2021-04-08
Ecco come scoprire se dopo il vaccino ci possiamo infettare e contagiare gli altri
I casi di Matteo Renzi e del sociologo Domenico De Masi confermano: la profilassi non è infallibile. Ma un test può dire quanto il farmaco è stato utile.Positivo al coronavirus dopo la seconda dose del vaccino. Un'eventualità rara ma non impossibile quella occorsa al sociologo Domenico De Masi, intervenuto martedì a L'aria che tira per raccontare la sua sfortunata vicenda. Circa due settimane fa l'ex docente della Sapienza ha avuto un forte raffreddore, ma l'ultima cosa alla quale ha pensato è stata per l'appunto aver contratto il Covid, dal momento che i sintomi si sono presentati dopo aver ricevuto la seconda dose del siero. «Ritenevo inutile fare il tampone perché ormai mi sentivo fuori pericolo», ha dichiarato De Masi, che però si è dovuto sottoporre al test per partecipare a un programma televisivo. E invece, con sua somma sorpresa, il sociologo è risultato positivo al virus. Cosa forse più preoccupante, De Masi ha contagiato la moglie, la quale suo malgrado ha passato la malattia in forma sintomatica.Sfortuna, incidente di percorso o cos'altro? In effetti, il caso di De Masi ha messo in difficoltà gli esperti. Quando a fine marzo, intervenendo a Stasera Italia, il sociologo ha spiegato per la prima volta gli eventi, il virologo Fabrizio Pregliasco ha addirittura azzardato la possibilità che si trattasse di un falso positivo. Mercoledì, invece, l'immunologo del Policlinico Umberto I di Roma Francesco Le Foche, pur ammettendo la possibilità concreta che De Masi abbia contratto il coronavirus dopo il vaccino, ha ipotizzato una finestra temporale di contagiosità pari a «poche ore», vale a dire il tempo necessario affinché il sistema immunitario potesse attivarsi. Curiosamente, si tratta del secondo caso in pochi giorni che coinvolge un personaggio noto al grande pubblico e colpito dal virus dopo la somministrazione del vaccino. Proprio in questi giorni, l'ex premier Matteo Renzi ha confessato che la moglie Agnese è stata contagiata dopo aver ricevuto la dose Astrazeneca. «Ha preso il Covid Emanuele, mio figlio di 18 anni, poi Agnese che si era vaccinata», così il senatore di Rignano, «si può prendere il Covid anche dopo il vaccino».Nessuna novità, a onore del vero. Come specificato a suo tempo dall'Agenzia italiana del farmaco in occasione dell'autorizzazione dei vaccini attualmente in uso, la protezione non avviene subito dopo la somministrazione, ma una settimana dopo la seconda dose nel caso dei vaccini a mRna (Pfizer-Biontech e Moderna), e circa tre settimane dopo l'inoculo per ciò che concerne il siero Astrazeneca. Prima di allora, dunque, non è garantita la copertura dalla malattia. C'è di più, perché l'Aifa avverte che per entrambe le tipologie di farmaci «è necessario più tempo per ottenere dati significativi per verificare se i vaccinati si possono infettare in modo asintomatico e contagiare altre persone», perciò «sebbene sia plausibile che la vaccinazione protegga dall'infezione, i vaccinati e le persone che sono in contatto con loro devono continuare ad adottare le misure di protezione anti Covid-19». Tradotto con parole più semplici, non è del tutto esclusa la possibilità che chi ha ricevuto il siero possa a sua volta essere contagioso. Esattamente, cioè, come avvenuto al sociologo Domenico De Masi.Particolari arcinoti forse per gli addetti ai lavori, ma che stridono con la narrazione semplicistica che i media mainstream offrono spesso e volentieri al grande pubblico. Una visione dicotomica a tal punto da risultare schizofrenica, e nella quale ai vaccini viene attribuita a giorni alterni una connotazione salvifica - tanto che chi osa levare anche solo il minimo dubbio viene bollato come pericoloso «no vax» - oppure demoniaca, come insegna il recente caso Astrazeneca. Eppure, come si può facilmente intuire, la questione è assai più complessa. Occorre che le prime evidenze positive emerse dalla sperimentazione clinica vengano testate sul campo della campagna di vaccinazione di massa. Ciò potrà portare a risultati inferiori del previsto, ad esempio, in termini di efficacia del vaccino, oppure a far emergere effetti collaterali non riscontrati in precedenza. Per dirla in altri termini, rimane ancora tanto da scoprire sia sul Covid che sul vaccino.Uno studio pubblicato alla fine dello scorso mese sul prestigioso New England journal of medicine ha cercato di fare chiarezza sulla possibilità di incorrere nel contagio a seguito della vaccinazione. Esaminando i dati di quasi 37.000 operatori sanitari vaccinati negli atenei di San Diego e di Los Angeles, si è scoperto che 379 di essi sono risultati positivi al virus dopo la somministrazione. Nove su dieci dopo la prima dose, mentre appena due su 1.000 trascorse due settimane o più dalla seconda dose. Potranno sembrare percentuali risibili, ma pur sempre in grado di restituire numeri importanti se rapportate su popolazioni molto ampie come quella di un intero Paese. Se ipotizzassimo di vaccinare tutti gli italiani e applicare le stesse proporzioni ricavate da questa ricerca, avremmo 600.000 potenziali positivi dopo la prima dose, e 12.000 dopo la seconda. Tutto dipende dalla capacità da parte del vaccino di indurre una risposta immunitaria adeguata a seguito della somministrazione. Può essere utile sapere che in commercio esistono particolari test sierologici, disponibili a una manciata di euro anche presso strutture private, in grado di saggiare quantitativamente nel giro di appena 24 ore la produzione degli anticorpi vaccino-specifici e, dunque, di dirci se il farmaco ricevuto ha fatto il proprio dovere. Un modo semplice e veloce per misurare la bontà del vaccino e, chissà, utile a tornare più velocemente alla vita di una volta.