2023-10-01
Se la Meloni è complottista, nel 2011 cos’è successo?
I progressisti, che hanno spinto le trame per arrivare ai governi tecnici, criticano il premier che paventa la riedizione del 2011.Ah, riecco la solita destra becera e fascistoide, il consueto grumo di incapacità e risentimento che vellica le viscere dell’elettorato e non ha altro da offrire se non paura, disgusto e fregnacce. È la destra falsa e profittatrice che evoca il complotto perché non è in grado di gestire la cosa pubblica e per giustificare il proprio fallimento deve per forza individuare un capro espiatorio. Sono proprio soddisfatti e gongolanti gli editorialisti progressisti da quando Giorgia Meloni ha evocato i soliti noti che ordiscono trame oscure contro l’Italia giocherellando con lo spread e la pellaccia dei cittadini. «Sicuramente non cadrò per un complotto, non succederà quello che è successo ad altri prima di me. Se andrà male sarà per colpa nostra, per qualcosa di concreto», ha detto la premier, mostrando un piglio combattivo e contemporaneamente evocando le macchinazioni degli incappucciati della finanza. Francesco Bei, su Repubblica, se la ride della grossa. «Dunque, appena passata la boa di un anno dalle elezioni, torniamo al punto di partenza: il governo tecnico. O meglio la sua ombra, evocata dalla presidente del Consiglio come se esistesse davvero un grande piano architettato dalle lobby internazionali, in combutta con la sinistra domestica e i giornali, per detronizzarla. Uno schema perfetto e immaginario, un canovaccio riadattato riscrivendo la frottola che la destra italiana si racconta dal 2011, per non guardare in faccia la realtà. Quella realtà che Ignazio Visco, il governatore della Banca d’Italia, ha ricordato ieri con poche e semplici parole, richiamando gli apprendisti stregoni di palazzo Chigi a “tenere i nostri conti il più possibile in ordine”».La grande firma insiste, infilza a ripetizione, scomoda la grande letteratura per fare satira: «Meloni come Queequeg, aguzza lo sguardo per capire dove spunterà il suo avversario, come il ramponiere tatuato della Pequod che scruta l’oceano in cerca dello sbuffo di Moby Dick: la premier vede complotti e addirittura la lista dei ministri tecnici che già circola e non si avvede del fatto che la balena in realtà è sotto la nave. Ma l’ha evocata lei stessa, con i numeri della Nadef e con le sparate quotidiane dei suoi ministri e alleati di governo». Insomma, il complotto non esiste, o meglio sta soltanto nella paranoia dei destri incapaci. Non ci sono piani internazionali, non esistono pressioni esterne, non vi sono nemici ma solo imbecilli interni. A rincarare la dose di pensa Marcello Sorgi sulla Stampa, sbertucciando «l’ossessione del complotto». Egli spiega che quanto accadde a Berlusconi nel 2011 no fu - come al contrario sostiene la Meloni - «una sorta di complotto internazionale di opposizioni e giornali, in particolare quelli editi da Gedi, che fa capo al gruppo Exor». No, non ci fu alcuna manina cattiva, ne allora ne poi. Anzi, «i governi tecnici, nella recente storia politica italiana, sono stati la medicina per un Paese come l’Italia, malato di debito pubblico eccessivo e non in grado di curarsi, a prescindere dal colore dei governi». La conclusione del ragionamento è la solita: «Il complotto internazionale, dunque, non esiste», scrive Sorgi, definitivo. «È un incubo tipico dei leader politici quando si trovano in difficoltà. Meraviglia che la premier non si ricordi di quanti suoi predecessori hanno fatto ricorso inutilmente allo stesso allarme». Bene, benissimo. Dunque niente complotti, niente trame, niente spintarelle, niente manine, niente di niente. Anzi, i grandi giornali ci spiegano che tutti i governi tecnici sono stati regolarmente votati dal Parlamento, appoggiati e applauditi, e su questo non ci piove. Il punto che i nostri fini analisti si peritano di aggirare è: ma se non esiste il complotto, chi esattamente ha voluto che fossero calati dall’alto Mario Monti prima e Mario Draghi poi? Li hanno pretesi forse gli elettori o li hanno imposti per acclamazione? Forse i due tecnici risultavano sgraditi alle cancellerie europee e sono stati trascinati a palazzo Chigi dalla folla rombante nonostante il volere della Commissione Ue, del Fondo monetario internazionale, delle banche e dei fondi di investimento? Deve essere andata proprio così. Perché le chiacchiere stanno a zero: o complotti e trame esistono, oppure Monti e Draghi sono stati due fulgidi esempi di democrazia. O si accusa Giorgia di essere paranoica e mistificatoria, e la si deride, oppure si loda il Quirinale per aver allestito le operazioni Monti e Draghi. E allora, forse, tocca intendersi sui termini. A ben vedere, la Meloni non ha mai parlato esplicitamente di complotto: ha piuttosto descritto un sistema di pressioni internazionali e interne, condotte da potenze finanziarie, apparati stranieri e più piccoli poteracchi italici per condizionare le sorti della nazione. Si tratta, esattamente, di quelle che Marcello Sorgi chiama «medicine» per la nazione «malata». Quindi, cari amici illuminati, come la mettiamo? Se descrivete l’arrivo dell’uomo in Loden e del banchiere centrale come ottimo esempio di gestione controllata della cosa pubblica da parte delle più lucide forze sulla scena, come potete sostenere che non esistano e non siano mai esistiti scenari politici creati ad arte da regie superiori e (solo in piccola parte) occulte? Non vogliamo chiamarli complotti? Bene, chiamiamoli commissariamenti. Ma qui da noi ne sono stati fatti almeno due, in tempi recenti. E coloro che li applaudivano, coloro che leccavano le suole dei tecnici salvatori della patria, coloro che celebravano la maestria del Colle nel tessere raffinati orditi, ora fingono che i gemelli della paura Draghi&Monti siano stati convocati a seguito di scelte politiche lucide e naturali, e accusano la Meloni di delirare. Nonostante si cerchi di deviare tutto verso il pecoreccio, il fatto è che i complotti esistono, esistono i grandi giochi. E il bello è che non sono nemmeno oscuri, perché vengono paventati in campagna elettorale (dalla sinistra per screditare la destra) e rivendicati una volta avvenuti (sempre dalla sinistra per trovare un senso alla propria esistenza). Le trame ci sono, ma non sono nascoste: sono palesi a tutti, a chi le teme e a chi le alimenta. I negazionisti del complotto ne sono in realtà i primi fautori: hanno scambiato per talento politico la loro sindrome di Stoccolma.
L'ex amministratore delegato di Mediobanca Alberto Nagel (Imagoeconomica)