2020-06-26
Scuola, Pd e genitori contro Azzolina. E Conte prega: «Dateci più tempo»
Lucia Azzolina (Simona Granati - Corbis/Getty Images)
Piano per le riaperture, manifestazioni in 60 città. Scontro totale con le Regioni, perfino il dem Stefano Bonaccini spara: «Linee guida irricevibili, servono 2 miliardi». Nuovo caos sulle mascherine: decisione dopo l'estate.«Dateci ancora un po' di tempo», chiedeva ieri il Conte mascherato, per poi mostrare l'intero volto mentre declamava: «La scuola è un pilastro del nostro sistema sociale, sono i nostri bambini, il nostro futuro». Non soddisfatto, il premier aggiungeva: «Sull'edilizia scolastica ci sono soldi mai usati, dovremo fare un miracolo». Le solite promesse, tagliano corto genitori e docenti, ieri scesi in piazza a protestare in 60 città italiane, inferociti per il tempo che è stato perso a elaborare delle linee guida su una riapertura a settembre, ogni giorno più improbabile. I genitori sono esasperati anche per l'assenza nel piano di indicazioni riferite ai bambini della fascia 0-3 anni. La situazione è incandescente, non a caso l'attesa conferenza Stato Regioni per la discussione della bozza elaborata dal ministro Azzolina, attesa ieri pomeriggio, è stata rimandata a oggi. Non era servita a calmare le acque e a trovare un'intesa nemmeno la riunione tecnica di mercoledì notte, con i ministri Lucia Azzolina (Istruzione), Francesco Boccia (Affari regionali) e Roberto Speranza (Salute), in videoconferenza assieme al presidente della Conferenza delle Regioni, Stefano Bonaccini, ad alcuni governatori tra i quali Massimiliano Fedriga del Friuli Venezia Giulia e Attilio Fontana della Lombardia e con assessori regionali all'Istruzione. Bonaccini, governatore dem dell'Emilia Romagna e presidente della Conferenza, ha attaccato il ministero: «Quelle linee guida che erano state presentate per noi non erano ricevibili. Abbiamo fatto delle controproposte». Si augura che venga trovato un accordo «altrimenti noi non potremmo dare l'intesa, ovviamente», scandisce il governatore. Manda altri messaggi ai dem: «Col governo bisogna che arriviamo a un accordo, o stanzia altri 2 miliardi di euro per le Regioni a statuto ordinario o interrompiamo le relazioni istituzionali». In mattinata, Matteo Salvini preferiva dichiarare: «Io mia figlia di 7 anni a scuola a settembre in un'aula buia, con la mascherina, non ce la mando». Con altri deputati e senatori leghisti aveva protestato davanti al ministero dell'Istruzione esibendo uno striscione di dura condanna nei confronti del ministro: «Azzolina bocciata!» era la scritta che campeggiava anche su numerosi cartelli. «Sono qui da genitore e non da senatore», ha tenuto a precisare il leader della Lega, «c'è un ministro non in grado di gestire la situazione, non c'è certezza per i presidi, i genitori, i sindaci e i nostri figli: non si sa quando si riparte, dove e come si riparte, chi mette la mascherina, chi mette il plexiglas. Chi paga non si sa, chi sanifica nemmeno. Un governo che mette la scuola in fondo a tutto non fa il bene del Paese». Anche il leader di FdI, Giorgia Meloni, ha criticato duramente il ministro dell'Istruzione paragonandolo a Ponzio Pilato in un fotomontaggio su Twitter perché «utilizza l'autonomia scolastica come pretesto per lavarsi le mani e scaricare su presidi e enti locali tutte le responsabilità sulla riapertura a settembre delle scuole». La Meloni ha espresso «solidarietà a sindaci, presidi, docenti, personale della scuola», ha smontato la bozza del ministro che non offre «nessuna risposta per scongiurare il rischio classi pollaio, sulle risorse per l'aumento dell'organico e sugli investimenti nell'edilizia scolastica». Proprio i dirigenti scolastici erano in prima fila ieri a protestare nelle piazze italiane, non ci stanno a dover essere loro a «definire soluzioni concrete e realizzabili» per la ripresa dell'attività scolastica: dalla rimodulazione delle aule agli ingressi scaglionati delle classi, dagli insegnamenti trasversali per accorpare le materie agli accordi con le associazioni del terzo settore. Soprattutto perché il ministero non accenna a risorse finanziarie destinate a nuove assunzioni di personale e di docenti, indispensabili per seguire lo «spezzettamento delle classi» con alunni di età diverse, i doppi i turni e gli studenti anche in aule «esterne alle scuole». Oggi le tensioni sono destinate ad aumentare perché le ultime indicazioni del Comitato tecnico scientifico, per riaprire in sicurezza a settembre, parlano di una distanza di almeno un metro «da bocca a bocca» degli studenti e di due metri dall'insegnante, quindi dalla cattedra. I banchi monoposto sarebbero consigliabili, secondo il Cts che ha aggiornato il documento di fine maggio e il ministro Azzolina ha detto chiaramente nella bozza che «le misure contenitive, organizzative, di prevenzione, protezione da attuare» fanno «esclusivo rinvio» al documento dei tecnici della salute. Per i presidi è un'altra, enorme grana da risolvere, già mancano aule, moltissime saranno insufficienti, gli alunni non potranno seguire le lezioni. Se poi diventano obbligatori i banchi singoli, dal prossimo autunno diciamo addio diritto all'istruzione garantito per tutti. Sull'obbligo o meno di mascherine, ogni decisione sembra sarà rinviata a inizio scuole. Siamo nel caos completo.
Tedros Ghebreyesus (Ansa)
Giancarlo Tancredi (Ansa)