2020-05-01
«Se non si può girare, il cinema è morto»
Il produttore e regista Claudio Bonivento: «Gli attori non possono stare distanti e indossare mascherine e guanti. Occorre mettere in sicurezza i set. Le comparse in una fiction e i teatranti non sopravvivono. Siamo noi lavoratori dello spettacolo a dover trovare una soluzione».Claudio Bonivento, da oltre cinquant'anni nel mondo dello spettacolo, dalla musica (Charles Aznavour, Léo Ferré, Mogol e Battisti) alla comicità (con I Gatti di Vicolo Miracoli e Diego Abatantuono), dalla televisione (direttore di produzione di Telemontecarlo al fianco di Indro Montanelli) al cinema, dove si è imposto come produttore (Sapore di mare, Mery per sempre, Ragazzi fuori, Ultrà, Una storia semplice, La scorta, Pasolini, un delitto italiano, 20 sigarette) e regista (Altri uomini, Le giraffe, A mano disarmata, Il Grande Torino, Il pirata, il film tv su Marco Pantani), lancia il suo grido d'allarme: se non si mettono in sicurezza i set, non si potranno girare film. «Sento tanti interventi sui soldi necessari per rilanciare il cinema e più in generale lo spettacolo, ma a monte c'è un problema più grave: tra un po' di tempo non ci saranno più contenuti da proporre. Se per ritornare alla piena normalità occorrerà almeno un anno, come si potrà andare su un set a girare un film? Come si proteggono gli attori e i componenti della troupe? Cosa succede se uno di loro risulta positivo al virus: si bloccano le riprese? Queste sono le domande fondamentali da porsi oggi. Si parla di fondi e finanziamenti per produrre i film, ma se poi non si può girare?».In base a un'indagine dell'Istat, presentata un anno fa alla commissione Cultura, scienza e istruzione della Camera dei deputati, nel 2017-2018 c'erano 142.000 lavoratori nel mondo dello spettacolo, ai quali però vanno aggiunti il personale amministrativo delle società che operano in questo campo e l'indotto che si crea in varie filiere commerciali e industriali.«Se moltiplichiamo questi numeri per i componenti di una famiglia media, ci rendiamo conto che quasi un milione di persone vivono grazie alle varie forme di spettacolo. Pensiamo solamente al mondo del circo, fenomeno tipicamente familiare. Sono in parte persone fuori da ogni tutela perché non godono della cassa integrazione. E parliamo in molti casi di lavoratori non solo precari, ma saltuari. Sono i lavoratori più scoperti. Come possono sopravvivere gli attori che magari fanno tre pose in tre mesi in una fiction? E gli attori di teatro? Lasciamo perdere quei centocinquanta attori privilegiati che possono stare fermi. Ai lavoratori dello spettacolo chi ci pensa?». Quale può essere la soluzione?«Si parla tanto di commissioni, di comitati d'esperti, di task force, non so se funzionino, ma se ne potrebbe costituire una per l'audiovisivo. Io sarei onorato di farne parte, gratuitamente. È il momento di osare. Un produttore deve avere coraggio. Siamo noi, lavoratori dello spettacolo, che dobbiamo trovare una soluzione. Chi può proporla se non noi che viviamo sul set e conosciamo ogni sfumatura di questo lavoro? Lo stesso vale per gli altri settori dello spettacolo, ognuno dei quali ha una sua specificità che solo gli addetti ai lavori conoscono». Quindi è il cinema che deve trovare delle soluzioni?«Assolutamente. Bisogna che si siedano attorno a un tavolo dieci-quindici persone che sanno di cosa si sta parlando e rappresentino le varie categorie presenti su un set. A monte devono essere dettate delle regole sanitarie e, sulla base dei limiti fissati, questa task force avrebbe il compito di stabilire un protocollo e sottoporlo al ministro dei Beni culturali. E ci deve essere una sinergia, oltre che con la sanità, con le compagnie assicurative e le banche per creare le condizioni idonee alla ripresa dell'attività. Se non si elabora un protocollo e non si adottano misure adeguate a mettere in sicurezza i set, nessuna compagnia assicurativa si accollerà il rischio di girare un film».Chi potrebbe essere il Colao della situazione o, per rimanere in campo cinematografico, il tarantiniano Mr. Wolf?«Roberto Cicutto, neo presidente della Biennale di Venezia, del quale ho apprezzato la volontà di far svolgere il festival: può essere la scintilla giusta per ripartire. Oppure Riccardo Tozzi di Cattleya».Quindi figure che vengono dalla produzione...«Assolutamente, i produttori sono la scintilla di un film. Cicutto e Tozzi sono persone che conoscono il mestiere, di provata esperienza. Poi ci sarebbe bisogno nella task force di un regista autorevole, le cui parole possano avere una cassa di risonanza: Matteo Garrone, Paolo Sorrentino, Giuseppe Tornatore, per esempio, conoscono benissimo i problemi del set. Roberto Andò è un altro regista molto intelligente e preparato. Un'altra persona molto competente è Felice Laudadio. Io mi metterei volentieri a disposizione». Non si può certo girare i film con i guanti e le mascherine! Come può una troupe lavorare a un metro di distanza l'uno dall'altro?«Il problema vero è questo: come si farà a girare? Si parla di sanificare i luoghi di lavoro, ma così i tempi di ripresa non potrebbero più essere quelli abituali. Le riprese, che prima duravano tre, quattro, cinque settimane, domani dureranno il doppio, con aggravio dei costi. Inoltre dovrà essere garantita la presenza costante di un medico sul set. I costi inevitabilmente cresceranno. Però bisogna trovare il modo di riprendere a girare. Sono sicuro che quando si stabilirà un meccanismo, si ripartirà e la creatività che ha sempre contraddistinto il mondo del cinema contribuirà a farci uscire dal tunnel. E anche la tecnologia, l'elettronica. Bisogna prendere il toro per le corna».Il rischio per la nostra cinematografia che produce circa 150 film in un anno, anche se poi una buona parte non ha una vita reale in sala, è di ridursi a 30-40 film.«Questa è la prospettiva, fino al vaccino. Essendo poi un problema mondiale, si riduce anche il margine di guadagno delle vendite estere».Una soluzione potrebbe essere quella prospettata per il cinema americano di tenere le troupe cinematografiche isolate in un albergo durante le riprese, come del resto si ipotizza anche per riprendere il campionato di calcio, con controlli preventivi e periodici?«Ecco un altro punto della questione. Ogni giorno sentiamo parlare delle soluzioni da adottare per il calcio, dello spettacolo non parla nessuno, pur essendo, complessivamente, un'industria importante del nostro Paese». Nel 1949, Andreotti, allora sottosegretario alla presidenza del Consiglio, rilanciò il cinema italiano con una serie di misure, tra le quali una tassa sul doppiaggio dei film, prevalentemente americani.«Ho letto che le piattaforme digitali per film e serie tv hanno avuto un incremento degli abbonamenti. Sarebbe giusto che reinvestissero localmente soldi nella produzione. La televisione sta facendo tanto in questi giorni di isolamento forzato, ma il cinema deve tornare vivo nelle sale. Bisognerà poi porsi anche il problema di riavvicinare il pubblico nelle sale, tutelando gli esercenti, ma anche i proprietari dei teatri, che rischiano, per ragioni di sicurezza, di poter riempire solo una parte dei posti disponibili».
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Lo spettacolo Gabriele d’Annunzio, una vita inimitabile, con Edoardo Sylos Labini e le musiche di Sergio Colicchio, ha debuttato su RaiPlay il 10 settembre e approda su RaiTre il 12, ripercorrendo le tappe della vita del Vate, tra arte, politica e passioni.
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