2023-11-08
Si tratta con l’ospedale britannico per far ricoverare Indi in Italia
Tafida Raqeeb e Indi Gregory
Oggi l’Alta Corte di Londra dovrebbe confermare il no al proseguimento delle cure. Ma la cittadinanza data da Giorgia Meloni alla bambina ha cambiato lo scenario. E il precedente della piccola Tafida Raqeeb lascia sperare.Oggi alle ore 15 sul caso di Indi Gregory - la bimba inglese di otto mesi affetta da una malattia del Dna mitocondriale i cui medici, nel suo «best interest», intendono togliere il respiratore che la tiene in vita, e che La Verità segue giorno per giorno - si dovrebbe arrivare ad un pronunciamento definitivo da parte della magistratura britannica, nuovamente interpellata sul caso. Il punto è che il giudice Robert Peel dell’Alta Corte - lo stesso che il 13 ottobre aveva dato il suo placet alla sospensione delle cure, senza modificare il verdetto neppure davanti alla disponibilità del Bambino Gesù di Roma a curare Indi Gregory - al momento non ha modificato la sua posizione. Non solo: l’unico aspetto che Peel è disposto a valutare riguarda l’iter da seguire per le cure palliative da somministrare a Indi nell’accompagnamento verso la morte.Le opzioni sul tavolo, come stabilito al paragrafo 44 della citata sentenza del 13 ottobre, sono tre: l’ospedale di Nottingham dove la piccola è ricoverata, il Queen’s medical centre, un hospice e anche un ultimo ritorno a casa. Rispetto a tale scenario, Claire Staniforth e Dean Gregory, i genitori della bambina, stanno però ancora lottando sia per una revisione del protocollo di terapie stabilito dal giudice su indicazione dei medici inglesi - che condurrebbe al fine vita - sia per prendere tempo con la speranza di ottenere un trasferimento di Indi Gregory in Italia per via giudiziaria o tramite un qualche accordo tra il governo di Londra e quello di Roma.Uno scenario, quest’ultimo, confermato ieri da Simone Pillon, avvocato incaricato dalla famiglia Gregory di seguire gli interessi della bimba in Italia e che tiene i contatti col Bambino Gesù di Roma. «Continuiamo a lavorare per un accordo», sono state le parole di Pillon. Secondo quanto risulta alla Verità, tale «accordo» riguarderebbe il Queen’s medical centre, dove come si diceva Indi Gregory è ricoverata, e il Bambino Gesù di Roma. Quindi l’ipotesi del trasferimento della bambina in Italia, che la magistratura britannica - in primis proprio col giudice Peel - aveva escluso, sarebbe nuovamente sul tavolo; e non a caso.Un cambio di passo sostanziale sulla vicenda, come noto, è difatti arrivato con l’impegno diretto del governo Meloni, che se da un lato aveva già mostrato interesse - dicendosi pronto a sostener le spese per il ricovero della bimba all’Ospedale pediatrico Bambino Gesù di Roma -, dall’altro alle ore 14.15 di lunedì è giunto a convocare un Consiglio dei ministri urgente per conferire - sulla base dell’articolo 9 comma 2 della legge 5 febbraio 1992, n. 91, «in considerazione dell’eccezionale interesse per la comunità nazionale ad assicurare al minore ulteriori sviluppi terapeutici» - la cittadinanza italiana ad Indi Gregory. «Dicono che non ci siano molte speranze per la piccola Indi», sono state le parole del premier Meloni, «ma fino alla fine farò quello che posso per difendere la sua vita». Sulla base anche di tale impegno governativo, ora si lavora per un «accordo» che dovrebbe essere plausibile e percorribile anche, se non soprattutto, perché c’è un precedente: quello di Tafida Raqeeb. È il nome, come si ricorderà, della bimba anglo-pakistana di cinque anni che, nel 2019, venne colpita da un’improvvisa lesione cerebrale. I medici dell’ospedale britannico dove la bambina era stata ricoverata, il Royal London Hospital, si arresero ben presto definendola anche in quel caso incurabile, e giudicando la sua vita «futile». Era quindi, pure allora, sorto un contenzioso legale con i genitori della piccola, mamma Shelina Begum e papà Mohammed Raqeeb, i quali si opposero tenacemente alla linea dei medici, rivendicando il diritto alle cure per la figlioletta. Così, dopo aver vinto la causa all’Alta Corte di Londra, nell’ottobre dello stesso anno Tafida Raqeeb venne ricoverata all’ospedale pediatrico Gaslini di Genova. Morale: all’inizio del 2020 lei, l’ennesima bimba data per spacciata dai medici britannici, è stata dimessa dalla terapia intensiva e - smentendo clamorosamente i pronostici inglesi - inserita in un programma riabilitativo, con continui segnali di miglioramento. Alla luce di un simile precedente, la domanda sorge spontanea: e se, come Tafida Raqeeb, anche Indi Gregory potesse avere davanti una prospettiva di ripresa? Perché negargliela a priori? La magistratura inglese, sposando in pieno la linea dell’ospedale di Nottingham, aveva finora escluso tale opzione, affermando che il trasporto in aeroambulanza in Italia non porterebbe alcun miglioramento alle condizioni di Indi Gregory e la convinzione che quindi ciò non sia nel suo «miglior interesse». «Non vi è alcun cambiamento sostanziale delle circostanze, o altra ragione impellente, che giustifichi il riesame della mia ordinanza originale», erano conseguentemente state le parole del giudice. Ma il fatto che Indi Gregory ora sia cittadina anche italiana un «cambiamento sostanziale delle circostanze» lo ha determinato; e i genitori ora sperano che possa bastare.
Elly Schlein con Eugenio Giani (Ansa)
(Ansa)
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