2025-04-16
Elkann & C. votano sì al premio per Tavares. Poi gli danno le colpe
Carlos Tavares e John Elkann (Ansa)
L’assemblea Stellantis (al 66%) approva i 35 milioni all’ex ad. E Jaki imputa la crisi all’elettrico, chiodo fisso del portoghese.Una frattura profonda si apre nel cuore della governance di Stellantis. Nell’assemblea degli azionisti ad Amsterdam, l’approvazione della buonuscita da quasi 35 milioni di euro per Carlos Tavares, ha provocato un vero terremoto. Nonostante un terzo degli azionisti – tra cui Allianz Global Investors – abbia votato contro, i grandi soci, con in testa John Elkann e la Exor della famiglia Agnelli, hanno blindato la decisione. Un gesto che sa di concordato tombale. Una maniera per impedire code avvelenate dopo il licenziamento: il supermanager portoghese viene ricoperto d’oro e in cambio si assume in silenzio le responsabilità del disastro.Il paradosso è lampante. Tavares lascia il timone con il portafoglio stracolmo dopo un anno da incubo: fatturato in caduta del 17%, utile netto in picchiata del 70% e il valore delle azioni crollato in un anno da 27 a 8 euro. Eppure, riceve un compenso record, come se avesse portato a casa risultati straordinari. Dove sarebbe, allora, il premio alla performance? Per molti osservatori - e per una fetta importante degli investitori - il maxi-assegno è il prezzo per accompagnare silenziosamente alla porta l’ex ceo ormai divenuto scomodo, su cui scaricare tutte le colpe.Non è un caso che il voto favorevole di Exor e dei partner francesi venga letto come una mossa per mettere una pietra sopra al passato e aprire una nuova fase. Ma il modo con cui si sta riscrivendo la narrativa aziendale appare quanto meno ipocrita. Elkann ha parlato di «un anno non certo da ricordare» e di «errori condivisi», ma nei fatti il capro espiatorio è stato trovato, e il nome è quello di Carlos Tavares.La questione dell’elettrificazione è emblematica. Una strategia mal calibrata, sbilanciata, incoerente con le dinamiche del mercato, oggi viene derubricata come un errore di TavaresMa basta scavare un po’ per scoprire che quella linea, che oggi viene definita «irrealistica» dallo stesso Elkann, è stata sostenuta dalla proprietà stessa, promossa con entusiasmo nelle sedi istituzionali e difesa fino a pochi mesi fa. Quando il presidente di Stellantis afferma che «le normative europee sulle emissioni hanno imposto un percorso scollegato dalla realtà del mercato», omette di ricordare che fu proprio il vertice del gruppo - Elkann incluso - a vantarsi della corsa ai modelli full electric, persino per marchi come Maserati, la cui debacle è ora sotto gli occhi di tutti.La strategia è chiara: cancellare il passato recente per ripartire, ma senza assumersi la minima responsabilità. Le parole di Elkann suonano come un tentativo di riscrivere la storia, addossando a un singolo manager il peso di scelte sbagliate, mentre la dirigenza e il consiglio di amministrazione guardavano altrove. È lecito chiedersi: dov’era il board mentre i conti franavano e le vendite si sbriciolavano?Nel frattempo, mentre gli azionisti istituzionali esprimono una crescente sfiducia nella trasparenza della governance - con un 33% di voto contrario al report retributivo, percentuale mai vista prima a questi livelli - Elkann assume la presidenza del comitato esecutivo ad interim, in attesa del nuovo ceo atteso entro metà anno. Una concentrazione di potere che inquieta e lascia intravedere una gestione sempre più accentrata.Sul fronte sindacale, la reazione è stata durissima. «Ancora una volta vengono premiati i manager e gli azionisti, mentre i lavoratori restano in cassa integrazione», ha dichiarato Michele De Palma, segretario generale della Fiom-Cgil, denunciando l’ennesima dimostrazione di una distanza abissale tra vertici e base produttiva.Eppure, la Borsa sembra credere al rinnovamento: +5,7% per il titolo Stellantis nel giorno dell’assemblea. Ma è un rimbalzo tecnico o un’illusione ottica? Difficile dirlo, ma resta il dato politico: una governance che premia il fallimento, e riscrive gli avvenimenti a proprio favore non è un buon segnale per il futuro di uno dei gruppi industriali più importanti d’Europa.Elkann ha promesso una nuova era. Ma finché si continuerà a nascondere la polvere sotto il tappeto e a ricompensare il passato senza fare davvero autocritica, la vera trasformazione resterà solo sulla carta.
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