2022-05-25
Siluro di Medvedev a Di Maio: «Il suo piano? Un flusso di coscienza da grafomani»
L’ex presidente russo usa parole durissime per il memorandum della Farnesina, anche se il Cremlino smorza i toni. Il nostro ministro: «Sarà una guerra lunga».Il piano italiano per la pace? Secondo il vicepresidente del Consiglio di sicurezza ed ex presidente della Russia Dmitrij Medvedev «è un puro flusso di coscienza slegato dalla realtà e i suoi autori sembrano essersi basati su giornali provinciali e menzogne ucraine». L’ex presidente russo sul suo canale Telegram ha sottolineato che «l’idea di una completa autonomia della Crimea come parte dell’Ucraina sarebbe causa di una guerra a pieno titolo». Per Medvedev la strada che porterebbe alla pace è quella «che si trova solo nelle bozze di accordo proposte dalla Russia. L’Occidente ha abbracciato il desiderio di creare “piani di pace” che dovrebbero portare a una soluzione della crisi in Ucraina. E andrebbe bene se si trattasse di preparare opzioni che almeno in qualche modo tengano conto della realtà. Invece no, questo è solo un puro flusso di coscienza dei grafomani europei». Dmitrij Medvedev tra i più stretti e fedeli collaboratori di Vladimir Putin che da quando è iniziata l’invasione russa ha abbandonato i toni concilianti, ha sferzato gli autori del piano italiano: «Si ha la sensazione che sia stato preparato non da diplomatici, ma da scienziati politici locali che hanno letto molti giornali provinciali e operano solo con falsi ucraini». La secca bocciatura di Medvedev non è stata confermata dal Cremlino che attraverso il portavoce Dmitri Peskov si è limitato a dire: «Noi non lo abbiamo ancora visto, speriamo che attraverso i canali diplomatici venga portato alla nostra attenzione e saremo in grado di esaminarlo». Per il segretario del Partito democratico Enrico Letta è «un po’ una doccia gelata quella di Medvedev, ma penso che l’Italia abbia fatto una operazione importante: pur sostenendo la resistenza ucraina nello sforzo di bloccare l’invasione, l’Italia è in prima fila anche nello sforzo diplomatico. È un messaggio molto forte che il nostro Paese ha mandato». Ma allora a chi piace il piano di pace proposto dal ministro degli Esteri Luigi Di Maio al segretario generale dell’Onu Antonio Guterres che si declina in quattro capisaldi (cessate il fuoco immediato; smilitarizzazione del fronte, neutralità dell’Ucraina con garanzie di sicurezza; colloqui per risolvere la questione dello status di Crimea e Donbass; un nuovo patto di sicurezza europea e internazionale)? Il presidente ucraino Volodymyr Zelensky lo scorso 23 maggio aveva così commentato l’iniziativa di Roma: «Qualsiasi tentativo internazionale di riportare la pace sul territorio ucraino e in Europa è benvenuto». Qualche ora dopo a smorzare gli entusiasmi ci aveva pensato il portavoce del ministro degli Esteri di Kiev Oleg Nikolenko precisando: «Allo stesso tempo ogni decisione politica deve partire dal rispetto della sovranità e dell’integrità territoriale dell’Ucraina nei suoi confini così come sono riconosciuti dalla comunità internazionale». Il riferimento non troppo velato è al terzo dei quattro capisaldi del piano italiano, ovvero quello che parla di «colloqui per risolvere la questione dello status di Crimea e Donbass». A Washington D.C. e a Bruxelles il piano non è mai stato preso in seria considerazione in quanto si ritiene che si tratti una sorta di «esercizio alibi», ovvero di un documento che serve solo a superare le profonde divisioni nella maggioranza di governo in merito alla questione dell’invio delle armi all’esercito ucraino. Il ministro degli Esteri Luigi Di Maio ad un evento dell’associazione Alis, non ha commentato le reazioni russe e si è limitato a un lapidario: «Oggi non ci sono le condizioni per la pace, abbiamo di fronte una guerra lunga e logorante».Ieri è tornato a parlare anche il ministro degli Esteri russo Sergej Lavrov che ha ribadito come Mosca guardi sempre di più a Pechino: «La Cina e la Russia continueranno a impegnarsi nella promozione di un mondo multipolare e nella democratizzazione delle relazioni internazionali, sostenendo il vero multilateralismo e opponendosi all’egemonia e al blocco del confronto nelle relazioni internazionali». Parole che sono piaciute - e molto - ai cinesi, che attraverso il portavoce del ministero degli Esteri Wang Wenbin hanno dichiarato: «Apprezziamo molto la dichiarazione del ministro degli Esteri russo. Come ha sottolineato, le relazioni sino-russe hanno resistito alle nuove prove del volubile ambiente internazionale e hanno sempre mantenuto la giusta direzione del progresso». Belle parole che però non devono illudere troppo sullo stato d’animo di Mosca che si aspettava maggior coinvolgimento e aiuti economici e militari da Pechino. Secondo il il professor Antonio Selvatici, tra i massimi conoscitori delle dinamiche cinesi, «i russi sanno benissimo che la Cina adesso è di nuovo in difficoltà con il Covid e che l’economia cinese sta soffrendo molto per questo. E poi non dimentichiamoci che comunque lo scopo di Pechino è quello di vendere, esportare merci, quindi qualsiasi tipo di attività bellica disturba la vendita delle loro merci sul mercato globale. Questa guerra è un elemento di disturbo per Pechino». Tutto vero anche se le provocazioni sino-russe hanno toccato proprio ieri il livello di guardia. Non certo a caso mentre Joe Biden incontrava a Tokio i leader del Quad (Giappone, India e Australia) quattro aerei di Russia e Cina, con capacità nucleare, hanno volato per 13 ore sul Mar del Giappone e il Mar cinese orientale. Gli aerei non hanno violato lo spazio aereo giapponese tuttavia, secondo le autorita militari di Tokio, questa sarebbe la quarta volta dal novembre scorso, che questo genere di esercitazioni congiunte si verificano nell’area.
Giancarlo Giorgetti (imagoeconomica)