2022-01-21
Scandalo abusi, il Vaticano scarica Ratzinger
Il Papa emerito accusato di «cattiva condotta» per aver coperto quattro sacerdoti quando era arcivescovo di Monaco. La Santa Sede esprime «vergogna e rimorso»: nessuna parola di difesa. Nell’inchiesta chiamato in causa pure un collaboratore di Bergoglio.«In un totale di quattro casi, siamo giunti alla conclusione che l’allora arcivescovo, il cardinale Ratzinger, può essere accusato di cattiva condotta», ha affermato Martin Pusch, uno degli autori dello studio commissionato dalla arcidiocesi di Monaco nel 2020 sui casi di abusi del clero nel periodo tra il 1945 e il 2019. L’attuale Papa emerito, come hanno detto gli stessi autori del rapporto, ha negato con fermezza ogni addebito esprimendo il «turbamento e la vergogna per gli abusi sui minori commessi dai chierici». Lo studio ha identificato almeno 497 vittime. La maggior parte erano giovani maschi, il 60 per cento tra i 6 e i 14 anni, gli abusatori sarebbero 235, tra cui sacerdoti, diaconi e impiegati delle scuole cattoliche. Il picco di casi si è verificato nel periodo tra gli anni Sessanta e Settanta del secolo scorso. Si tratta di numeri che in buona sostanza dicono quanto già sollevato da report analoghi negli Stati Uniti, in Francia e in Spagna, mostrando, pur con i dubbi a volte riscontrati nel metodo di indagine, un fenomeno ripugnante e una prassi vergognosa.Chiamato in causa non solo Joseph Ratzinger, che fu arcivescovo di Monaco dal 1977 al 1982, ma anche l’attuale vescovo della città tedesca, Reinhard Marx che è strettissimo collaboratore di papa Francesco. Proprio Marx, che l’anno scorso si era visto rifiutare dal Papa le dimissioni presentate per «assumersi la corresponsabilità relativa alla catastrofe dell’abuso sessuale perpetrato dai rappresentanti della Chiesa negli ultimi decenni», ieri non era presente alla conferenza stampa di presentazione del rapporto. Sollevando non poche perplessità e domande per questa scelta.La Santa Sede resta alla finestra, lasciando il Papa emerito un po’ in balia delle onde di fango. «La Santa Sede ritiene di dover dare la giusta attenzione al documento di cui al momento non conosce il contenuto. Nei prossimi giorni, a seguito della sua pubblicazione, ne prenderà visione e potrà opportunamente esaminarne i dettagli. Nel reiterare il senso di vergogna e il rimorso per gli abusi sui minori commessi da chierici, la Santa Sede assicura vicinanza a tutte le vittime e conferma la strada intrapresa per tutelare i più piccoli, garantendo loro ambienti sicuri». Anche l’arcidiocesi di Monaco, che pure è il committente di questo studio, prende tempo e interverrà la prossima settimana. Nello specifico le accuse rivolte a Ratzinger sono di aver agito in modo scorretto in quattro occasioni: per due sacerdoti, condannati per abusi dallo Stato, che continuavano a lavorare nella pastorale senza essere perseguiti secondo il diritto canonico; un altro caso per un sacerdote che sarebbe stato accolto nell’arcidiocesi pur essendo «già stato condannato da un tribunale non tedesco»; infine il caso di padre Peter H., ampiamente trattato dalla stampa scandalistica tedesca negli ultimi giorni, e per cui Ratzinger ha già fatto sapere di non essere stato a conoscenza del passato del sacerdote e che la decisione di riammetterlo fu presa direttamente dal vicario di allora, padre Gerhard Gruber. In ogni caso, come ha detto lo stesso avvocato Pusch, il Papa emerito non si è tirato indietro ma ha redatto una memoria difensiva di 82 pagine che ha fornito agli esperti uno «sguardo autentico». La scelta del Vaticano di non rispondere nel merito e prendere tempo, ricorda quanto fu fatto nel caso del cardinale George Pell, quando la Santa Sede lasciò in balia del braccio civile australiano il porporato accusato di abusi, senza preoccuparsi minimamente di offrire una parola rispetto a quella che poi si è rivelata essere una colossale ingiustizia quando lo stesso Pell è stato poi scagionato e liberato. Sia chiaro, come ha detto il biografo di Ratzinger, Peter Sewald al Die Tagespost, c’è anche da considerare che 40 anni fa casi del genere «purtroppo venivano trattati in modo molto diverso rispetto a oggi». Un fatto tragico e che non ammette scuse, ma di cui non si può tener conto nell’interpretare i fatti. Un modus operandi con cui la chiesa tutta deve fare i conti, e se c’è uno che all’interno della chiesa ha proprio iniziato a fare seriamente questi conti è stato papa Benedetto XVI. Ha cominciato a farlo già da prefetto dell’ex Sant’Uffizio, ma sempre di più quando è stato eletto pontefice nel 2005. Nel 2001 l’allora cardinale Ratzinger, in qualità appunto di prefetto della Congregazione per la dottrina della fede, firmava il testo di riferimento che ha segnato la svolta nella lotta agli abusi, il De Delictis gravioribus. E ha continuato da Papa, ratificando un altro passaggio chiave nel 2011 con un’altra lettera della Dottrina della fede in cui si affermava fra l’altro che «va sempre dato seguito alle prescrizioni delle leggi civili per quanto riguarda il deferimento dei crimini alle autorità preposte [degli Stati], senza pregiudicare il foro interno sacramentale». Un cammino su cui poi si è inserito papa Francesco.Oportet ut scandala eveniant, «è necessario che avvengano gli scandali», dice il Vangelo. La chiesa oggi attraversa una crisi profonda, sempre meno rilevante, sempre più vuota. Quella degli abusi è una ripugnante realtà, fiorita forse su una rivoluzione antropologica che ha travolto in un mistero di iniquità la stessa chiesa, ma la chiesa non può semplicemente restare in balia delle onde del tempo. Per la sua storia stupisce che non abbia nulla da dire sui continui report sugli abusi se non quello di prendere tempo con un laconico comunicato stampa o con un nuovo protocollo da seguire. Perché la miseria degli uomini non cancella la misericordia di Dio, la quale non ha di certo paura dell’opinione pubblica e dei mass media.
(Ansa)
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Carlo Nordio, Matteo Piantedosi, Alfredo Mantovano (Ansa)