
Sospensiva di due mesi, in soffitta la paga minima per legge del Pd. La proposta di Fi: alle attività non coperte da contratto va applicato l’accordo del settore di riferimento.L’appuntamento in commissione Lavoro era per le 21 di ieri sera, ma mentre scriviamo tutto lascia presagire che l’emendamento soppressivo della proposta di salario minimo a nove euro lordi del Pd non verrà votato e che sarà invece chiesta e approvata una sospensiva di due mesi per spostare a fine settembre la discussione sul come aumentare le retribuzioni più basse dei lavoratori italiani. La data fissata pare essere quella del 25 settembre quando la maggioranza avrà definito la sua proposta. Che di certo sarà alternativa a quella delle opposizioni, ma non è affatto escluso che possa tener conto di alcune delle idee che arrivano dalla parte più moderata della sinistra. A partire da Azione di Carlo Calenda che in questi giorni si è segnalato per un certo attivismo nella sua attività di ricucitura tra gli estremi. Una linea l’ha data ieri Forza Italia presentando una propria proposta illustrata in conferenza stampa dal segretario nazionale e ministro degli Esteri, Antonio Tajani e dal capogruppo alla Camera, Paolo Barelli. I punti principali sono due: da una parte l’applicazione alle attività lavorative non coperte da un contratto collettivo nazionale del salario previsto dal contratto collettivo nazionale leader per il settore di riferimento, oppure dove non vi sia uno specifico settore di riferimento, di applicare il salario equivalente alla media dei principali contratti collettivi nazionali applicati in settori lavorativi affini. Dove i contratti esistono, invece, ma prevedono importi più bassi di quelli stabiliti dal contratto leader del settore di riferimento, i salari dei lavoratori devono essere equiparati a questi ultimi. La prima differenza rispetto alla proposta del Pd è abbastanza evidente: non si fissa una soglia minima (i 9 euro della sinistra appunto), ma si prendono come riferimento i contratti nazionali più affini e più rappresentativi. Risultato? «Dai conti che abbiamo fatto si potrebbe trattare di un aumento annuo tra i 1.000 e i 2.000 euro», continua Tajani, illustrando la proposta di legge forzista, «questo è un percorso che si inizia e che è accompagnato dal taglio del cuneo fiscale». E si può scommettere che non sarà la sola proposta. Perché a fine settembre il dibattito entrerà nel vivo. Ieri, per esempio, il sottosegretario al ministero del Lavoro, il leghista Claudio Durigon, ha evidenziato alla Verità che «se l’obiettivo è alzare le retribuzioni dei lavoratori il salario minimo imposto per legge può sortire l’effetto opposto perché indebolisce la contrattazione e perché se la soglia imposta è troppo alta si rischia di incentivare l’evasione». Soluzioni? «Pensiamo invece», aveva evidenziato Durigon, «che anche attraverso un intervento normativo sia possibile eliminare i vari contratti pirata agendo sulle “fasulle” associazioni di categoria. Mentre, per esempio riducendo la leva fiscale o con la moral suasion, è possibile favorire il rinnovo dei contratti che sono ancora al di sotto di una certa soglia. Faccio spesso l’esempio degli accordi sui servizi fiduciari della vigilanza privata o per i servizi di portierato e di custodia, dove siamo intorno ai sei euro. In molti casi il committente è il pubblico impiego. La nostra volontà è cambiare queste tabelle». Non ci sono però solo i servizi fiduciari. Secondo uno studio realizzato dalla fondazione dei consulenti del lavoro, i contratti sotto i nove euro sono circa un terzo dei principali 63 accordi firmati dalle sigle più rappresentative e riguardano poco più di due milioni di lavoratori. Ci sono gli addetti all’industria del vetro e delle lampade, gli operai agricoli e i florovivaisti, chi presta servizio come personale di terra nell’industria navale e chi si adopera nelle pulizie, nel tessile e nella pelletteria. Alcuni di questi sono poco sotto la soglia dei nove euro, altri sono più vicini ai sette che agli otto euro. Ecco, vanno individuate le giuste modalità, ma su questi - visto che spesso si tratta di accordi scaduti da anni - una soluzione andrà trovata.
John Grisham (Ansa)
John Grisham, come sempre, tiene incollati alle pagine. Il protagonista del suo nuovo romanzo, un avvocato di provincia, ha tra le mani il caso più grosso della sua vita. Che, però, lo trascinerà sul banco degli imputati.
Fernando Napolitano, amministratore delegato di Irg
Alla conferenza internazionale, economisti e manager da tutto il mondo hanno discusso gli equilibri tra Europa e Stati Uniti. Lo studio rivela un deficit globale di forza settoriale, potere mediatico e leadership di pensiero, elementi chiave che costituiscono il dialogo tra imprese e decisori pubblici.
Stamani, presso l’università Bocconi di Milano, si è svolta la conferenza internazionale Influence, Relevance & Growth 2025, che ha riunito economisti, manager, analisti e rappresentanti istituzionali da tutto il mondo per discutere i nuovi equilibri tra Europa e Stati Uniti. Geopolitica, energia, mercati finanziari e sicurezza sono stati i temi al centro di un dibattito che riflette la crescente complessità degli scenari globali e la difficoltà delle imprese nel far sentire la propria voce nei processi decisionali pubblici.
Particolarmente attesa la presentazione del Global 200 Irg, la prima ricerca che misura in modo sistematico la capacità delle imprese di trasferire conoscenza tecnica e industriale ai legislatori e agli stakeholder, contribuendo così a politiche più efficaci e fondate su dati concreti. Lo studio, basato sull’analisi di oltre due milioni di documenti pubblici elaborati con algoritmi di Intelligenza artificiale tra gennaio e settembre 2025, ha restituito un quadro rilevante: solo il 2% delle aziende globali supera la soglia minima di «fitness di influenza», fissata a 20 punti su una scala da 0 a 30. La media mondiale si ferma a 13,6, segno di un deficit strutturale soprattutto in tre dimensioni chiave (forza settoriale, potere mediatico e leadership di pensiero) che determinano la capacità reale di incidere sul contesto regolatorio e anticipare i rischi geopolitici.
Dai lavori è emerso come la crisi di influenza non riguardi soltanto le singole imprese, ma l’intero ecosistema economico e politico. Un tema tanto più urgente in una fase segnata da tensioni commerciali, transizioni energetiche accelerate e carenze di competenze nel policy making.
Tra gli interventi più significativi, quello di Ken Hersh, presidente del George W. Bush Presidential Center, che ha analizzato i limiti strutturali delle energie rinnovabili e le prospettive della transizione energetica. Sir William Browder, fondatore di Hermitage Capital, ha messo in guardia sui nuovi rischi della guerra economica tra Occidente e Russia, mentre William E. Mayer, chairman emerito dell’Aspen Institute, ha illustrato le ricadute della geopolitica sui mercati finanziari. Dal fronte italiano, Alessandro Varaldo ha sottolineato che, dati alla mano, non ci sono bolle all’orizzonte e l’Europa ha tutti gli ingredienti a patto che si cominci un processo per convincere i risparmiatori a investire nelle economia reale. Davide Serra ha analizzato la realtà Usa e come Donald Trump abbia contribuito a risvegliarla dal suo torpore. Il dollaro è molto probabilmente ancora sopravvalutato. Thomas G.J. Tugendhat, già ministro britannico per la Sicurezza, ha offerto infine una prospettiva preziosa sul futuro della cooperazione tra Regno Unito e Unione Europea.
Un messaggio trasversale ha attraversato tutti gli interventi: l’influenza non si costruisce in un solo ambito, ma nasce dall’integrazione tra governance, innovazione, responsabilità sociale e capacità di comunicazione. Migliorare un singolo aspetto non basta. La ricerca mostra una correlazione forte tra innovazione e leadership di pensiero, così come tra responsabilità sociale e cittadinanza globale: competenze che, insieme, definiscono la solidità e la credibilità di un’impresa nel lungo periodo.
Per Stefano Caselli, rettore della Bocconi, la sfida formativa è proprio questa: «Creare leader capaci di tradurre la competenza tecnica in strumenti utili per chi governa».
«L’Irg non è un nuovo indice di reputazione, ma un sistema operativo che consente alle imprese di aumentare la protezione del valore dell’azionista e degli stakeholder», afferma Fernando Napolitano, ad di Irg. «Oggi le imprese operano in contesti dove i legislatori non hanno più la competenza tecnica necessaria a comprendere la complessità delle industrie e dei mercati. Serve un trasferimento strutturato di conoscenza per evitare policy inefficaci che distruggono valore».
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