2024-09-07
Sinistra in piena retromarcia su immigrati e disastro green
Olaf Scholz e Keir Starmer (Ansa)
Keir Starmer è al lavoro per un accordo con l’Estonia per «deportare» sul Baltico i detenuti stranieri in eccesso Il governo. Olaf Scholz vuole copiare il piano Rwanda mollato dagli inglesi per allontanare il surplus d’immigrati.Matteo Salvini attacca: «Chiederemo la revoca della messa al bando dei motori termici». Urso: «Parlerò in Ue, piani da rivedere».Lo speciale contiene due articoliA mali estremi, estrema destra. A quanto pare, al netto dell’ironia, questa regola talvolta viene applicata persino dai governi di sinistra, almeno nei casi in cui questi ultimi vengono brutalmente assaliti dalla realtà.Da mesi si polemizza ferocemente in Italia sul piano di trasferimento di una parte di stranieri in apposite strutture situate in Albania. Gli inviati dei talk show snocciolano servizi allarmati sui costi del progetto e fra i progressisti si fa a gara a stracciarsi le vesti per le presunte violazioni dei diritti umani (come se la tratta di migranti che continuiamo ad alimentare non lo fosse, ma vabbè) e, ovviamente, si tirano in ballo il fascismo e nazismo della destra senza cuore. Allo stesso modo si sono levate grida di sconcerto quando, tempo fa, l’esecutivo conservatore britannico ha elaborato un piano per delocalizzare in Rwanda i migranti clandestini che non avevano diritto ad essere accolti in Inghilterra come rifugiati.Lo sdegno esibito sull’argomento e le intemerate della sinistra sono state tante e tali che il nuovo governo laburista ha deciso di sospendere il progetto. Curiosamente, però, l’idea di trasferire e addirittura detenere all’estero persone che non hanno diritto di circolare liberamente non scandalizza troppo quando a proporla sono politici progressisti.Succede, infatti, che il governo laburista britannico si sia reso conto di una emergenza: nelle carceri non ci sono più posti per i detenuti, soprattutto dopo le clamorose operazioni di polizia contro i manifestanti delle scorse settimane, repulisti che hanno condotto in carcere anche qualche poveraccio colpevole di aver postato commenti sulla Rete.Come affrontare, dunque, il sovraffollamento? Secondo i media del Regno Unito, i laburisti non escludono la possibilità di trasferire i detenuti in eccesso Estonia «Sin dal suo insediamento, Shabana Mahmood, ministro della Giustizia, ha lanciato l’allarme: il sovraffollamento potrebbe portare a un crollo della legge e dell’ordine se non si interviene per alleviare la pressione sul sistema», riporta Sky. Ecco allora la geniale trovata: invece di mandare i migranti in Rwanda, spediamo i detenuti nei Paesi baltici.Sempre Sky fa sapere che «il ministro dell’Interno, Dame Angela Eagle, non ha rigettato la proposta, affermando che il nuovo governo laburista ha “ereditato una crisi assoluta nel nostro sistema carcerario, con pochissimi posti rimasti. Penso che i colleghi del ministero della Giustizia prenderanno in considerazione qualsiasi cosa per alleviare il problema. Quello che non possiamo permettere è che le persone condannate per crimini violenti o gravi non possano stare in prigione”».Ma come? E i diritti umani? E l’orrore per le «esportazioni»? Tutto dimenticato di fronte alla dura realtà del collasso carcerario. I problemi sociali derivanti dalla migrazione di massa sono poi così diversi? A ben vedere no, ma infierire sui detenuti si può, mentre spostare i migranti - santini progressisti - è vietato.Fermi, però, perché c’è persino di meglio. Nel governo tedesco (anch’esso di sinistra) c’è qualcuno che pensa di sfruttare il progetto inglese di trasferimento in Rwanda abbandonato dai laburisti. Joachim Stamp, del Partito liberale democratico, membro della attuale coalizione di governo, ha proposto che la Germania si rivolga allo Stato africano per sistemare i suoi migranti in eccesso, servendosi delle strutture che avrebbero dovuto ospitare gli stranieri provenienti dal Regno Unito.Come racconta la Bbc, intervenendo giovedì al Table briefings podcast, «Stamp ha suggerito che un programma di espulsione dal Rwanda potrebbe essere mirato alle persone che attraversano i confini orientali dell’Ue e supervisionato dall’Agenzia delle Nazioni Unite per i rifugiati, l’Unhcr. “Al momento non abbiamo alcun Paese terzo che si sia fatto avanti, ad eccezione del Rwanda”, ha aggiunto Stamp».La proposta ha suscitato l’amara ironia del ministro ombra degli Interni, il conservatore James Cleverly: «La prima mossa del partito laburista al governo è stata quella di eliminare il piano per il Rwanda», ha detto. «Ora la Germania vuole utilizzare le strutture che abbiamo costruito. Gli unici che traggono vantaggio dalle politiche sconsiderate del partito laburista in materia di immigrazione sono i trafficanti di esseri umani e l’Ue».A metterci una pezza ha provato l’ambasciatore tedesco nel Regno Unito, Miguel Berger: «Sia chiaro che non esiste alcun piano del governo tedesco di deportare i richiedenti asilo in Rwanda», ha dichiarato. «La discussione riguarda l’elaborazione delle domande di asilo nei Paesi terzi nel rispetto del diritto internazionale umanitario e con il sostegno delle Nazioni Unite». A dirla tutta, l’idea di Stamp sembrava un pochino diversa e leggermente più ruvida. In ogni caso, anche la proposta di svolgere la selezione dei migranti nei cosiddetti Paesi terzi può essere considerata «di destra». E, infatti, viene quasi sempre respinta dai movimenti progressisti. In questa circostanza, però, torna buona, se non altro per sviare l’attenzione dalla possibile nuova applicazione del «piano Rwanda». Del resto funziona sempre così: le soluzioni ai problemi sono sempre disumane, rabbiose e inaccettabili solo fino a quando non è la sinistra a proporle.<div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/sinistra-in-piena-retromarcia-su-immigrati-e-disastro-green-2669143079.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="non-solo-elettrico-alleati-dei-socialisti-e-pure-assolombarda-si-svegliano-sul-green" data-post-id="2669143079" data-published-at="1725667671" data-use-pagination="False"> «Non solo elettrico». Alleati dei socialisti e pure Assolombarda si svegliano sul green Dopo i liberali tedeschi, sono in molti a risvegliarsi ritenendo che l’adozione dei motori elettrici in Europa su larga scala vada ritardata. Ieri a storcere il naso, tra i tanti, è stato Il vicepremier e ministro dei Trasporti, Matteo Salvini. Il numero della Lega ha reso noto che chiederà di eliminare il bando dei motori termici previsto dall’Unione europea entro il 2035. «La Lega è pronta a chiedere la revoca del bando dei motori benzina e diesel», ha detto Salvini. «Come partito vogliamo presentare un documento per impegnare Parlamento e governo italiano e analoga iniziativa sarà fatta in Europa per impegnare la Commissione Ue. Lo stop alla produzione sta già creando gravissimi danni all’economia europea senza alcuna certezza di ottenere miglioramenti significativi dal punto di vista ambientale. «Non a caso», ha concluso, «la revoca del bando è tema di dibattito anche in Germania», Paese in cui le immatricolazioni delle auto elettriche sono in caduta libera (quasi -37%) e dove il governo federale valuta nuovi incentivi fiscali. In effetti, in Germania, nazione dove le quattro ruote rappresentano una fetta importante dell’economia, il gruppo parlamentare del Partito liberale (Fdp) ha chiesto al governo di raffreddare gli animi dell’ideologia verde. L’iniziativa non è di poco conto se si pensa che i liberali si trovano alleati, al governo, con i socialisti e possono fare affidamento su un personaggio di spicco come il ministro delle Finanze, Christian Lindner. «Il gruppo parlamentare di Fdp», aveva scritto nei giorni scorsi il quotidiano Handelsblatt, «chiedono alla colazione semaforo che guida il Paese» di intervenire per alleviare le sofferenze su cittadini e imprese compresa «l’abolizione del divieto Ue sui motori a combustione». Non solo, a risvegliarsi dall’ideologia del «tutto elettrico» c’è anche Assolombarda. Ieri il presidente dell’associazione, Alessandro Spada, a margine dell’incontro con gli europarlamentari lombardi che si è tenuto nella sede milanese di via Pantano, parlando del futuro dell’automotive ha detto che «quello che dobbiamo cercare di fare è abbracciare tutte le tecnologie e non fare delle scelte perché le scelte sono sempre rischiose. Veniamo da una scelta sul gas legata al gasdotto russo, abbiamo visto cosa abbiamo dovuto pagare. Non dimentichiamoci che nei periodi peggiori di crisi tra Russia e Ucraina abbiamo pagato sette volte il prezzo del gas rispetto a Usa e Cina». D’altronde, la libidine per le auto a batteria sta calando di mese in mese in Europa a causa degli oggettivi problemi che queste ultime offrono quotidianamente agli automobilisti. Dai prezzi elevati all’acquisto (anche con gli incentivi) ai problemi di autonomia fino alle tempistiche per la ricarica che, almeno un tempo, era molto più economica di benzina e diesel (ora nemmeno più quello). Così a luglio le elettriche hanno rappresentato solo il 13,6% delle vendite totali in Europa, con livelli in calo rispetto al 14,5% dello stesso mese del 2023 e nonostante vi sia stato un aumento delle vendite di veicoli elettrici in Paesi come Francia e Regno Unito, aumenti che però non sono riusciti a compensare l’importante diminuzione del 37% registrata in Germania. Per evitare che in Italia arrivi lo stesso tonfo che hanno visto a Berlino, il ministro alle Imprese e al made in Italy, Adolfo Urso, a Palermo, ha fatto sapere che «a Cernobbio anticiperò alcune cose che dirò a Bruxelles il 25 e 26 durante il primo Consiglio di competitività di questo nuovo percorso europeo, in merito al Green deal, al percorso, ai tempi e alle modalità che stanno facendo andare in crisi le industrie europee. Quello che sta succedendo in Germania nel settore automobilistico fa emergere quanto sia importante e necessario rivederne obiettivi, tempi e modalità perché, altrimenti, l’industria e il lavoro europei non arriveranno vivi alla meta. Proporrò la questione al primo Consiglio il 26 settembre, a Bruxelles, non limitandomi a denunciare la situazione ma indicando una soluzione». Il punto è che l’ideologia dell’elettrico come panacea a tutti i mali, mal si unisce alle opinioni della clientela europea che sta facendo marcia indietro sui motori elettrici spingendo i produttori a cambiare i propri piani. Così, già gruppi come Ford e la nordeuropea (e mezza cinese perché parte del gruppo Geely) Volvo hanno ridotto le loro previsioni sulla conversione della loro offerta verso una propulsione esclusivamente a batteria. Ora, infatti, l’idea è quella di offrire modelli elettrici ma senza escludere la vendita di prodotti ibridi, quindi che sfruttano anche la cara e vecchia propulsione termica (benzina e diesel per intenderci). D’altronde ha fatto scuola il caso di Stellantis che aveva pensato di offrire la nuova Fiat 500 solo in versione elettrica per poi proporne anche una versione ibrida. Analoga posizione in Volkswagen: gruppo che sta valutando la chiusura di uno stabilimento Audi vicino a Bruxelles dedicato solo ai veicoli elettrici. Lo stesso vale per Mercedes, secondo cui il passaggio all’elettrico richiederà più tempo del previsto.
Edoardo Raspelli (Getty Images)
Nel riquadro: Mauro Micillo, responsabile Divisione IMI Corporate & Investment Banking di Intesa Sanpaolo (Getty Images)
L'ex procuratore di Pavia Mario Venditti (Ansa)