2025-10-18
Per ora si alza l’Irap sulle banche. Poi negli anni scatterà il contributo
Il ministro dell'Economia Giancarlo Giorgetti (Imagoeconomica)
Il balzello certo è di 900 milioni. Il resto dipende se gli istituti accederanno all’incentivo. Non è una manovra alla «Robin Hood», perché «anche lui era di Nottingham». scherza Giancarlo Giorgetti, lasciato dalla premier a rispondere alle domande dei giornalisti perché lei deve scappare a Padova al funerale dei tre carabinieri morti in un’esplosione. Il fuoco delle domande si concentra sulle tasse alle banche che hanno messo a rischio la compattezza della maggioranza. Alla fine il compromesso è stato trovato. Per il 2026, il contributo a carico degli istituti di credito pesa non poco: 4,4 miliardi di euro, e ben 11 miliardi nel triennio, come messo nero su bianco nel documento di bilancio inviato a Bruxelles. Numeri da capogiro, se non fosse che gran parte di questa cifra dipende dalla disponibilità delle banche. Il compromesso, ingoiato senza troppi rumori dal sistema creditizio, lascia infatti al contributo «volontario» la possibilità di distribuire i super-profitti messi a riserva nel 2023, con un piccolo incentivo: pagheranno solo il 27,5% di tasse fino al 2028 anziché il 40% previsto dal 2029 in avanti. Una scelta che rende evidente quanto l’entrata sia condizionata alla buona volontà degli istituti. Giorgetti non lo nasconde. In conferenza stampa il ministro ha spiegato chiaramente: «Le banche faranno le loro valutazioni in base ai risultati di quest’anno, che però mi sembra vadano bene. Il rischio che queste risorse non arrivino c’è sempre». Tradotto: se le banche non liberano le riserve, pazienza, almeno ci restano i 900 milioni garantiti dall’aumento dell’Irap di due punti: dal 4,65% a 6,65% per gli istituti di credito. Da 5,90% a 7,90% per le assicurazioni.Parliamo di numeri concreti: liberando le riserve accantonate pari a 6,2 miliardi, le banche genererebbero oggi circa 1,7-1,8 miliardi di tassazione diretta, più altri 1,15 miliardi derivanti dalla tassazione sui dividendi degli azionisti. È il cuore della cosiddetta Exit Tax, la via d’uscita con sconto prevista dal governo: più vantaggiosa, meno dolorosa, ma pur sempre volontaria. E qui si gioca la partita politica: Matteo Salvini fa il tifo per la massima pressione fiscale - «chi ha di più deve dare di più», sottolineando profitti previsti oltre i 50 miliardi di euro - mentre i forzisti, con Antonio Tajani in testa, serrano i ranghi contro quella che definiscono una tassa «da Unione sovietica».Il ministro Giorgetti definisce il contributo delle banche un «mix di misure» strutturali e congiunturali. Le prime, certe e fisse, comprendono l’aumento di due punti dell’Irap e il nuovo regime di deducibilità dei crediti dubbi, insieme alla limitazione del riporto fiscale delle perdite. Le seconde, invece, sono volatili, legate alla disponibilità degli istituti a svincolare le riserve: la parte davvero discrezionale, quella che farà la differenza tra 11 miliardi effettivi nel triennio e numeri più modesti. Il quadro che emerge è chiaro: il governo conta su una combinazione di incentivi e obblighi parziali per mettere le banche nella condizione di contribuire senza scossoni, sfruttando una finestra temporale favorevole. Ma chi ha detto che la politica bancaria sia lineare? Le trattative interne tra manager e azionisti potrebbero rimandare o ridimensionare le entrate, rendendo il triennio 2026-2028 un piccolo esercizio di equilibrio tra volontà e opportunità. In sostanza, la tassazione sulle banche non è più una questione di decreto, ma di disponibilità, di strategia e di tempismo. Una partita in cui il governo lancia la palla e le banche decidono se prenderla o lasciarla rimbalzare. Il risultato? Se liberano le riserve, tutti contenti: tasse ridotte, dividendi distribuiti, Stato e investitori soddisfatti. Se invece si irrigidiscono pazienza: almeno l’Irap ha già fatto il suo dovere. E nel frattempo si parla di profitti astronomici e slogan da campagna elettorale, mentre il bilancio complessivo continua a danzare tra volontarietà e obbligo.