Con l'acquisizione di Rumantilles si rafforza il gruppo già leader della spritz economy, quella di chi ama bere miscelato Va di moda tutto ciò che è agricolo. Per l'Italia dei distillati è boom e i nostri artigiani del gin sono i più coccolati al mondo
Con l'acquisizione di Rumantilles si rafforza il gruppo già leader della spritz economy, quella di chi ama bere miscelato Va di moda tutto ciò che è agricolo. Per l'Italia dei distillati è boom e i nostri artigiani del gin sono i più coccolati al mondoMi dia due rum. Campari si è affacciata nel luglio scorso a Martinica e ieri ha annunciato un nuovo acquisto in terra di Francia dopo aver già comprato Grand Marnier e Bisquit Cognac. Nel gruppo italiano, uno dei più importanti a livello mondiale, entrano le due etichette di Rumantilles, «i due premium brand Trois Rivières e Maison La Mauny, caratterizzati», come dice la nota di Campari, «da forte presenza in Francia e un notevole potenziale di crescita nei mercati internazionali oltre a Duquesne, un brand rivolto al mercato locale della Martinica».Affare da 60 milioniÈ un affare da 60 milioni di euro quello che il gruppo di Sesto San Giovani - una cinquantina di marchi, 4.000 dipendenti, 18 stabilimenti, presenza in 190 Paesi, un fatturato da oltre 1,7 miliardi con un utile netto di 296,3 milioni - ha portato a termine. Viene da domandarsi perché Campari lo abbia messo a segno in un momento in cui il rum, come segala Iwsr il monitor mondiale di tutto ciò che fa grado, è in ribasso. La risposta c'è. Il primo fattore è che ora va di moda tutto ciò che è agricolo. Ad esempio, negli Stati Uniti sul fronte del whisky chi comanda sono le piccole distillerie (oltre 1600 e producono burbon diversissimi) e questi rum di Martinica sono agricoli. In secondo luogo soprattutto nel Far East del mondo si comincia a bere forte, ma di alta qualità. In terzo luogo c' è la tendenza mondiale alla cosiddetta mixology per fare i cocktail fortemente innovativi. Campari col suo primo brand, ma anche con Aperol è in testa alle preferenze di chi vuole bere miscelato. Basti dire cha la cosiddetta spritz economy, l'aperitivo inventato a Treviso miscelando Aperol e Prosecco, vale 4,3 miliardi di euro. A corroborare questo successo c'è il fatto che il Prosecco è diventato in tutto il mondo sinonimo di aperitivo e se ne vendono all'export circa 400 milioni di bottiglie per qualcosa meno di un miliardo.Italia ottava nell'exportQuesta tendenza al bere diverso sta cambiando il mercato mondiale con la possibilità per l'Italia di farsi largo. E di sfidare i francesi che certo hanno alcuni cavalli di battaglia: Cognac, Armagnac, Calvados, Chartreuse, Pastisse, ma rispetto ai quali avendo noi liquori simili siamo avvantaggiati nelle nicchie alte del mercato soprattutto con la spinta imprenditoriale dei giovani. Attualmente siamo l'ottavo esportatore mondiale di spiriti con una quota del 4%, ma significativi incrementi anche sui mercati extraeuropei e come segnala Federvini presieduta da Sandro Boscaini sono stati proprio gli alcolici a dare la migliore performance lo scorso anno con un incremento di quasi un quarto delle esportazioni. Oggi gli spiriti italiani valgono all'export qualcosa meno di un miliardo a fronte di un mercato interno che si contrae e che però si allinea alle tendenze mondiali. Anche in Italia è in forte crescita la domanda di gin. E quello che non tutti sanno è che il gin è lo spirito italiano (dopo la grappa) più apprezzato all'estero. Il motivo? Il ginepro italiano è il migliore del mondo e da sempre anche gli inglesi lo vengono a comprare qui. Ma oggi gli italiani - come è successo con le birre artigianali - sono quelli che hanno le botaniche (si chiama così il mix di erbe che serve ad aromatizzare il gin) più innovative anche sfruttando la nostra biodiversità. Ad esempio come fa Franco Cavallero che firma il suo gin agricolo affiancandolo in Monferrato alla produzione di vino Ruché. Non stupirà sapere che il gin rosa che oggi è il più richiesto al mondo ha avuto il suo debutto in Italia dove siamo arrivati già a 170 differenti etichette. E noi siamo leader in tre segmenti.Amari, vermouth, grappe Il primo è quello degli amari o da infusi di erbe dove abbiamo alcune etichette di profilo mondiale come Branca. Il secondo è quello dei vermouth. C'è la Martini e Rossi (proprietà Bacardi) che è un top player mondiale, ma ora il vermouth artigianale - un nome che vale per tutti: Cocchi - si avvia a conquistare il mondo. Infine abbiamo in mano i distillati di uva e di vinacce. Se la grappa in Italia è plafonata nel consumo (ma si beve sempre meglio) nel mondo oggi è diventata (è il caso ad esempio dei moscati di Antonella Bocchino selezione Ab) un ingrediente fondamentale per i bartender di maggiore successo. Ma resta il derby con la Francia. Pernod-Ricard forte del brand all'anice è in cima alla classifica dei gruppi a più forte espansione e vende ormai liquori e distillati di ogni tipo. Ma noi con gli artigiani dell'anisetta (Varnelli che ha festeggiato i 150 anni, Rosati, Meletti per parlare dei mistrà e delle anici marchigiane, Molinari che ha reso la Sambuca di Roma un must mondiale) li abbiamo sfidati e spesso battuti. Campari con il rum intercetta perciò le tendenze: si beve mixato, se si beve distillato deve essere agricolo e di altissima qualità e soprattutto si ricercano piccoli produttori. Pare d'essere tornati ai tempi degli alchimisti perché dove c'è un alambicco c'è magia. E il mondo ha bisogno di sogni.
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Incastrato nel ruolo del «bellone», Robert Redford si è progressivamente distaccato da Hollywood e dai suoi conformismi. Grazie al suo festival indipendente abbiamo Tarantino.
Leone XIV (Ansa)
Nella sua prima intervista, il Papa si conferma non etichettabile: parla di disuguaglianze e cita l’esempio di Musk, ma per rimarcare come la perdita del senso della vita porti all’idolatria del denaro. E chiarisce: il sinodo non deve diventare il parlamento del clero.