2022-01-05
Senza l’ultra pass si resta pure fuori di casa
Il caos normativo è totale: chi sta in smart working potrebbe dover smettere di lavorare e si preparano contenziosi a non finire. Le follie dell’ulteriore stretta, provvedimento urgente che però parte a febbraio. Da Confindustria è tutto un vociare di obblighi.Se siete tra i 2,5 milioni di lavoratori non vaccinati potrebbe capitarvi di non poter più stare neppure a casa vostra. Lo smart working che potrebbe risolvere problemi di contagio diventa un tabù. È una delle tante conseguenze paradossali del decreto che con tutta probabilità - lo ha confermato il sottosegretario alla Salute, il «lupiano» Andrea Costa - oggi assumerà il Consiglio dei ministri: rendere obbligatorio il salvacondotto vaccinale rafforzato per tutti i lavoratori. In quella norma ci sarà scritta una bestialità giuridica. Se siete in smart working anche casa vostra è luogo di lavoro e non ci potrete accedere se non avete il salvacondotto rafforzato. Ma potrebbe accadere anche a chi si è vaccinato. Per un altro paradosso. Il ministro della Salute (si fa per dire, visto che gli ammalati di patologie anche gravissime oggi sono sacrificati alla prevenzione anti Covid), Roberto Speranza, ha spiegato: serve a portare al siero i renitenti alla puntura. Dunque si dovrebbe agire subito. E invece il super salvacondotto obbligatorio entrerà in vigore il 1° febbraio. Il governo deve dare tempo al generale Francesco Paolo Figliuolo di riorganizzare le truppe dopo la Caporetto vaccinale sulla terza dose provocata dai ritardi di Speranza. I centri vaccinali non tengono il ritmo anche perché gli hub sono stati smontati durante l’estate. Così - come i con i tentennamenti sulla scuola - si piglia un provvedimento urgente, ma l’emergenza può attendere! Dal 1° febbraio però il certificato vaccinale viene ridotto a sei mesi e può capitare che un lavoratore in attesa del richiamo si trovi con una «carta» scaduta e non possa lavorare. Il caos normativo è totale però, evocando un antico adagio, il governo va avanti: il solco è tracciato e la siringa lo difende. Anche perché da Confindustria è tutto un vociare di obblighi. Carlo Bonomi, il presidentissimo, da tempo invoca questa stretta e paventa anche l’ipotesi di chiedere i danni ai lavoratori che non si vaccinano. Gli fa eco Alberto Bombassei che produce freni, ma stavolta è lanciatissimo: «Il Governo si pigli le sue responsabilità: l’obbligo vaccinale per entrare nei luoghi di lavoro è indispensabile.» Immediata e contraria la risposta di Maurizio Landini (Cgil): «Il super green pass sui luoghi di lavoro è discriminatorio, noi vogliamo l’obbligo vaccinale» gli fa eco il segretario della Uil Pierpaolo Bombardieri. Sembrano i polli di Renzo perché non si sono accorti che il governo li sta legittimando buttando a mare i loro accordi. Peraltro il ministro del Lavoro Andrea Orlando (Pd) dopo aver confessato «La mia opinione personale è che sia giuridicamente difficile prevedere un obbligo vaccinale, o del super green pass, per tutti i lavoratori» si è accodato a Draghi. Così nessuno si è accorto che il decreto Festività adottato alla vigilia di Natale proroga fino al 31 marzo, data di scadenza dell’emergenza, anche i protocolli di sicurezza di due anni fa con l’accordo tra le parti sociali. Sono incompatibili con il super salvacondotto obbligatorio a cominciare dalla privacy. C’è scritto per esempio che se un lavoratore è ammesso al lavoro ha diritto a restarvi anche se ha la carta verde scaduta. E non è questione marginale. Nel pubblico la platea dei non vaccinati è attorno alle 100.000 unità, ma ci sono dei problemi enormi. Ad esempio gli avvocati senza siero possono accedere ai tribunali? E se non possono farlo il diritto inalienabile alla difesa come si garantisce? Nel privato i lavoratori non inculati sono 2,4 milioni. Saranno tutti dichiarati assenti ingiustificati dal lavoro, verranno loro sospesi stipendio e contributi, ma hanno diritto a conservare il posto. Le aziende al di sotto dei 15 dipendenti possono sostituire gli assenti con contratti a termine. Ma solo per due periodi perché poi il lavoratore ha diritto al reintegro. Nelle aziende con più di 15 dipendenti invece non si possono fare sostituzioni il che pone enormi problemi di organizzazione. In più si vuole vietare lo spostamento in smart working (hanno paura che i lavoratori renitenti alla puntura restino fuori casa?) dei non vaccinati e proibire anche le ferie. Le ferie secondo contratto però per metà sono nella totale disponibilità del lavoratore. Chissà cosa s’inventeranno nel decreto. È molto probabile che all’atto pratico i proclami di Carlo Bonomi e Alberto Bombassei andranno in uggia alle aziende. Lo ha fatto già capire ad esempio la Confcommercio molto preoccupata perché nei ristoranti, negli alberghi e nel commercio c’è una quota consistente di non vaccinati (si stima il 15%) e trovare le sostituzioni è quasi impossibile. Egualmente in grande sofferenza andrà il comparto del trasporto sia merci che passeggeri (qui la quota dei non vaccinati è attorno al 20%) e quello portuale dove 4 lavoratori su dieci non si sono fatti inoculare. Anche in agricoltura c’è un tasso elevato di non vaccinati. Si rischia crisi da super salvacondotto. Senza contare che si preparano anni di contenziosi e i reprobi di oggi potrebbero essere le parti lese di domani.
Il fiume Nilo Azzurro nei pressi della Grande Diga Etiope della Rinascita (GERD) a Guba, in Etiopia (Getty Images)
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Dopo l'apertura dei lavori affidata a Maurizio Belpietro, il clou del programma vedrà il direttore del quotidiano intervistare il ministro dell’Ambiente e della Sicurezza energetica, Gilberto Pichetto Fratin, chiamato a chiarire quali regole l’Italia intende adottare per affrontare i prossimi anni, tra il ruolo degli idrocarburi, il contributo del nucleare e la sostenibilità economica degli obiettivi ambientali. A seguire, il presidente della Regione Lombardia, Attilio Fontana, offrirà la prospettiva di un territorio chiave per la competitività del Paese.
La transizione non è più un percorso scontato: l’impasse europea sull’obiettivo di riduzione del 90% delle emissioni al 2040, le divisioni tra i Paesi membri, i costi elevati per le imprese e i nuovi equilibri geopolitici stanno mettendo in discussione strategie che fino a poco tempo fa sembravano intoccabili. Domande cruciali come «quale energia useremo?», «chi sosterrà gli investimenti?» e «che ruolo avranno gas e nucleare?» saranno al centro del dibattito.
Dopo l’apertura istituzionale, spazio alle testimonianze di aziende e manager. Nicola Cecconato, presidente di Ascopiave, dialogherà con Belpietro sulle opportunità di sviluppo del settore energetico italiano. Seguiranno gli interventi di Maria Rosaria Guarniere (Terna), Maria Cristina Papetti (Enel) e Riccardo Toto (Renexia), che porteranno la loro esperienza su reti, rinnovabili e nuova «frontiera blu» dell’offshore.
Non mancheranno case history di realtà produttive che stanno affrontando la sfida sul campo: Nicola Perizzolo (Barilla), Leonardo Meoli (Generali) e Marzia Ravanelli (Bf spa) racconteranno come coniugare sostenibilità ambientale e competitività. Infine, Maurizio Dallocchio, presidente di Generalfinance e docente alla Bocconi, analizzerà il ruolo decisivo della finanza in un percorso che richiede investimenti globali stimati in oltre 1.700 miliardi di dollari l’anno.
Un confronto a più voci, dunque, per capire se la transizione energetica potrà davvero essere la leva per un futuro più sostenibile senza sacrificare crescita e lavoro.
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