2020-08-24
Scorpacciate di pinoli. Ecco perché fanno bene a salute e economia
I frutti delle pigne possiedono grandi proprietà nutritive con zuccheri e proteine in perfetto equilibrio Cina leader, ma noi ne abbiamo di ottima qualità.Spiega la Treccani on line che il lemma «pignòlo», con la variante rara «pignuòlo», è un sostantivo maschile, derivato da «pigna», che significa «pinolo», cioè «ciascuno dei semi contenuti nella pigna» e che, in senso figurato, indica la «persona che agisce e si comporta con eccessiva pedanteria, che nello svolgimento di un'attività mette, e soprattutto pretende dagli altri, una cura meticolosa, eccessiva, spesso inutile, anche nei particolari più insignificanti, che è rigidamente attaccata ai principî e ai regolamenti» e che «quest'uso figurato è probabilmente fondato sul confronto con il pignolo strettamente incastrato nella pigna e la persona che non sa liberarsi da schemi mentali rigidi e minuziosi». Un'altra espressione tipica che coinvolge il campo semantico del nostro piccolo amico è «avere le pigne in testa» (ci sono anche le varianti «avere le pigne nella testa» e «avere le pigne al posto del cervello»): così si descrive e soprattutto si spiega chi esprime idee bislacche con così tanta convinzione da parere quindi ottuso cioè duro come una pigna. I pinoli si chiamano anche pinoccoli o pinocchi, da cui il nome dello storico burattino ideato da Carlo Collodi, figura costituita da un guscio di legno che protegge una vita interiore, proprio come il pinolo. I pinoli, infatti, sono i semi commestibili di alcune specie di pini: dalla tipica forma oblunga, come mini mandorle, e il colore avorio-giallognolo, i semi sono ricoperti da due involucri, uno interno molto sottile e uno esterno legnoso e rigido che, tipicamente, è ricoperto da una polvere nerastra che macchia le dita e che è la resina, ormai seccata, prodotta dalla pigna per preservare il seme. I pinoli si trovano nello strobilo, anche detto cono o appunto pigna, nella misura di due sotto ogni brattea legnosa. Il rapporto della pigna con un certo ordine geometrico-matematico non finisce qui: la famosa successione che Fibonacci, il notissimo matematico italiano del tredicesimo secolo, ideò per spiegare l'avanzamento riproduttivo di una coppia di conigli e per la quale ogni numero dal terzo in poi è la somma dei due che lo precedono, è una sequenza che si ritrova in varie forme naturali come le spirali delle conchiglie o i petali delle margherite e, anche, nella pigna. Guardando una pigna staccata dall'albero dalla parte del peduncolo, si noteranno 8 spirali che girano in senso antiorario e 13 in senso orario. Pigna è il nome volgare e al contempo il più noto per identificare questa struttura vegetale delle Gimnosperme formata dalle foglie fertili, appunto le brattee, sulle quali appoggiano le sacche polliniche se lo strobulo è maschile e gli ovuli se si tratta di strobulo femminile: ogni bratta, anche detta squama, può essere copritrice sterile oppure ovulifera fertile, in questo caso con due ovuli.Dopo la fecondazione, lo strobulo femminile lignifica e produce i semi, come abbiamo visto sempre due per brattea. Le Gimnosperme, piante molto antiche, legnose con foglie aghiformi o squamose che comprendono più di 1000 specie, producono semi che non sono non protetti da un ovario, ma che restano nudi e visibili come accade nella pigna, mentre le Angiosperme producono i propri semi all'interno di un ovario che poi diventerà il frutto. Chiamiamo genericamente pino l'albero da cui cadono (o raccogliamo) le pigne. E però si tratta di un genere, Pinus, appartenente alla famiglia delle Pinaceae, ordine Pinales, divisione Pinophyta - è carino sapere che questa divisione include la grande maggioranza delle piante chiamate comunemente conifere, lemma che infatti significa «portatrici di coni», cioè di strobili, molto usate per produrre la carta - che conta circa 120 specie di pini, che sono arbusti e alberi sempreverdi. In Italia abbiamo il pino silvestre, il pino cembro e il pino mugo (che è un arbusto) nelle zone alpine, ancora il pino mugo, il pino nero e il pino loricato in alcune aree appenniniche e poi il pino marittimo, il pino domestico e il pino d'Aleppo nella zona mediterranea. Assieme agli abeti, i pini caratterizzano i boschi italiani d'alta montagna. Delle Pinaceae fanno parte anche i pecci, considerati alberi ornamentali per il loro portamento molto simmetrico. Può essere interessante sapere che i pecci hanno le pigne pendule mentre gli abeti le hanno erette. Come per gli abeti, invece, le foglie, che sono aghi, sono inserite una per una sui rami, mentre quelle dei pini sono riunite in mazzetti, gruppi di 2, 3 o 5 e non direttamente sui rami, ma su ulteriori rametti corti detti «brachiblasti». In Europa, le specie di pino che producono semi abbastanza grandi da essere commestibili sono due, il pino domestico, quel Pinus pinea anche detto «pino da pinoli», e il pino cembro, cioè il Pinus cembra, che produce semi più grandi, di guscio beige, mentre i pinoli del Pinus pinea sono più rossicci, ma vive in zone più disagevoli. Ci sono poi i pinoli del Pinus pinaster, molto diffuso in Toscana, Liguria e Sardegna, col guscio marrone scuro e la pigna di forma più allungata rispetto a quella del Pinus pinea, più arrotondata. Nel resto del mondo ci sono circa altre 20 specie del genere Pinus che producono semi abbastanza grandi da giustificarne la coltivazione o la raccolta, ma il nostro pino domestico, protagonista di boschi e pinete nostrani, è leggendario anche fuori d'Italia: alto fino a 25 metri, col tronco corto e la grande chioma a globo, che col passare del tempo diventa sempre più simile a un ombrello, è considerato l'albero simbolo della nostra nazione, infatti nel mondo anglosassone il pino domestico è chiamato «Italian stone pine» e in Francia «pin d'Italie». Anche la pittura ha reso omaggio all'identità italiana del pino domestico: la bella tela del 1807 del pittore olandese Hendrik Voogd si intitola proprio Paesaggio italiano con pini domestici e ne raffigura un maestoso esempio. La raccolta delle pigne per la produzione agricola di pinoli (una pigna impiega tre anni a produrli) avviene nel periodo compreso da ottobre a giugno, poi si lasciano ad essiccare in mucchi al sole estivo finché le squame si aprono e cadono i pinoli. Volendo raccogliere pinoli con le nostre mani sotto i pini di parchi e pinete a libero accesso, è in questo periodo che possiamo andare a passeggiare sotto le verdi chiome e sugli aghi che, caduti giù e ormai secchi, tappezzano di color rame il terreno. Ci basterà poi una pietra per rompere, schiacciandolo, il guscio ligneo del nostro e ottenere un prezioso bottino di pinoli. Per farci? Abbiamo solo l'imbarazzo della scelta.Per noi italiani il pinolo è un alimento insostituibile in una serie di preparazioni culinarie tradizionali, come le pinoccate umbre (di origine medievale, sono una sorta di caramelle di pinoli e sciroppo di zucchero), il pesto alla genovese ligure e la torta della nonna toscana. In barba alla religione contemporanea globalista, è sempre successo che il prodotto locale creasse l'abitudine culinaria. Le ricette con i pinoli sono nate proprio laddove era presente un certo tipo di pino: il pesto alla genovese, per esempio, si faceva con i pinoli di pino domestico tipico di quell'area, lo strudel, invece, con i pinoli di pino cembro. Al di là di queste specifiche questioni storico-alimentari, la produzione di tutti i pinoli italiani sta purtroppo subendo lo stesso destino di altre colture, cioè una pesante invasione concorrenziale straniera. Consumiamo circa 4.000 tonnellate l'anno di pinoli, ma ne produciamo soltanto 200 tonnellate (consideriamo che da 100 chili di pigne si ottengono circa 25 chili di pinoli con guscio e 6-8 chili di pinoli sgusciati), importando il resto dal bacino del Mediterraneo, dal Pakistan e, per la maggior parte, dalla Cina. Il volume d'affari del pinolo per la grande distribuzione italiana è intorno ai 50 milioni di euro, ma se si registra un aumento del volume di vendita di pinoli, al contempo occorre riflettere sul calo di fatturato del pinolo italiano. Guardiamo sempre la provenienza, quindi, al supermercato, e scegliamo il pinolo italiano. Il pinolo cinese costa circa 50 euro al chilo, mentre quello italiano magari biologico può costare anche 120 euro al chilo, ma comprare il nostro vuol dire salvaguardare un prodotto agricolo per noi decisamente identitario e migliore. Primo produttore mondiale (copre il 62%, seguita dalla Corea del Nord), la Cina offre a prezzi assai bassi i pinoli del Pinus koraiensis, che sono molto meno pregiati dei nostri.I pinoli, che inseriamo nella categoria alimentare di frutta secca e semi oleosi, sono un alimento altamente nutriente, consigliato per i bambini durante la crescita, per le donne durante la gravidanza e l'allattamento e in generale per chiunque abbia bisogno di una sferzata di energia. Un etto di pinoli apporta 673 calorie e possiede circa il 40% di grassi, ma anche chi è in sovrappeso non deve allarmarsi, vista l'esigua quantità che comunque se ne mangia abitualmente rispetto ad altra frutta secca o semi oleosi. Inoltre, i pinoli contengono più grassi insaturi che saturi e questo è positivo, essendo un eccesso di grassi saturi un importante fattore di rischio per le patologie cardiovascolari, quelle tumorali, l'obesità e la dislipidemia. Per un totale di 68 grammi di grassi su 100 grammi di pinoli, 4,9 sono saturi, ma 35 polinsaturi e 29 monoinsaturi. È degna poi di nota, fra questi, la presenza di acidi grassi omega 6 come l'acido pinoleico, che aiuta anche a perdere peso riducendo l'appetito. Le proteine, 14 grammi, sono di poco maggiori ai carboidrati, che sono 13 grammi di cui 3,6 di zuccheri e il resto di carboidrati complessi. Questa quasi parità di ripartizione permette ai pinoli di non sbilanciare verso i glucidi o verso le proteine le pietanze alle quali sono aggiunti. Ricchi di fibre, sono poi tanto rimineralizzanti: contengono 2 milligrammi di sodio, 16 di calcio, 251 di magnesio e ben 600 milligrammi di potassio. Il sodio e il potassio regolano la pressione sanguigna, aiutano il buon funzionamento dei muscoli e, se sbilanciati - troppo sodio e troppo poco potassio, come non avviene nel pinolo - sono i responsabili dell'odiosa ritenzione idrica. Il calcio fortifica ossa e denti e combatte nervosismo, ansia e depressione, il magnesio mantiene in buona salute il sistema nervoso e aiuta l'organismo a produrre energia. I pinoli sono anche antiossidanti: un etto contiene circa 17 microgrammi di beta-carotene e 9 di luteina e zeaxantina, che contrastano i radicali liberi e fortificano la visione notturna, lo sviluppo osseo e il sistema immunitario. Cerchiamo di essere pignoli, allora, ma solo nel mangiare più pinoli italiani possibile!