2020-10-15
«Sempre più posti letto vengono occupati dai ricoverati sociali»
Il capo della rianimazione del San Martino di Genova Angelo Gratarola: «Il 7-8% non viene dimesso perché è solo o indigente».In questi mesi di pandemia da Covid-19 ci sono numeri che descrivono la realtà meglio di altri: l'andamento dei ricoveri e, in particolare, delle terapie intensive. Nelle ultime settimane, alcuni ospedali, come il Sacco di Milano, registrano una «preoccupante» crescita esponenziale dei ricoveri, ma non in terapia intensiva. Un andamento simile è stato notato anche in Liguria. «Abbiamo ricoverato persone anziane con cronicità e comorbidità importanti», dice Angelo Gratarola, direttore del reparto di anestesia e rianimazione del policlinico San Martino di Genova. «Abbiamo anche delle persone più giovani ma con dei fattori di rischio e ricoveri che potremmo definire sociali. Persone che non hanno bisogno di grande attenzione dal punto di vista sanitario, ma che non hanno dove trascorrere la quarantena. Si tratta, spesso e volentieri, di anziani soli, o persone senza fissa dimora, ma anche stranieri ammassati in strutture inadeguate e persone che vivono in case popolari sovraffollate e che non potrebbero tenere al riparo dal contagio i propri familiari, contribuendo alla diffusione del coronavirus». Non solo il numero dei postivi - che ingloba anche guariti e deceduti -, ma anche quello dei pazienti ricoverati va interpretato perché tra loro ci sono guariti che non possono tornare a casa? «Sono persone che, pur potendo essere dimesse non hanno nessuno o hanno il coniuge molto anziano, oppure vivono in 40 metri quadrati con altre sei persone e genererebbero un cluster familiare, per questo li definiamo ricoveri sociali. Non trovano una collocazione per ragioni sociali o per la loro logistica abitativa». Quanti sono i non dimessi per ragioni sociali?«Sono circa il 7-8% dei ricoverati nei reparti Covid. La Regione Liguria si è data da fare e ha messo in piedi una serie di posti per questi pazienti con problematiche di tipo sociale perché restando in ospedale, tolgono un letto a chi potrebbe servire».Le terapie intensive sono stabili?«A marzo c'è stata una rapida richiesta di assistenza che ha invaso i reparti di media e alta intensità soffocando le terapie intensive che sono passate da 100 a 200 letti, in tutta la regione. Da settembre registriamo 26-36 malati in terapia intensiva. I valori non crescono, sono stabili, intorno a un decimo della capacità dei 250 posti disponibili in regione». La nuova ondata interessa i reparti a media intensità e non le terapie intensive?«I ricoveri interessano sempre persone anziane o con condizioni di rischio note. In questa fase dobbiamo tararci e attrezzarci soprattutto per la media intensità di cura, in ospedale, e sulla bassa e bassissima intensità a livello territoriale con strutture extra ospedaliere». Come si spiega, in questo momento, la minore necessità delle terapie intensive?«A marzo c'è stata un'impennata che ci ha travolti. Oggi l'onda cresce più lentamente e intercettiamo la piramide dei contagi: quelli con alta, media e bassa intensità di malattia. Potendoli intercettare presto, possiamo curarli precocemente».Una seconda ondata era attesa, in autunno. Vi aspettavate questo andamento?«Auspicavamo, nella più rosea delle ipotesi, un'onda con questo incremento lento, dandoci il tempo di organizzarci. L'andamento è diverso da marzo perché oggi sono soprattutto i giovani a essere positivi e loro, com'è noto, hanno bisogno di meno cure. A marzo l'impennata ha colpito subito i più deboli». Il virus quindi è più pericoloso per chi è più fragile per ragioni anagrafiche o economiche? «I vicoli di Genova, dove abbiamo registrato un cluster, hanno proprio le caratteristiche di un ambiente chiuso e complesso dove vivono persone di etnie diverse che non sanno nemmeno di poter essere curate. Nelle Rsa il contagio avviene attraverso il personale, anche perché le visite sono bloccate, ma sono i luoghi da tenere d'occhio perché ci sono persone di grande fragilità: sono facili da isolare, ma molto vulnerabili».
Tedros Ghebreyesus (Ansa)
Giancarlo Tancredi (Ansa)