2018-08-16
Se i difensori della vita cedono alla cultura della morte
Meno di un anno fa l’American Association for Suicidology (Aas), organizzazione che lavora per la prevenzione del suicidio, pubblicò un documento in cui dichiarava che «suicidio tradizionale» e «suicidio assistito» (in inglese spesso indicato tramite la sigla Pad: Physician-Assisted Death, aiuto medico alla morte) sono «fenomeni concettualmente, medicalmente e legalmente diversi, con una porzione indeterminata di sovrapposizione tra le due categorie». A sostegno di questa tesi il documento indica alcune caratteristiche del suicidio «tradizionale» – la mancanza di competenza del suicida, la perdita di significato nella propria vita, il senso di disperazione vissuto dall'individuo – che ne fanno un distinto fenomeno sociologico rispetto al suicidio assistito, che implica l’affidamento al personale medico, il senso di «accettazione sociale», la morte «pacifica» nel conforto dei propri cari… La conclusione dichiara che l’impegno per la prevenzione del suicidio non ha «alcuna influenza» sull’atteggiamento dell’Associazione nei confronti del Pad; anzi, l’uso dell’espressione «suicidio assistito» è, secondo il documento, a tal punto motivo di confusione da dover essere abbandonato.Ora, è già fuorviante parlare di «suicidio assistito» perché in sostanza, di solito, si tratta di omicidio del consenziente. In più queste sigle - Pad come Ivg, Gpa, ecc. - sono uno strumento della neolingua per la manipolazione delle menti. Quindi dobbiamo impegnarci a non cadere nel tranello e chiamare le cose con il loro (sgradevole) nome. Detto ciò, la questione non è puramente «intellettuale» come potrebbe sembrare: un dibattito filosofico tra bioeticisti che rimane sul piano accademico. No, la determinazione del tipo di approccio da avere rispetto al tema è d’importanza cruciale per le iniziative di prevenzione del suicidio nei paesi in cui il suicidio assistito è legale: in altre parole, la convinzione secondo cui il suicidio assistito non è un male sociale, incide negativamente sul lavoro delle organizzazioni impegnate a ridurre i tassi di suicidio «tradizionale». La ragione è evidente (ma a quanto pare non a tutti): distinguere le modalità di esercizio con cui una condotta può essere realizzata, non significa distinguere più condotte diverse quante sono le modalità di esercizio. Alla luce della morale, infatti, esistono delle circostanze che effettivamente mutano la specie dell’atto: ad esempio uccidere per legittima difesa non rende colpevoli di omicidio; ma ciò non vuol dire che tutte le circostanze abbiano questo valore. Uccidere (o lasciar morire) una persona innocente, quale che ne sia la ragione e comunque sia fatto, è sempre ingiusto. Anche sul piano pratico, poi, a prescindere dai princìpi, la linea di demarcazione tra i due fenomeni è molto più labile di quanto qualcuno voglia far apparire. Come segnalato prontamente dal sito BioEdge, è di qualche giorno fa la pubblicazione, sulla rivista JAMA Psychiatry, di una dura critica del documento dell’Aas, da parte di tre psichiatri statunitensi, secondo cui in molti casi è estremamente difficile distinguere il suicidio assistito eseguito per motivi psichiatrici da un suicidio qualunque. In effetti, le caratteristiche del suicidio «tradizionale» possono effettivamente essere presenti nei casi di «dolce morte» per disturbi psichiatrici. Gli autori scrivono:«Le persone che ricevono il Pad psichiatrico condividono queste caratteristiche [con le persone che muoiono per suicidio, n.d.r.]: hanno tutte una qualche forma di malattia mentale; molti hanno anche disturbi di personalità, hanno tentato il suicidio, sono socialmente isolati o soli». Un esempio? Un cittadino olandese che «è saltato giù da un edificio, è sopravvissuto alla caduta con le cosce rotte, e poi ha ricevuto il Pad durante il conseguente ricovero in ospedale».
«Ci sono forze che cercano di dividerci, di ridefinire la nostra storia e di distruggere le nostre tradizioni condivise. La chiamano la cultura woke». Lo ha detto la premier Giorgia Meloni in un video messaggio al gala 50esimo anniversario della National Italian American Foundation a Washington. "È un tentativo di cancellare la storia fondamentale degli italoamericani e di negare il loro posto speciale in questa nazione. Non glielo permetteremo. Il Columbus Day è qui per restare», ha aggiunto il presidente del Consiglio ringraziando Donald Trump per aver ripristinato quest'anno la celebrazione.
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L'amministratore delegato e direttore generale di Gruppo FS Stefano Antonio Donnarumma premiato a Washington
L’amministratore delegato del Gruppo FS Italiane ha ricevuto il Premio Dea Roma della National Italian American Foundation per il contributo alla modernizzazione delle infrastrutture di trasporto e alla crescita sostenibile del Paese.
La NIAF (National Italian American Foundation) ha conferito a Stefano Antonio Donnarumma, amministratore delegato e direttore generale del Gruppo FS Italiane, il Premio NIAF Dea Roma come leader nell’eccellenza ingegneristica per la crescita nazionale e l’infrastruttura sostenibile.
La cerimonia si è svolta sabato 18 ottobre 2025 durante il Gala del 50° Anniversario della NIAF, all’Hotel Washington Hilton di Washington D.C. negli Stati Uniti d’America. Il riconoscimento è stato assegnato per evidenziare il ruolo cruciale svolto da Donnarumma nella trasformazione e modernizzazione delle infrastrutture di trasporto italiane, con un forte impegno verso la sostenibilità e l’innovazione.
«È un vero onore ricevere questo premio che ho il piacere di dedicare a tutti gli italiani che creano valore sia nel nostro Paese che all’estero e diffondono principi volti a generare competenze specifiche nell’ambito dell’ingegneria, della tecnologia e dell’innovazione. Nel Gruppo FS Italiane abbiamo avviato quest’anno un Piano Strategico da 100 miliardi di euro di investimenti che rappresenta un motore fondamentale per la crescita e lo sviluppo del Paese». ha dichiarato Stefano Antonio Donnarumma.
Sotto la guida di Donnarumma, il Gruppo FS sta promuovendo importanti progressi nello sviluppo di linee ferroviarie ad Alta Velocità e nelle soluzioni di mobilità sostenibile, contribuendo a collegare le comunità italiane e a supportare gli obiettivi ambientali nazionali. Il Piano Strategico 2025-2029 include diversi interventi per migliorare la qualità del servizio ferroviario, costruire nuove linee ad alta velocità e dotare la rete del sistema ERTMS per garantire maggiore unione fra le diversi reti ferroviarie europee. Più di 60 miliardi è il valore degli investimenti destinati all'infrastruttura ferroviaria, con l'obiettivo di diventare leader nella mobilità e migliorare l’esperienza di viaggio. Questo comprende l’attivazione di nuove linee ad alta velocità per collegare aree non ancora servite, con l'obiettivo di aumentare del 30% le persone raggiunte dal sistema Alta Velocità. Sul fronte della sostenibilità, inoltre, il Gruppo FS - primo consumatore di energia elettrica del Paese con circa il 2% della domanda nazionale – si pone l’obiettivo di decarbonizzare i consumi energetici attraverso la produzione da fonti rinnovabili e l’installazione di oltre 1 GW di capacità rinnovabile entro il 2029, pari al 19% di tutti i consumi del Gruppo FS, e di circa 2 GW entro il 2034. Fondamentale è anche il presidio internazionale, con una previsione di crescita del volume passeggeri pari al 40%.
Il Gruppo FS ha infatti inserito lo sviluppo internazionale tra le sue priorità, destinando una quota significativa degli investimenti al rafforzamento della propria presenza oltre confine. L’obiettivo è consolidare il posizionamento del Gruppo in Europa, ormai percepita come un’estensione naturale del mercato domestico, e promuovere una rete ferroviaria sempre più integrata e in linea con i principi della mobilità sostenibile.
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