2025-01-16
Un’agitatrice culturale oltre la macchietta: chi era davvero Margherita Sarfatti
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Margherita Sarfatti e la copertina del libro di Claudio Siniscalchi (Getty Images)
L’intellettuale di origine ebraica, consigliera (e amante) di Mussolini, viene ritratta oggi come una specie di ninfomane senza spessore. La sua vera storia, tuttavia, è ben diversa.Nel processo di macchiettizzazione del fascismo che è attualmente in corso, grazie soprattutto alla serie M, il figlio del secolo, una delle vittime collaterali è sicuramente Margherita Sarfatti, la collaboratrice (e amante) di Benito Mussolini che, nella serie di Sky, appare come poco più che una ninfomane. Eppure parliamo di una delle più acute agitatrici culturali della prima metà del Novecento. Ma, ovviamente, «cultura» e «fascismo» non possono stare nella stessa frase, in questo processo di banalizzazione storica che cancella quanto faticosamente fatto da Renzo De Felice. Figuriamoci, poi, se si può valorizzare una intellettuale che, oltre a essere fascista, era pure ebrea, e che in quanto tale va a toccare un altro tabù.Per rimediare, si può sempre leggere l’agile e documentata biografia di Claudio Siniscalchi, intitolata Novecento. Fascismo, America e arte in Margherita Sarfatti (ed. Altaforte, prefazione di Francesco Borgonovo). L’autore spiega bene quanta difficoltà ha fatto, in realtà, la Sarfatti per essere compresa dagli storici. «Margherita Grassini Sarfatti per un largo tratto di tempo è rimasta un oggetto misterioso nella storia del ventennio fascista. Quando veniva ricordata, lo era solo in quanto amante di Mussolini […]. Il fatto che fosse un’intellettuale, e che avesse avuto una concreta influenza sulla formazione ideologica e politica di Mussolini - del Mussolini socialista rivoluzionario convertitosi all'interventismo e, successivamente, al fascismo - non trovava riscontro neppure negli studi più originali degli anni 70 del Novecento. Non la citava Emilio Gentile nell’importantissimo saggio del 1975 relativo all'ideologia fascista. Non la citava A. James Gregor nella ricostruzione del giovane Mussolini socialista. Non la citava neppure Gabriele Turi, impegnato nell'innovativo tentativo di scandagliare la questione del consenso al fascismo da parte degli intellettuali. Poi, a partire dal 1990, l'orientamento è mutato». Ma anche con la nuova ondata di biografie dedicate alla Sarfatti, alcuni stereotipi si sono dimostrati duri a morire.Ma chi era, innanzitutto, Margherita Sarfatti? Nata a Venezia l'8 aprile 1880 da Amedeo Grassini e Emma Levi, era la quarta figlia di una ricca famiglia ebraica. Cresciuta in un ambiente culturalmente stimolante, nel 1899 aveva sposato l'avvocato Cesare Sarfatti, militante socialista che in quegli anni stava ricostituendo la sezione veneziana del partito. Nello stesso periodo aveva iniziato a muovere i primi passi da giornalista sui fogli socialisti. Trasferitisi a Milano, i coniugi Sarfatti collaborarono con Turati e i socialisti meneghini, entrando anche nel giro dell’Avanti!. Agli interessi per il socialismo, tuttavia, Margherita univa l’attrazione per le correnti culturali più modernizzatrici, come il futurismo, il vocianesimo e il neoidealismo. Naturale fu quindi l’incontro con Benito Mussolini, allora astro nascente del mondo socialista.Al ruspante attivista che viene dalla provincia, che parla in dialetto, che ha già assaggiato il carcere e l’emigrazione, che ha fatto la fame vera e che si muove nella Milano cosmopolita come un animale da preda, la Sarfatti apporta un tocco di mondanità indispensabile per il grande salto verso il mondo che conta. Ma non è solo questione di buone maniere. La donna è immersa in tutte le correnti intellettuali e artistiche in quel momento di moda. Per Mussolini è una intermediaria fondamentale con il dibattito culturale. Nel 1918, la Sarfatti perde in guerra il figlio diciottenne Roberto, partito volontario fra gli arditi. Dopo il conflitto, segue Mussolini nell’abbandono del Partito socialista e nella fondazione del Popolo d’Italia. Nel 1924 le muore il marito. Arriva anche a essere la biografia ufficiale di Mussolini, con l’acclamatissimo Dux. Poi, nella seconda metà degli anni Trenta, il distacco dal fascismo, che precede ma in qualche modo fiuta le leggi razziali, e la «scoperta dell’America». Morirà nel 1961, a 81 anni.Contraddittoria e controversa finché si vuole, la Sarfatti è stata comunque una grande svecchiatrice della cultura, in una fase in cui l’Italia, marginale finché si vuole, era comunque assetata di modernità, curiosa del mondo, vogliosa di andare avanti. Che queste caratteristiche l’abbiano portata a scommettere politicamente, culturalmente e sentimentalmente su Mussolini può apparire assurdo a chi, oggi, si faccia una cultura storica su una serie tv in cui il capo del fascismo sembra il Pinguino di Batman. Ma, tra la storia e la macchietta, è sempre la storia che, alla lunga, riesce a spuntarla.