2018-09-11
Se lo Stato impone l’orario ai negozi crea soltanto danni
I privati devono poter scegliere come gestire le loro attività. Ma i dipendenti hanno diritto a stipendi e turni adeguati. Il vicepremier Luigi Di Maio ha esternato la sua idea di imporre ai negozianti la chiusura domenicale e pure durante i giorni festivi. Le motivazioni addotte sono più o meno quelle di voler tutelare l'integrità della famiglia - non a caso la Chiesa sembra essere decisamente favorevole - e al tempo stesso i diritti dei lavoratori. Secondo il leader grillino la prassi di lavorare il settimo giorno della settimana ha spinto il piede sull'acceleratore dello sfruttamento. Stipendi bassi, a volte più bassi di quanto si paghi durante il feriale. La prima motivazione ci preoccupa. Facciamo un esempio. Immaginiamo di essere un negoziante che affitta il proprio esercizio. Il contratto di locazione copre 365 giorni all'anno, domeniche comprese. Vorremmo essere liberi di decidere come gestire la nostra impresa. Magari, lavorare la domenica per poter fatturare e coprire i costi di quelle 52 domeniche all'anno, cioè circa il 15% dei costi d'affitto che, se passasse la legge Di Maio, saremmo costretti a ricaricare sui prezzi. E quindi sui clienti. Oppure, più semplicemente il commerciante può decidere di intercettare quella clientela che può fare shopping solo la domenica. Perché durante la settimana lavora 12 ore al giorno. Tra l'altro, chi ha detto a Di Maio che la spesa e lo shopping si facciano da soli? Si possono fare con tutta la famiglia. Certo, chi lavora la domenica non può stare con la famiglia, ma se il dipendente è giustamente retribuito e può gestire in modo corretto le turnazioni non si sentirà certamente sottratto ai propri affetti. E qui arriva il secondo pilastro che sorregge la teoria di Di Maio: il lavoratore va tutelato. Sacrosanto. Ma non chiudendo i negozi, bensì consentendo a chi ha un contratto di guadagnare cifre decente. Di Maio sembra confondere il ruolo dello Stato. Quest'ultimo è un regolatore, non una mamma che decide che cosa i figli devono fare senza lasciare la libertà. Meno Stato c'è, meglio è per l'economia. Il ministero del Lavoro deve occuparsi di stimolare leggi che tutelino chi lavora e vigilare affinché vengano rispettate. Altrimenti accade come nell'Urss. La ricchezza è il modo per far crescere le famiglia e la società. Non c'è alcuna decrescita che possa essere felice. Ma soprattutto non c'è alcuna imposizione che porti benefici, a meno che tale imposizione serva e evitare un reato. Non è voler fare filosofia, ma garantire che le basi dell'economia restino salde. Vogliamo che il mondo occidentale resti il caposaldo della libertà d'impresa. Nulla di più. Anche se le affermazioni di Di Maio riportano a un tema squisitamente politico. Molti analisti hanno osservato che il divieto di lavorare la domenica stimolerebbe il commercio online. Se vieto infatti un servizio che comunque risponde a un'esigenza, quell'esigenza troverà altrove soddisfazione. Ad esempio, se ne gioverebbe Amazon. Lo scorso 1° febbraio nelle settimane clou della campagna elettorale, il candidato Di Maio accompagnato da Davide Casaleggio ha avuto a Milano un incontro riservato con i vertici dell'azienda di Jeff Bezos. Che cosa si siano detti nel dettaglio non è dato saperlo. Probabilmente hanno discusso di Web e di ecommerce. Se il governo ha in mente di rivoluzionare il sistema del commercio tradizionale - in nome della trasparenza -dovrebbe svelare i contenuti di quell'incontro. Magari pubblicando online i dettagli. Magari convincono i negozianti che sia meglio restare chiusi la domenica.