2018-07-14
Sindaco si oppone al centro profughi e lo ricattano: «Ci sono tue foto osé»
Lorenzo Marcovecchio, primo cittadino di un piccolo centro molisano, impone un limite all'accoglienza degli stranieri e blocca il business. A quel punto, qualcuno inventa una sua relazione extraconiugale: aperta un'inchiesta.Il sindaco vara il provvedimento antiprofughi e gli imprenditori del business dell'accoglienza cercano di ricattarlo, montando ad arte le prove di una tresca tra lui (sposato e con moglie in dolce attesa) e una collaboratrice.Succede ad Agnone, in provincia di Isernia, il sindaco è Lorenzo Marcovecchio, eletto primo cittadino nel 2016. Marcovecchio ha messo mano alla questione richiedenti asilo che, nel piccolo paesino del Molise, stava diventando una vera e propria emergenza. Poco più di 5.000 abitanti sulla carta, in realtà Agnone conta appena 2.000 residenti a cui vanno aggiunti - dal 2014 - oltre 150 richiedenti asilo che, con un sostanzioso turnover, di volta in volta occupano le camere di un hotel dismesso nel centro del paesino. Quattro anni fa l'albergo venne preso in affitto da una società, fondata ad hoc da un imprenditore originario di Napoli che decise di trasferire in Molise la sua attività umanitaria. A furia di partecipare a gare e aggiudicarsi bandi, la società arrivò a gestire oltre 170 ospiti, incassando per ognuno 30 euro al giorno: in totale quasi 2 milioni di euro all'anno.Origina tutto da questo giro d'affari perché, a quanto pare, la vicenda dei profughi starebbe alla base del ricatto a luci rosse che il sindaco ha subìto.Questo è quanto ricostruito dall'avvocato, Gianfederico Cecanese, che ha assistito Marcovecchio nel presentare formale denuncia, cui è seguita l'apertura di un fascicolo da parte della Procura di Isernia. A quanto risulta, poi, esisterebbe anche una seconda inchiesta sullo stesso tema, dopo la presentazione di un'altra denuncia da parte della collaboratrice del sindaco coinvolta nel magheggio, l'avvocato Lidia Di Ciocco.Secondo la memoria presentata da Cecanese in tribunale, tutto comincia quando Marcovecchio decide di applicare la clausola di salvaguardia per il municipio di Agnone, aderendo allo Sprar (Sistema di accoglienza dei richiedenti asilo e rifugiati) che prevede che ogni comune ospiti direttamente un numero determinato di profughi e, raggiunto quello, non possa essere oggetto di ulteriori invasioni. Per questa sua politica, il primo cittadino diviene oggetto di ritorsioni personali.Non senza ostacoli, in effetti, lo scorso ottobre il sindaco ottiene dalla Prefettura di Isernia lo spostamento dei richiedenti asilo dall'hotel: in poche settimane i proficui 132 ospiti (tanti ce n'erano in quel periodo), si riducono ad appena 16 elementi. Da quel momento non passa nemmeno un mese che, secondo le denunce presentate, prende il via nei confronti del sindaco una campagna social, tesa a far credere che Marcovecchio abbia intrecciato una relazione sentimentale con la dottoressa Di Ciocco.E da dove sarebbero partite le illazioni, con tanto di ricostruzioni fasulle di conversazioni tra i due e ipotetici fotomontaggi? Proprio dall'indirizzo ip (la traccia informatica propria di ogni singolo computer, ndr) dell'hotel in cui i profughi, fino a qualche tempo prima, erano ospitati. Le millanterie venivano sparate in rete da un profilo Facebook fasullo creato - sempre secondo le accuse - da una persona molto vicina ai gestori del centro.Questa sarebbe la prova, secondo Ceccanese «molto semplice da verificare», di una vendetta nata dopo che il primo cittadino aveva adottato il provvedimento che, di fatto, aveva ridotto la possibilità di accogliere migranti sul territorio comunale, causando in chi beneficiava della situazione una minor possibilità di guadagno.Nello specifico, lo scorso dicembre su Facebook apparve un profilo che si aggiudicò una serie di amicizie virtuali e diffuse un post diffamatorio, che insinuava la relazione sentimentale sotto il tetto del municipio. Qualche giorno dopo, nello studio legale del sindaco vennero recapitate le prove di quello che stava accadendo alle sue spalle, con tanto di nomi e cognomi di chi stava tramando. L'aiuto di una mano amica, oppure un modo per fargli intendere come uscire (se avesse voluto) dalla spiacevole situazione? Come riportato nella memoria depositata dal legale di Marcovecchio, una lettera anonima riportava una lunga serie di conversazioni chat tra persone direttamente interessate dal business profughi, che lasciavano intendere la costruzione di prove sulla presunta tresca sentimentale e l'intenzione palese di rovinare il sindaco. «Noi siamo una società», «deve capire che qui comandiamo noi», si legge nelle conversazioni attribuite ai ricattatori, riportate e depositate agli atti. Frasi che lascerebbero trapelare il loro potere e le loro cattive intenzioni. Secondo Ceccanese dalla vicenda emerge «uno spaccato drammatico del Comune di Agnone, assoggettato all'egemonia di pochi». E, a quanto pare, con le mani in pasta nel business più redditizio del momento.
L'ex amministratore delegato di Mediobanca Alberto Nagel (Imagoeconomica)
Giorgia Meloni ad Ancona per la campagna di Acquaroli (Ansa)
«Nessuno in Italia è oggetto di un discorso di odio come la sottoscritta e difficilmente mi posso odiare da sola. L'ultimo è un consigliere comunale di Genova, credo del Pd, che ha detto alla capogruppo di Fdi «Vi abbiamo appeso a testa in giù già una volta». «Calmiamoci, riportiamo il dibattito dove deve stare». Lo ha detto la premier Giorgia Meloni nel comizio di chiusura della campagna elettorale di Francesco Acquaroli ad Ancona. «C'é un business dell'odio» ha affermato Giorgia Meloni. «Riportiamo il dibattito dove deve stare. Per alcuni è difficile, perché non sanno che dire». «Alcuni lo fanno per strategia politica perché sono senza argomenti, altri per tornaconto personale perché c'e' un business dell'odio. Le lezioni di morale da questi qua non me le faccio fare».
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