2024-04-26
Scatta la tassa per entrare a Venezia tra dubbi giuridici e molte esenzioni
Da ieri, ticket di 5 euro per i turisti mordi e fuggi. Ma gli arrivi non calano (e quelli tenuti a sborsare son pochi). Proteste e scontri tra attivisti e polizia. Per i critici la misura è incostituzionale. Luigi Brugnaro: «Bisognava agire».Viene in mente la famosa scena di Non ci resta che piangere, con la guardia di frontiera che chiede a Benigni e Troisi: «Un fiorino!». Il sindaco Luigi Brugnaro, però, difende il ticket di 5 euro per l’ingresso a Venezia, entrato in vigore ieri, in occasione del 25 aprile: «Chiedo scusa per il disagio ma dobbiamo fare qualche cosa. La maggior soddisfazione è vedere chi si avvicina ai varchi sventolando il Qr code d’accesso: hanno capito». I turisti mordi e fuggi, quelli che non pernottano nella città lagunare, sono tenuti a registrarsi sull’app MyPass e a pagare l’obolo, per la fascia oraria che va dalle 8 alle 16.30, se vogliono godersi le meraviglie che l’Unesco considera patrimonio dell’umanità. La sperimentazione del nuovo sistema per «diluire le visite» - è lo scopo dichiarato da Brugnaro - durerà fino a domenica 5 maggio. Dopodiché, il contributo sarà dovuto ogni fine settimana, fino a quello del 13 e 14 luglio, con l’eccezione del 2 giugno, festa della Repubblica. Dal primo di quel mese, scatteranno anche un tetto per i gruppi (comitive da massimo 25 persone) e il divieto, per le guide, di utilizzare altoparlanti. I controlli sono coordinati da una sala del Comune, nella quale confluiscono le immagini delle telecamere e i dati dei sensori contapersone. Per i trasgressori, niente carcere dei Piombi: verrà intimato loro di pagare. Ieri, «nessuno ha protestato e tutti quanti erano informati», hanno garantito gli assessori al Bilancio e al Turismo, Michele Zuin e Simone Venturini. In realtà, qualche centinaio di attivisti, tra comitati per la casa ed ecologisti, ha manifestato in Fondamenta Santa Chiara e non sono mancate tensioni con la polizia, quando il corteo ha provato a imboccare la strada che portava alla stazione. Intanto, gli 80.000 arrivi previsti - con 7.000 paganti - si sono trasformati in una fiumana di 100.000 persone, delle quali hanno corrisposto il contributo in 8.000. Queste cifre certificano che l’imposta non scoraggia i visitatori e nemmeno incide granché sulla massa di individui che si riversa tra le calli. La «colpa» è della cornucopia di esenzioni: non devono nulla, ovviamente, i veneziani (a loro basterà esibire la carta d’identità, le altre categorie dovranno scaricare un apposito codice a barre), i cittadini veneti, i lavoratori occasionali, i residenti temporanei, i turisti che dormono in hotel, i bambini sotto i 14 anni, le persone con disabilità. Biglietto promosso o bocciato? Che l’invasione di viaggiatori sia un guaio per la città - a proposito: mercoledì, dal campanile di San Marco sono caduti pezzi di cemento armato, per fortuna senza ferire nessuno - lo ha confermato la stessa Unesco. Per ben due volte, il suo comitato World heritage ha proposto di inserire Venezia nella lista dei siti in pericolo anche a causa del «turismo di massa», che minaccia di recare «danni irreversibili». I selvaggi assediano il gioiello della Laguna. Basti citare i ganassa dei tuffi nei canali: a marzo 2023, uno squinternato si lanciò dal tetto di un palazzo affacciato su Rio Novo; pochi mesi dopo, un altro genio prese la rincorsa sul Ponte della Paglia e, piombando in acqua, sfiorò una gondola. Eccessi documentati da una pagina Facebook dal nome eloquente: «Venezia non è Disneyland». I disagi hanno contribuito a spopolare il centro storico, provocando un clamoroso ribaltone: ormai, sono più i posti letto negli alberghi che gli abitanti.Ma c’è qualche dubbio sull’impatto del ticket. Stando alle stime di Ca’ Foscari, la città può reggere circa 40.000 visitatori al giorno. Ieri, nonostante il più che sostenibile balzello, se ne sono presentati 100.000. Se gli 8.000 obbligati a pagare avessero rinunciato, ne sarebbero rimasti 92.000. Ancora troppi. Sorge il sospetto che dietro ci sia la solita fissa dei Comuni: fare cassa. Ammesso che, per tenere in piedi la baracca, non si spenda più di quanto si incamera. Sono delicati pure gli aspetti giuridici. La Costituzione, all’articolo 16, stabilisce che «ogni cittadino può circolare e soggiornare liberamente in qualsiasi parte del territorio nazionale, salvo le limitazioni che la legge stabilisce in via generale per motivi di sanità o di sicurezza». Mentre l’articolo 45, comma 1, della Carta dei diritti fondamentali dell’Ue, precisa che «ogni cittadino dell’Unione ha il diritto di circolare e di soggiornare liberamente nel territorio degli Stati membri». È vero: già esiste la tassa di soggiorno. A essa, però, non è subordinata la possibilità di entrare in una città. In un certo senso, il biglietto veneziano ripristina una frontiera interna. Tant’è che l’ex sindaco, Massimo Cacciari, aveva contestato duramente la misura: «Pura follia, del tutto illegittima, incostituzionale».Altri giuristi notano che, nell’interesse pubblico, la libera circolazione può essere limitata dai Comuni, purché i provvedimenti siano ragionevoli e proporzionati. Criteri che impediscono di esigere un importo tanto elevato da ridurre davvero gli accessi. D’altronde, come si potrebbe giustificare un privilegio concesso a un’élite di facoltosi? La Laguna non è un lunapark per cafoni, certo, ma nemmeno una riserva per ricchi. «Venezia è una città aperta», ha giurato Brugnaro. Alla fine, il problema sta qua. Anche se ora il guardiano di confine ti chiede: «Un fiorino!».
Jose Mourinho (Getty Images)