2025-11-01
La maggioranza Ursula «sfiducia» Ursula
Ursula von der Leyen (Getty Images)
Lettera dei partiti che sostengono Von der Leyen, con il capo del Ppe come primo firmatario: «No alla proposta di schema di bilancio che vede tagli ai fondi agricoli e alle Regioni. Stop con questa Unione à la carte più centralizzata, che esclude l’Europarlamento».Giù le mani dalla Pac, dai fondi di coesione, dal bilancio comunitario. La maggioranza Ursula boccia senza appello lo schema finanziario proposto da Ursula von der Leyen e Bruxelles si trova oggi al suo punto più basso di credibilità. L’ossessione per il riarmo della baronessa - mai dimenticarsi che fu ministro della Difesa tedesco, peraltro inseguita da una serie di inchieste per si suoi «soliti» opachi rapporti con le industrie e i vertici militari - inteso in larga misura a favorire la Germania che con il cancelliere Friedrich Merz punta sull’industria bellica per rianimare un’economia asfittica causa green deal europeo fa schierare il Parlamento contro la Commissione. Tra l’altro con un’accusa pesantissima: «Esiste - si legge in una durissima lettera firmata dai vertici dei gruppi -un deficit democratico intrinseco data la mancanza di controllo da parte del Parlamento e degli organi eletti nazionali o regionali». Brutta botta per chi, soprattutto da sinistra, - si vedano le esternazioni di Romano Prodi, lo sgolarsi di Elly Schlein contro Giorgia Meloni accusata di subalternità a regimi come quelli di Viktor Orbàn - vuole spazzare via il voto all’unanimità in seno al Consiglio europeo. Popolari, Socialisti, Renew - la maggioranza Ursula a cui si aggiungono anche i Verdi e l’Efa - rimproverano alla Von der Leyen di farsi beffe del Parlamento. Viene da domandarsi se chi predica l’Europa senza unanimità non abbia in mente una Ue dove domina la «casta» dei burocrati, con gli eletti dal popolo, siano essi ministri dei governi o eurodeputati, ridotti a passacarte. Questa è la prima contestazione che i massimi vertici politici - Manfred Weber per i popolari, Iratxe Garcia per i socialisti, Valerie Hayer per Renew, Terry Reintk e Bas Eickhout per Verdi e sinistra - muovono alla Von der Leyen che va avanti col suo schema di bilancio: accorpamento di politica agricola e fondi di coesione, fondo unico nazionale, esclusione delle regioni dal rapporto con l’Ue, tagli per finanziare il riarmo. L’Italia. con il ministro per la Sovranità alimentare, Francesco Lollobrigida, è stato il primo Paese a contestare i tagli ai fondi agricoli, ma soprattutto l’accorpamento con i fondi di coesione che taglia circa il 30% dei soldi per i campi e lo sviluppo delle aree svantaggiate. Malcontati sono circa 180 miliardi di euro e c’è l’incognita Ucraina: se entrasse nell’Ue assorbirebbe da sola 100 miliardi di fondi agricoli. Scrivono gli eurodeputati: «Nel maggio 2025 il Parlamento europeo ha affermato che l’approccio del “piano nazionale unico per Stato membro” come modello di riferimento non dovrebbe costituire la base per la spesa in gestione condivisa dopo il 2027. Questo è purtroppo e chiaramente ciò che la Commissione ha riproposto. Il Parlamento europeo non può accettarlo come base per iniziare le negoziazioni». Siamo al muro contro muro. Per la (fu) maggioranza Ursula sono inaccettabili l’accorpamento e il taglio dei fondi agricoli con il fondo di coesione. Viene rifiutato in toto lo schema secondo cui i finanziamenti vengono assegnati a ogni Stato che dispone di un fondo unico tagliando fuori le Regioni. Scrivono i gruppi parlamentari: «Siamo contrari a un’Unione à la carte, con decisioni nazionali centralizzate che compromettono il valore aggiunto dell’Ue. La proposta attuale non garantisce la copertura per tutte le categorie di regioni europee, porta a una mancanza di prevedibilità e distorce il mercato unico, così come le condizioni di parità nel settore agricolo». Aggiungono: «Sono necessarie politiche autonome in materia di agricoltura e coesione, pesca e marittima, politiche sociali e affari interni, con distinti stanziamenti finanziari disciplinati da regolamenti dedicati, anche per garantire una adeguata responsabilità di bilancio». Durissima è la contestazione sulle violazioni dei valori fondanti dell’Ue: «Le violazioni dello Stato di diritto dovrebbero, come principio, portare a riduzioni automatiche di budget per gli Stati e insistiamo che non ci debba essere alcuna riassegnazione dei fondi dell’Ue sospesi a causa di violazioni dello Stato di diritto». Infine due punti qualificanti: il massimo rispetto dell’autonomia delle Regioni e la rivendicazione del ruolo del Parlamento. Sul primo punto si afferma: «La politica di coesione non può essere progettata e gestita esclusivamente dai governi centrali nazionali. Il ruolo delle regioni e delle autorità locali deve pertanto essere rafforzato». Sul secondo si rivendica che «Il Parlamento europeo dovrebbe essere coinvolto nell’approvazione e nella modifica dei piani degli Stati membri con un atto delegato, così come nel processo decisionale riguardante tutta la programmazione degli importi di flessibilità e degli adeguamenti ai bisogni in evoluzione o alle nuove priorità». La conclusione? Il 12 novembre la «plenaria» di Strasburgo discute la proposta della Commissione che non ha intenzione di modificarla. L’aria è da ne resterà uno solo, e però ci sarà sempre qualcuno che invoca la forza dell’Europa!
Guido Guidesi, assessore allo Sviluppo Economico della Regione Lombardia (Ansa)
Edmondo Cirielli (Imagoeconomica)