2021-10-04
Silenzio elettorale a sinistra: loro bastonano, gli altri zitti
Concita De Gregorio (Ansa)
A ridosso del voto, Carroccio massacrato in tv per il caso Morisi. Si distingue Concita De Gregorio, secondo cui «i brigatisti sparando a bersagli innocenti almeno rischiavano la vita». Mazzate anche su Fratelli d'Italia.Il silenzio elettorale, ossia il divieto di fare propaganda politica nelle piazze e in tv nel giorno precedente il voto e a seggi aperti, serve per consentire agli italiani di riflettere con tranquillità sulle promesse dei candidati e sulla scelta da fare una volta in cabina. In realtà, lo stop introdotto nel 1952 e ribadito da un'apposita legge del 1975, si è trasformato nei giorni scorsi in un sistema per bastonare l'avversario senza concedere a questo alcun diritto di replica. Lo ha detto bene la leader di Fratelli d'Italia in un messaggio postato via Facebook, in cui accusa la sinistra e gran parte dei media di aver orchestrato un'aggressione contro il suo partito a ridosso della chiusura della campagna elettorale, rilanciando in tv accuse tutte da dimostrare, a cui né lei né altri di Fdi hanno avuto la possibilità di ribattere, in quanto «imbavagliati» dal silenzio che precede il voto. Una Giorgia Meloni indignata, perché nei tg e nei programmi di informazione da due giorni si discute della lobby nera dentro il suo partito, ma soprattutto dei finanziamenti illeciti, nonostante al momento non ci sia l'ombra di un euro intascato da qualcuno di Fratelli d'Italia ma solo le dichiarazioni di un discusso personaggio della destra milanese raccolte da un giornalista «sotto copertura». In alcuni Paesi ci sono poliziotti che si fingono criminali per infiltrarsi nelle gang e scoprire traffici di droga o di esseri umani. Di cronisti che si spacciano per banditi e che addirittura si trasformano in agenti provocatori, proponendo tangenti, e quindi reati, per adescare possibili corrotti finora non si aveva notizia. A me anni fa rimproverarono di aver riportato su un giornale una conversazione cui avevo assistito e in cui i protagonisti ben sapevano di avere di fronte il direttore di un giornale. «Non si origlia nei salotti», mi spiegarono alcuni autorevoli colleghi: «Se si ascoltano certe parole in una serata conviviale bisogna chiedere l'autorizzazione prima di pubblicarle». Ma all'epoca il sottoscritto non era andato a proporre soldi in nero e nemmeno a cercare di corrompere qualcuno, perché quello è un incitamento a commettere un reato. Avevo semplicemente raccontato un fatto raccolto che una fonte autorevole si era lasciata sfuggire.A prescindere da ciò, tuttavia resta il fatto che le parole di un personaggio ai margini della scena politica sono state rilanciate a reti unificate come oro colato, senza consentire agli accusati di difendersi a causa del silenzio elettorale. Facile scagliare accuse, negando il diritto di replica.Ma il metodo di bastonare gli avversari quando non possono reagire non ha riguardato solo Fratelli d'Italia, bensì anche la Lega. Da giorni si discute in tv del caso Morisi, ossia del festino a base di sesso e droga di cui è stato protagonista, insieme a due prostituti romeni, l'ex capo della macchina da guerra social del partito di Matteo Salvini. Al momento ancora non si sa se Luca Morisi sia la vittima o il carnefice, cioè se sia stato accusato perché si è rifiutato di pagare e di sottostare a un ricatto o se sia accusato per aver fornito la droga ai due escort. Ma a prescindere dalle responsabilità, che dovranno essere accertate dalla magistratura, il caso è stato una formidabile occasione per bastonare la Lega in occasione della campagna elettorale. Un esempio lo ha fornito sabato sera La 7, ovviamente nella giornata del silenzio prima del voto. Nel programma serale condotto da Concita De Gregorio e da David Parenzo si è potuto assistere ad un dibattito surreale tra i due conduttori, la giornalista Marianna Aprile e il filosofo Umberto Galimberti. Argomento: Luca Morisi, di cui non si sono discusse le responsabilità per il festino gay, ma il fatto che sia stato l'artefice delle campagne mediatiche di Salvini ritenute aggressive. Il parallelo lo ha introdotto il professore, già noto per i suoi paradossi e soprattutto per infelici ripubblicazioni. Dopo avero spiegato che il successo della Lega è motivato dall'ignoranza diffusa, ha spiegato che secondo lui i terroristi degli anni Settanta erano meglio di Morisi e Salvini, perché «almeno loro avevano un'ideologia alle spalle. Non dico che avessero un supporto di pensiero, ma almeno qualche cosa che gli somigliava. Questi invece niente». Perché? Ma perché a differenza dei leoni da tastiera, ha spiegato Concita De Gregorio, i brigatisti, sparando a dei bersagli innocenti, almeno rischiavano la vita. «È come una battaglia dove i corpi si fronteggiano». Certo, uno era armato e l'altro era disarmato e veniva ammazzato, ma secondo l'ex direttrice dell'Unità, era più nobile di un giudizio aggressivo via web. «È questo ciò che mi preoccupa ancora di più», ha rincarato la Aprile, perché quelli che volevano fare la rivoluzione assassinando uomini delle forze dell'ordine, giornalisti e giudici lo hanno fatto in un tempo e un luogo definito, con degli autori che venivano rintracciati, cioè tutto era incapsulato, mentre ora non si riesce a incapsulare, perché l'odio è sempre più pervasivo. Sì, insomma, conclude Parenzo: c'è una società più violenta. E così, in quattro e quattr'otto, senza alcun contraddittorio, la sentenza è pronunciata. I leghisti sono peggio dei terroristi. Il tutto nella giornata del silenzio elettorale. E poi dicono che la campagna è violenta per colpa della destra. La campagna è violenta perché c'è qualcuno che non la finisce mai e usa ogni mezzo, anche quelli più stupidi, per battere l'avversario.
Giancarlo Giorgetti (imagoeconomica)