2025-10-08
A Sigonella l’ultimo sussulto di patriottismo
Betttino Craxi (Imagoeconomica)
Quarant’anni fa il nostro Paese tenne testa alla superpotenza americana che comandava in Occidente. Fu, finora, l’unica volta in cui venne riaffermata la dignità e l’indipendenza sovrana dell’Italia. Non con le urla in piazza ma con i fatti e schierando soldati. Quarant’anni fa, proprio in questi giorni d’ottobre, l’Italia ebbe un sussulto di dignità e di sovranità nazionale che fu forse l’unico nella storia della nostra Repubblica; certamente l’ultimo che abbia coinvolto un governo e le forze armate insieme. Val la pena di raccontarlo, anche perché pure allora c’era di mezzo il Medio Oriente, i palestinesi, Israele e gli Stati Uniti. Se dico Sigonella, molti italiani ricorderanno poco e pochi italiani ricorderanno vagamente cosa successe. Poi qualcuno disse che fu un episodio gonfiato dalla retorica postuma, distorto o, addirittura, frutto casuale di un malinteso. Si sono fatti pure docufilm sulla notte di Sigonella.Anche allora tutto cominciò il 7 ottobre, quando un commando di palestinesi sequestrò, in acque egiziane, la nave da crociera italiana Achille Lauro e quel nome non era più quello famoso del mitico armatore, il comandante Lauro di Napoli, morto tre anni prima; e non era ancora il nome d’arte di un cantante oggi famoso. Oggi se dici Achille Lauro pensano a lui, non a don Achille e nemmeno alla nave assaltata da miliziani palestinesi. Sulla nave, dirottata verso la Siria, c’erano più di 500 persone a bordo. I miliziani uccidono un anziano disabile sulla sedia a rotelle che era a bordo, Leon Klinghoffer, americano di origine ebraica; poi, con la mediazione dell’Olp, l’Organizzazione di liberazione palestinese, e del governo italiano, fanno rientrare la nave in Egitto. In quel tempo l’Italia era in buoni rapporti con l’organizzazione palestinese: è memorabile il discorso del premier italiano Bettino Craxi in difesa di Yasser Arafat, leader e simbolo della causa palestinese, accusato di terrorismo, da Craxi paragonato a Giuseppe Mazzini (ma avrebbe potuto paragonarlo anche ai fondatori dello Stato d’Israele, prima che fossero riconosciuti come patrioti). Un discorso che pronunciò in Parlamento commentando un mese dopo proprio i fatti di Sigonella. Ma torniamo a quel sequestro. Gli Stati Uniti, allora guidati da Ronald Reagan, chiedono l’estradizione dei quattro dirottatori palestinesi al governo egiziano. Ma il sequestro e l’assassinio si sono svolti su una nave che batte bandiera italiana e, dunque, è avvenuto in territorio italiano. Nasce allora un braccio di ferro, forse l’unico vistoso braccio di ferro, tra l’Italia guidata da Craxi, con Andreotti ministro degli Esteri, e gli Stati Uniti. In quel tempo, ma non solo in quel tempo - disse l’ammiraglio Fulvio Martini, capo dei servizi segreti militari che ebbe un ruolo chiave a Sigonella - «eravamo completamente dipendenti dai servizi americani e israeliani; avevano mezzi superiori ai nostri, ma avevano anche interessi diversi». E lo diceva pur essendo stato un attivo e convinto collaboratore dei medesimi servizi per conto dei nostri.Ma torniamo a quei fatti: il governo egiziano imbarca i quattro miliziani su un aereo diretto in Tunisia, dove avevano sede i vertici dell’Olp. Ma gli americani fanno pressioni su Tunisi, che nega il permesso di atterrare. L’aereo viene intercettato nel Canale di Sicilia da F-14 americani che chiedono al governo italiano di atterrare nella base Nato di Sigonella, in provincia di Catania. Craxi autorizza ma quando l’aereo atterra a Sigonella, viene circondato da avieri italiani e da carabinieri. Pochi minuti dopo atterrano a luci spente e senza permesso della torre di controllo anche due Lockheed americani; scendono i soldati e circondano a loro volta i militari italiani. In quella notte, tra concitate telefonate tra i leader dei due governi, avviene l’evento storico: Craxi chiede a Fulvio Martini, capo dei servizi segreti militari (Sismi) di assumere la guida dell’operazione e fa circondare a sua volta i soldati americani. Immaginate l’aereo al centro e tre cerchi danteschi: il primo italiano, il secondo americano e il terzo costituito da carabinieri italiani che puntano le armi contro i militari Usa. Quando vedo quell’immagine, io che non sono né un guerrafondaio o un militarista e detesto la retorica trombona del patriottismo, confesso di avere un sussulto: la fierezza di essere italiano davanti alla prova di dignità di un Paese piccolo, sconfitto, subalterno rispetto all’Impero grande, vincente, la superpotenza mondiale che detta le leggi al mondo e comanda in Occidente. Forse per l’unica volta fu riaffermata la dignità e l’indipendenza sovrana dell’Italia e non con le parole, i comizi, le urla di piazza; ma con i fatti, con i militi in armi, con un’azione concertata di governo (che aveva all’epoca l’opposizione interna del ministro della difesa, filoatlantico e filoisraeliano, l’autorevole Giovanni Spadolini). Lo dico senza polemica, capisco le ragioni degli Stati Uniti e le motivazioni storiche del loro predominio; e capisco le ragioni di Spadolini.Fu un’azione dimostrativa, senza morti, senza violenze, che si concluse bene, a parte uno strascico nei cieli mediterranei, quando l’aereo egiziano fu portato a Ciampino, col tentativo d’interferenza di un velivolo militare Usa. Ma tutto si concluse in modo pacifico, col ritiro dei soldati americani dalla base di Sigonella. Vinse la linea italiana. La vicenda si concluse bene, ma il suo strascico perdurò sotto traccia nel tempo; e non pochi collegano quella vicenda e in generale la linea di equilibrio di Craxi, Andreotti e prima di loro di Aldo Moro, in Medio Oriente, alle vicende seguenti, fino a Tangentopoli. Ma questa è un’altra storia.Sigonella, naturalmente, può avere letture diverse e controverse, ma fu il primo, eclatante episodio a quarant’anni dalla fine della guerra mondiale che coinvolse direttamente il governo italiano e le nostre forze armate in contrasto col nostro alleato principale, anzi col nostro «referente» (chiamiamolo così). E, col senno di poi, fu l’ultimo grande episodio degli ultimi quarant’anni: eppure in questi anni è caduto con l’Urss il bipolarismo mondiale, è nata l’Unione europea, si sono susseguiti da noi governi di centrodestra e di centrosinistra, premier di centro, di destra, di sinistra, europeisti, tecnocrati, populisti, perfino grillini. L’Italia, in quel tempo, era la quarta potenza mondiale, oggi è forse la quarta potenza europea, o la quinta se consideriamo il Regno Unito. All’epoca, né la sinistra comunista né la destra nazionale e missina furono dalla parte del governo e dell’azione di Sigonella, eccetto alcuni suoi esponenti: sul piano politico, Beppe Niccolai, sul piano culturale, Giano Accame e pochi altri che ne colsero la portata politica e simbolica. In quel tempi si cominciò a parlare di socialismo tricolore.Perché rispolverare quell’episodio? Per amore della storia, per curiosità dei fatti e dei corsi e ricorsi; e per quel sussulto di amor patrio, di sovranità e di dignità nazionale che a volte riaffiora e che ci affrettiamo a ricacciare, per carità di patria.