2025-10-26
«Lezioni» di gender nelle scuole, ripensateci
La proposta di Valditara non doveva essere portata avanti. Ora, quantomeno, si introduca il contraddittorio.Pietro Dubolino, Presidente di sezione emerito della Corte di Cassazione Ben a ragione, su La Verità del 19 ottobre scorso, Marcello Veneziani metteva in luce come, sotto l’ingannevole etichetta di «educazione sessuale e affettiva» e con il dichiarato e altrettanto ingannevole scopo della lotta al «bullismo», si voglia, in realtà, da parte delle forze politiche asseritamente «progressiste», utilizzare la scuola come terreno di propaganda per le teorie che, per brevità, possiamo definire «gender»; quelle, cioè, secondo cui, in sintesi, sul sesso assegnato dalla natura deve prevalere ed essere riconosciuto quello «autopercepito» da ciascun soggetto e deve, pertanto, riconoscersi l’esistenza e la pari validità, rispetto al tradizionale modello di famiglia, di quelli basati sulla mera e transeunte affettività, omo ed eterosessuale, del tipo descritto, ad esempio, da Michela Murgia nel libro significativamente intitolato God save the queer.Si tratta, quindi, di un ben determinato indirizzo politico che, come tale, ha ovviamente pieno diritto di cittadinanza in un ordinamento democratico ma, come qualsiasi altro indirizzo politico sul quale vi sia dibattito nell’opinione pubblica, dovrebbe essere lasciato rigorosamente fuori delle aule scolastiche o, in alternativa, quando si voglia farvelo entrare, non dovrebbe comunque essere lasciato solo a dominare il campo. E invece è proprio quest’ultima ipotesi quella che sembra, implicitamente, data per ammessa nel disegno di legge d’iniziativa del ministro dell’Istruzione, Giuseppe Valditara, attualmente in discussione alla Camera, per il quale la partecipazione di ciascun alunno a eventuali attività extracurricolari su temi attinenti alla sessualità dovrebbe essere subordinata al previo e informato consenso scritto della famiglia o, se maggiorenne, dello stesso alunno. La ritenuta necessità, infatti, di un tale consenso non è certamente riconducibile alla delicatezza, in sé e per sé, dei temi in questione. Deve, infatti, presumersi, in un contesto qual è quello attuale, che su di essi i possibili partecipanti siano già più che adeguatamente informati dal momento che, secondo lo stesso disegno di legge (anche a seguito di modifiche già apportate in commissione), le attività di cui si discute potrebbero svolgersi solo nelle scuole secondarie superiori, i cui alunni hanno, di regola, compiuto almeno il quattordicesimo anno di età.Appare, perciò, lecito pensare che, proprio dandosi per scontata la connotazione marcatamente politica in unica direzione che fatalmente avrebbero le attività in questione, si sia ritenuto giusto offrire, a quanti fossero di diverso orientamento politico, la possibilità di sottrarvisi. Ciò per evitare loro di dover scegliere tra la sofferenza del subire passivamente e il rischio dell’apertamente contrastare, in ambiente presumibilmente ostile, un messaggio politico al quale essi, a torto o a ragione ma comunque nel loro pieno diritto, fossero pregiudizialmente avversi.Ed è questa una finalità che, date le circostanze, potrebbe condividersi, senza tuttavia nascondersi gli inconvenienti che essa porta con sé. Tra essi, in particolare, quello costituito dall’imbarazzo nel quale facilmente potrebbero venire a trovarsi le famiglie, combattute fra il desiderio di sottrarre i figli a influenze ritenute perniciose e quello di non creare o alimentare fratture tra essi, da una parte, e i loro compagni e il corpo insegnante dall’altra. Senza contare, poi, la possibilità di aspri dissidi che verrebbero a crearsi all’interno delle stesse famiglie tra chi fosse favorevole e chi contrario alla partecipazione alle attività in discorso. Ed è, a questo proposito, da segnalare la grave lacuna riscontrabile nel disegno di legge laddove, nel prevedere la necessità del consenso informato «dei genitori», nulla si dice circa il da farsi nella tutt’altro che peregrina eventualità - specie nel frequente caso di coppie separate - che uno di essi dia il consenso e l’altro lo neghi. In realtà, una volta ritenuto che non vi sia - come, in effetti, non vi è - alcuna norma, statale o europea, che renda obbligatorie attività extracurricolari su temi attinenti alla sessualità (tanto che esse, nel disegno di legge, risultano espressamente escluse per la scuola primaria e per quella secondaria di primo grado), nulla avrebbe impedito di vietarle, puramente e semplicemente, per tutte le scuole di ogni ordine e grado. E sarebbe stata, forse, la soluzione migliore sotto il profilo della coerenza rispetto agli indirizzi ai quali, nella materia in questione, i partiti attualmente al governo affermano (sia pure con qualche occasionale sbavatura) di volersi ispirare, conformemente, del resto, alla stragrande maggioranza dei loro elettori e, con ogni probabilità, anche alla maggioranza dell’intero popolo italiano. E il prezzo da pagare non sarebbe stato presumibilmente superiore a quello che anche ora deve pagarsi a fronte di un’opposizione che appare non meno radicale e decisa di quanto lo sarebbe stata se quella anzidetta fosse stata la soluzione prescelta dal governo. In mancanza di essa e rimanendo, quindi, sulla linea alla quale si ispira il disegno di legge attualmente in gestazione, sarebbe tuttavia auspicabile che, oltre a colmarsi la lacuna di cui si è detto in precedenza, si introducesse anche l’obbligo di far sì che i soggetti esterni da coinvolgere, come previsto all’articolo 2, nelle attività formative anche extracurricolari (ivi comprese, quindi, quelle attinenti alla sessualità) siano rappresentativi di almeno le principali fra le varie opinioni in contrasto e siano dotati di pari competenza e autorevolezza, in modo che l’eventuale confronto si svolga ad armi pari. Ciò impedirebbe ogni tentativo di indottrinamento e favorirebbe la partecipazione di tutti gli studenti, facendo venir meno quella che, il più delle volte, sarebbe la principale ragione del rifiuto. Ma c’è da scommettere che una tale modifica incontrerebbe la più che mai decisa opposizione della sinistra, essendo per essa più vantaggioso mantenere la possibilità di indottrinamento di una parte almeno degli studenti piuttosto che sottoporsi alle regole di un confronto ad armi pari cui partecipino tutti gli studenti e nel quale essa potrebbe risultare soccombente.
Il segretario della Uil Pierpaolo Bombardieri (Ansa)
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