2023-09-20
Per i vescovi pure il Sinodo inquina
Un tragicomico comunicato fa sapere che, per compensare le emissioni prodotte dall’incontro, verranno donate delle stufe da cucina sostenibili in Kenya e Nigeria. La Segreteria del Sinodo dei vescovi sembra a tutti gli effetti che sia diventata una Ong, con tutto il rispetto per le Ong che operano nella legalità. La Segreteria generale del Sinodo, alla vigilia della pubblicazione di una nuova Laudato si’, intende dare un contributo per la salvaguardia del Creato in occasione della XVI assemblea generale ordinaria del Sinodo dei vescovi. Cosa si sono inventati? Hanno calcolato quante emissioni di CO2 produrrà l’evento del Sinodo, poi hanno pensato a modalità per ridurre le emissioni di CO2 durante il Sinodo e poi hanno pensato a come compensare le emissioni di CO2 provocate dal Sinodo a Roma, in due Paesi africani, la Nigeria e il Kenya, così da fare, come si direbbe a scopa, pari e patta. Ci aspettiamo che nei prossimi Sinodi si ragioni di argomenti quali: modalità e ciclo produttivo delle batterie per le auto elettriche in considerazione del mercato mondiale delle medesime, sistemi per i viaggi del Papa all’estero intitolati The Icarus Project (naturalmente evitando di apporre ali di cera al pontefice, ma di materiale che resista al calore del sole, e naturalmente a emissioni zero), abolizione delle panche in chiesa e sostituzione di esse con biciclette sulle quali saranno seduti i fedeli che pedalando produrranno l’energia per riscaldare e illuminare le chiese stesse, et alia, e altre cose del genere. Per fortuna che con un bel simbolo vaticano il comunicato stampa riporta, all’inizio, l’intestazione della carta in latino, cosa che di solito non usano, perché non lo conoscono, le altre associazioni, «Secretaria Generalis Synodi», sennò veramente c’era da pensare che si fossero sbagliati. Del resto, uno dei contributori fondatati, da un punto di vista tecnico, è Lifegate che non è esattamente una comunità di scienziati (sulla quale pure si potrebbe discutere) ma una legittima, ma discutibile dal punto di vista delle «idee», associazione. Per fortuna che il Sinodo non è dotato dell’infallibilità, sennò troveremmo in tutte le chiese un manifesto Lifegate con la possibilità di accendere delle candele. Considerando l’esiguità finale dei risultati di tutto questo ambaradan, poteva essere fatto senza tutta questa ridondanza, ma semplicemente in linea con l’orientamento (teologico) di un papato che ha scelto il problema ambientale e il problema della povertà come temi praticamente esclusivi del messaggio di Francesco. Allora, dove si andranno a compensare le emissioni residue? In Nigeria e in Kenya con l’obiettivo della diffusione di stufe da cucina efficienti e di tecnologie di purificazione dell’acqua destinate a famiglie, comunità e istituzioni. Come dice il comunicato: «Nuove tecnologie ridurranno significativamente il consumo di biomassa non rinnovabile e di combustibili fossili per cucinare e per l’ebollizione dell’acqua»... Certo che è un problema in Nigeria e in Kenya ridurre il consumo di biomassa per cucinare e per l’ebollizione dell’acqua ma, come è noto, lì il problema non è l’inquinamento, ma quello di cosa cucinare e dove trovare l’acqua quindi, semmai, sarebbe più un problema di povertà, sempre seguendo le romane, cattoliche, apostoliche, une direttive del pontefice, ma nella ormai rinomata The Economy of Francesco (www.francescoeconomy.org) - il movimento internazionale di economisti e operatori dell’economia under 35 fondato da Francesco stesso che produce testi e appelli spesso di una banalità sconfortante - ecologia e povertà coincidono. Che in parte è vero ma le cui soluzioni talora sono diverse. Ma lasciamo perdere. Ora, con i problemi che affliggono l’Africa in questo momento, fare un comunicato del Sinodo che riguarda questa operazione minuscola del Sinodo stesso con l’apporto di Lifegate e della Fondazione sos planet ci pare francamente eccessivo, ridondante, autocelebrativo, ampolloso e altisonante. Dimenticavo: pleonastico, il contrario della sobrietà che dovrebbe caratterizzare le opere di «carità» della Chiesa. Mentre mi accingevo a scrivere questo articolo mi è venuto in mente un documento (un motu proprio, cioè un documento del Papa non proposto dalla Curia romana, letteralmente «di propria iniziativa») scritto da Paolo VI il 29 ottobre 1967, dal titolo Africae terrarum, messaggio a tutti i popoli dell’Africa in visione della sua storica visita che si svolse dal 31 luglio al 2 agosto 1969 e che fu la prima visita di un Papa nel continente africano. Leggere quel documento stabilisce la distanza qualitativa, teologica e culturale tra quel papato e i documenti della Chiesa di oggi, meriterebbe ripubblicarlo oggi, con l’Africa in fiamme in molti Paesi, con il problema delle immigrazioni in uno stato disastroso, un documento che sembra scritto ieri perché magari non ha il progettino della cucina e dell’ebollizione dell’acqua, ma affronta su base teologica e umana il problema dei popoli dell’Africa e ispira soluzioni profonde, che toccano i problemi della pòlis, che non entra nello specifico di questioncelle (per la verità un po’ ridicole), ma dà il senso di quello che andrebbe fatto a livello globale. Sono pagine stupende per profondità, preveggenza, profezia e frutto di una riflessione teologica che poggia sul divino e non sull’umano, come spesso oggi avviene. Che gioia rileggere il documento di Paolo VI, che mestizia leggere questo comunicato.