2024-12-10
«La surrogata può rovinare la vita ai bimbi»
Un saggio della psicologa belga Schaub-Thomas elenca tutti i danni dell’utero in affitto sui piccoli strappati alle madri naturali. «È un trauma che potrebbe sconvolgere persino un adulto. Nei figli suscita un’angoscia di morte legata all’ansia di abbandono». Da anni, ormai, l’intero dibattito sull’utero in affitto - compreso quello che si è sviluppato qui dopo l’approvazione della legge che lo ha reso reato universale - si concentra sui diritti delle donne e delle coppie. Da una parte si sostiene che il corpo femminile non può essere sfruttato e che la vita non è un bene commerciabile; dall’altro si rivendica un presunto diritto alla genitorialità. Quasi sempre manca un pezzo del discorso: quello relativo ai diritti dei bambini. Il più delle volte i difensori della gestazione per altri ripetono le frasi fatte secondo cui è sufficiente che un piccino abbia genitori che lo amano e che lo hanno «desiderato». Eppure la faccenda non è così semplice, le domande a cui rispondere sono parecchie. Prima di tutto occorre chiedersi: che conseguenze ha su un neonato il fatto di strapparlo alla madre biologica appena dopo il parto? A questo risponde un saggio intitolato Il grido segreto di un bambino. Maternità surrogata e il diritto di chi nasce, appena pubblicato da Lindau e firmato da Anne Schaub-Thomas, psicologa e psicoterapeuta belga specializzata nell’analisi e nel trattamento dei ricordi prenatali e dei primi traumi della vita. Nel libro, la dottoressa raccoglie tutte le evidenze scientifiche a proposito dei traumi che si possono provocare nei bambini separandoli alla nascita dalla madre. E a quanto risulta, questi traumi non sono per nulla indifferenti. «Durante i primi nove mesi di vita i bambini formano un legame intimo con la mamma che li porta in grembo e in questo legame gettano le basi della loro fiducia nella vita, nel mondo esterno e in sé stessi», spiega Schaub-Thomas. «Alla luce delle situazioni cliniche dei bambini sofferenti, c’è motivo di concordare sul fatto che i ricordi emotivi, sia quelli felici che quelli evocativi di relazioni conflittuali, possono lasciare un’impronta duratura nella psiche di un bambino in gestazione o al momento della nascita, lasciando un’impronta profonda. Di conseguenza, è logico supporre che nel bambino generato con la maternità surrogata ci possa essere una sofferenza iniziale profonda e significativa. Sta diventando chiaro che le fratture e le separazioni materne precoci avranno il potere, prima o poi, di diffondere i loro effetti nocivi nel futuro percorso di vita del bambino e dell’adolescente che diventa adulto. Nel caso della maternità surrogata, ha perfettamente senso parlare del danno significativo causato al bambino dal fatto stesso di essere esposto a un’angoscia di morte legata all’ansia di abbandono». Del resto, «una madre che scompare alla nascita» è, per il bambino, «una madre che muore».Riferendosi al lavoro dello psichiatra britannico John Bowlby, Anne Schaub-Thomas spiega che esiste «una correlazione tra l’intensità dei sentimenti di separazione, l’età dell’individuo e la durata della separazione». Bowlby «ha osservato che i bambini molto piccoli sono disturbati anche da separazioni brevi. I bambini più grandi sono disturbati da separazioni più prolungate. Gli adulti sono disturbati quando la separazione è protratta o diventa permanente, come nel caso, ad esempio, di un lutto. La separazione imposta nella maternità surrogata ai neonati (non sono forse dei bambini molto piccoli?) non è una separazione breve che già disturberebbe il bambino, è una separazione permanente che avrebbe il potenziale di sconvolgere un adulto! Cosa possiamo dire dell’esperienza del bambino nel caso di una separazione così radicale e definitiva? Logicamente, possiamo dedurre che ciò che disturberebbe un adulto in una tale situazione di separazione permanente potrebbe rappresentare uno tsunami interiore per un neonato, che non ha altro aiuto se non la sua sensibilità a fior di pelle per valutare questa perdita incomprensibile e, per lui, esiziale, rovinosa».Certo, può essere che il bambino separato dalla madre, una volta immerso in un ambiente accogliente e amorevole, possa trovare una sorta di compensazione. «Tuttavia, qualunque sia la storia d’amore familiare che emerge dopo la separazione alla nascita, non è assolutamente possibile prescindere dall’entità del danno causato, che è la premessa della nuova storia di attaccamento. Le rotture consapevolmente inflitte alla vita del bambino sono realmente esistite per lui o per lei, e probabilmente lasceranno un segno duraturo sotto forma di una sofferenza segreta, pervasiva e indelebile, che riguarda l’intera persona».Di tali forme di sofferenza esistono già alcune testimonianze, fornite da figli e figlie della maternità surrogata che hanno scelto in questi anni di raccontare la loro esperienza. Certo, non è detto che tutti i bambini reagiscano allo stesso modo. E magari non tutti finiranno per stare male. Ma alcune certezze restano. Ad esempio il fatto che «il sistema psichico e intellettuale di un bambino piccolo non è ancora dotato di ciò che in psicologia chiamiamo permanenza dell’io e dell’oggetto. Il sistema nervoso del neonato è estremamente immaturo», dice Schaub-Thomas, «il che lo rende ancora più ricettivo alle informazioni sensoriali. In assenza di organizzazione psichica, il legame con la madre è principalmente sensoriale. Questo spiega perché trovarsi a distanza dalla madre surrogata, da cui il bambino si è lasciato impregnare per nove mesi, crea un disturbo nei suoi sensi (privazione di punti di riferimento sensoriali) e di conseguenza provoca uno stress tale che il bambino lo assimila a un’angoscia di disgregazione e di morte; un’angoscia arcaica di perdere il proprio corpo. Il neonato non ha ancora una maturità cognitiva sufficiente per spiegare consapevolmente e razionalmente una situazione di allontanamento dalla donna da cui è nato, che sente ancora come sua madre e che conosce da tanti mesi».Il punto è che «madre e bambino sono legati da una rete indissolubile di legami, ognuno più sottile dell’altro. Nascondere o negare l’importanza di questa fiorente attività vitale di natura sia biologica che relazionale, decisiva per il rapporto del bambino con la madre fin dal periodo prenatale, significa essere fuori dalla realtà». Secondo Schaub-Thomas, «un danno indicibile e indelebile, profondamente radicato nel piccolo essere umano, è provocato dal concepire la sua vita al di fuori dell’iniziale incontro intimo carnale dei genitori, senza poi portare al termine il periodo di gestazione nel seno di quella che sarà la madre per tutta la vita, per di più creando deliberatamente una situazione di abbandono alla nascita da parte della madre surrogata. Queste circostanze di ingresso nella vita in una situazione di rottura della parentela sono suscettibili di influenzare l’equilibrio di vita del bambino, quello della sua famiglia e quello dei suoi discendenti».Separare un neonato dalla madre significa insomma polverizzarne l’integrità, spezzare legami fondamentali per la sopravvivenza stessa. Nella maternità surrogata, preceduta in tutti i casi dalla procreazione medicalmente assistita, che il più delle volte prevede la fecondazione in vitro con trasferimento di uno o più embrioni, l’unità biologica e il continuum relazionale vengono interrotti. Questa rottura nel processo di concepimento e gestazione si ripete quando il neonato viene separato dalla madre surrogata, che avrebbe dovuto costituire per il bambino un rifugio di tranquillità e sicurezza di base. Alla luce delle neuroscienze, oggi sappiamo quanta angoscia, ansia e tristezza provano i neonati e le loro madri quando vengono separati, e quanto sia fondamentale evitare di separarli».Il dramma è proprio questo: i danni che si possono provocare ai bambini sono noti. Ma in troppe parti del mondo l’utero in affitto rimane ancora una disgustosa realtà. E anche qui c’è chi non si rassegna e insiste a presentarlo non soltanto come una pratica accettabile ma addirittura come - appunto - un «diritto» di chi desidera diventare genitore. Ed è così che, nascondendosi dietro falsi diritti, si continua a rischiare consapevolmente di distruggere la vita dei bambini pur di soddisfare coppie che confondono il desiderio con l’amore.
«Haunted Hotel» (Netflix)
Dal creatore di Rick & Morty arriva su Netflix Haunted Hotel, disponibile dal 19 settembre. La serie racconta le vicende della famiglia Freeling tra legami familiari, fantasmi e mostri, unendo commedia e horror in un’animazione pensata per adulti.