a Washington a febbraio e nei successivi incontri in Israele con i rappresentanti del Congresso. Non è chiaro fino a che punto Donald Trump stia prendendo in considerazione le proposte avanzate da Israele, avendo fornito poche dichiarazioni riguardo alla Siria, alimentando incertezze sia sul destino delle restrizioni economiche sia sulla presenza delle truppe americane stanziate nel nord-est del Paese. Israele ha espresso la sua diffidenza nei confronti di Hayat Tahrir al-Sham (Hts), il gruppo islamista che ha guidato l’offensiva per rovesciare Assad e che, prima di separarsi nel 2016, era affiliato ad al-Qaeda. Il primo ministro israeliano, Benjamin Netanyahu, ha ribadito più volte che Israele non accetterà la presenza di Hts o di altre milizie legate ai nuovi governanti nella regione meridionale della Siria, chiedendo la smilitarizzazione dell’area. Dopo la destituzione di Assad, Israele ha effettuato numerosi raid aerei contro basi militari siriane e ha ridislocato le proprie truppe in una zona demilitarizzata sotto la supervisione dell’Onu all’interno della Siria. Netanyahu e il ministro della Difesa Israel Katz hanno inoltre ordinato all’Idf di «prepararsi a difendere» la città di Jaramana, a maggioranza drusa, alla periferia di Damasco. In una dichiarazione dell’ufficio di Katz viene spiegato che la città è «attualmente sotto attacco da parte delle forze del regime siriano. Non permetteremo al regime islamico in Siria di danneggiare i drusi. Se il regime danneggia i drusi, verrà colpito da noi», ha affermato Katz.