2023-12-02
Scambi di accuse sulla tregua fallita. Israele ora vuole una zona cuscinetto
Benjamin Netanyahu: «Avanti fino alla distruzione di Hamas». I jihadisti: «Sono 178 i morti dalla ripresa del conflitto» Gerusalemme: «Violati i patti anche sulle donne in ostaggio». Trovato il corpo di un ragazzo rapito nel rave. Il settimanale inglese ammette: «La controffensiva ucraina è ferma, lo zar è più forte». Ma incolpa l’Ue, che paga i costi e vuole accogliere Kiev. Viktor Orbán: «Sia solo un partner». Lo speciale contiene due articoli.Alle prime luci dell’alba sembrava che si fosse chiuso l’accordo per un altro giorno di tregua, ma così non è stato. Alle 6 di mattina (7 locali), Israele ha annunciato che la tregua del conflitto era scaduta, spiegando che Hamas l’aveva violata. E il rimpallo di accuse è scattato subito con Hamas a incolpare Israele e viceversa (con la Casa Bianca a dare ragione a Gerusalemme). La tensione era salita nella notte quando Israele ha accusato gli islamisti di non aver adempiuto all’impegno di rilasciare tutte le donne rapite. Hamas ha risposto che invece erano state le autorità israeliane a rifiutare «di accettare tutte le offerte di rilascio». Il risultato è che i razzi hanno ricominciato a volare nei cieli e i miliziani hanno subito ripreso a fare la conta delle vittime nella Striscia di Gaza: 178, secondo il portavoce del ministero della Sanità controllato dai terroristi, da quando sono riprese le ostilità. Al varco di Rafah il transito degli aiuti è stato bloccato.Dure le parole del premier israeliano, Benjamin Netanyahu: «Continuiamo a combattere con tutta la nostra forza fino al raggiungimento degli obiettivi: il recupero dei nostri ostaggi, la distruzione di Hamas e la garanzia che Gaza non rappresenterà mai più una minaccia per Israele». Inoltre i servizi d’intelligence si starebbero preparando a uccidere i leader di Hamas sparsi nel mondo dopo la guerra a Gaza, riferisce il Wall Street Journal citando alcune fonti secondo le quali la caccia prosegue in Libano, Turchia e Qatar. Ad ogni modo la campagna contro Hamas non dovrebbe durare meno di un anno e la fase più intensa di terra dovrebbe combaciare con l’inizio del 2024. In questo caso la notizia viene data dal Financial Times che aggiunge che tra gli obiettivi, Israele avrebbe l’uccisione dei tre top leader di Hamas, Yahya Sinwar, Mohammed Deif e Marwan Issa. Eppure, nonostante la fine della tregua, la situazione degli ostaggi è tutt’altro che risolta: ci sarebbero ancora 115 uomini, 20 donne e due bambini prigionieri, ha detto un portavoce del governo israeliano. Nell’elenco risulta anche il piccolo Kfir Bibas, di 10 mesi, suo fratello Ariel di 4 anni e la madre Shiri. L’esercito ha detto infatti che sta indagando sulle affermazioni di Hamas secondo cui i bambini e la madre sarebbero stati uccisi. Le notizie, insomma, sono confuse. Tanto che uno dei leader di Hamas in un’intervista alla Cbs ha detto: «Non so quanti siano gli ostaggi vivi». Nel frattempo è stato ritrovato il corpo di uno di loro nella Striscia di Gaza. Si tratta di Ofir Tzarfati, 27 anni, era stato rapito al rave il 7 ottobre. Morto durante la prigionia anche l’ostaggio Guy Iluz, 26 anni, anche lui rapito al festival. Per quanto riguarda il destino dei prigionieri israeliani «le trattative si svolgeranno in parallelo al fuoco», hanno chiarito le autorità israeliane, spiegando che se Hamas presenterà una lista accettabile di ostaggi da liberare, Israele riprenderà la tregua.Sul campo sono diversi i fronti dove sono ripresi i combattimenti. Nella Striscia l’esercito israeliano sta conducendo una serie di attacchi contro obiettivi di Hamas. L’Idf ha anche lanciato nuovi volantini che invitano i residenti di Gaza a lasciare alcune zone del Sud di Gaza, segnalando un’offensiva in espansione. Le Brigate Al Qassam, invece, braccio armato dei terroristi, hanno dichiarato di aver attaccato con razzi le città di Ashkelon, Sderot e Beersheba, nel Sud di Israele. Gli scontri si sono riaccesi anche con Hezbollah. La difesa aerea israeliana ha intercettato con successo un «obiettivo aereo sospetto» proveniente dal Sud del Libano, poi rivendicato dal partito sciita e antisionista libanese. Le due fazioni avevano rispettato una pausa non dichiarata nel corso della tregua concordata con Hamas, ma adesso Hezbollah ha chiarito che il confine con Israele rimarrà una linea attiva del fronte finché continuerà l’aggressione di Israele contro Gaza.Sul piano diplomatico è stato definito storico l’incontro tra il presidente israeliano, Yitzhak Herzog, e l’emiro del Qatar, Tamim bin Hamad al-Thani, avvenuto a margine della conferenza sul clima negli Emirati Arabi Uniti. Si è appreso che i negoziati con Hamas - in cui il Qatar sta mediando - continuano nonostante la ripresa dei combattimenti.Il presidente del Consiglio italiano, Giorgia Meloni, nella stessa occasione ha avuto l’opportunità di incontrare il presidente Herzog, al quale ha ribadito il proprio sostegno. Mentre il presidente turco, Recep Tayyip Erdogan, rivolgendosi alla Meloni, ha affermato che «è essenziale prendere misure efficaci per fermare Israele in modo tale da porre fine alle uccisioni a Gaza». Intanto emergono nuove imbarazzanti rivelazioni sulle responsabilità del massacro del 7 ottobre. Secondo il New York Times, infatti, alcuni dirigenti israeliani ottennero il piano di battaglia di Hamas per l’attacco del 7 ottobre più di un anno prima che accadesse. Gli stessi liquidarono il piano come ambizioso, ritenendo che fosse troppo difficile da realizzare per il movimento terrorista. In serata Israele, per prevenire attacchi futuri, ha informato diversi Stati arabi di voler creare una zona cuscinetto sul lato palestinese del confine di Gaza. È una delle proposte per le soluzioni dopo la fine della guerra. <div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/scambi-di-accuse-sulla-tregua-2666420992.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="l-economist-cede-vince-putin" data-post-id="2666420992" data-published-at="1701528881" data-use-pagination="False"> L’«Economist» cede: «Vince Putin» «Vladimir Putin sta vincendo?». È la domanda che si è posto l'Economist sulla copertina del suo nuovo numero. Nelle pagine interne, il noto settimanale britannico dà, di fatto, una risposta affermativa. I motivi di questi timori sono molteplici. Il primo, più evidente, è lo stato delle operazioni belliche: «Qui è una questione di resistenza piuttosto che di conquiste territoriali». Tradotto: «La controffensiva ucraina è in fase di stallo» ormai da mesi e, pertanto, la guerra di attrito avvantaggia la Russia. Lo ha riconosciuto proprio ieri Volodymyr Zelensky, spiegando che il fallimento della controffensiva estiva è stato dovuto a carenza di armi e truppe. Tuttavia, ha aggiunto, «non ci stiamo ritirando, sono soddisfatto». Una ben magra consolazione. Anche il morale, prosegue l’Economist nella sua disamina, è un fattore decisivo: «Se l’Ucraina si ritira, il dissenso a Kiev diventerà più forte», mentre Putin «è in grado di tollerare terribili perdite tra i suoi uomini». Questo perché, spiega il settimanale, «le élite russe hanno rafforzato la loro presa sull’economia e stanno guadagnando un sacco di soldi» e, al contempo, lo zar «può permettersi di pagare il vitalizio alle famiglie dei soldati caduti sul campo». Kiev, al contrario, è in difficoltà: i sondaggi interni confermano che la posizione di Zelensky si è molto indebolita tra gli elettori. Ma non è solo una questione di armi e propaganda. «Il campo di battaglia», ricorda giustamente l’Economist, «modella la politica». Una guerra di attrito può andare avanti per anni e l’Occidente non è più così sicuro di impegnare tutte queste risorse per salvare la pelle agli ucraini. Non è un caso che gli aiuti promessi a Kiev siano ancora bloccati. Dall’altra parte della barricata, invece, «Putin ha ottenuto droni dall’Iran e munizioni dalla Corea del Nord. Ha lavorato per convincere gran parte del Sud del mondo a disinteressarsi di ciò che accade all’Ucraina. La Turchia e il Kazakistan sono diventati canali per le merci che alimentano la macchina da guerra russa. Il piano occidentale volto a limitare le entrate petrolifere di Mosca, fissando il prezzo del greggio a 60 dollari al barile, è fallito». Questo grande vantaggio accumulato da Mosca sarebbe, a detta dell’Economist, da addebitare alla «mancanza di visione strategica dell’Europa». Ci vuole un buona dose di coraggio per affermarlo: a rimetterci, in questa assurda guerra per procura di Washington (e di Londra), sono state proprio le nazioni europee. Che non solo hanno dovuto affrontare una crisi economica ed energetica esiziale, ma a breve dovranno anche sostenere gli ingenti costi della ricostruzione di un Paese letteralmente devastato. Costi che, al contrario, non peseranno più di tanto sul Regno Unito. Contro cui, del resto, si è scagliato ieri Serghiei Lavrov: il ministro degli esteri russo, infatti, ha rivelato che alla fine di maggio 2022 sarebbe stato trovato un accordo tra Mosca e Kiev per porre fine alle ostilità. Ma sarebbe stato proprio l’allora premier Boris Johnson a mandare tutto a monte, come confermerebbe David Rahamja, uno dei partecipanti al negoziato per il gruppo di Zelensky. Nonostante la grottesca reprimenda del settimanale britannico, l’Unione europea sta facendo il possibile per sostenere l’Ucraina. Addirittura accogliendola al proprio interno. A metà dicembre, in effetti, un importante summit dei 27 Stati membri dovrà stabilire se invitare Kiev all’adesione. La mossa è rischiosa e prematura. E, inoltre, c’è da superare l’ostacolo Ungheria, che finora ha posto il veto. Le trattative tra Bruxelles e Budapest sono ancora in corso. Charles Michel ha messo sul piatto lo sblocco di 10 miliardi di euro del Pnrr, congelati in attesa delle riforme imposte al governo magiaro. Viktor Orbán, però, non è convinto e ieri ha fatto la sua controproposta: niente ingresso, ma solo partenariato strategico con l’Ucraina. Vedremo se il compromesso ungherese convincerà la Commissione europea.
«Haunted Hotel» (Netflix)
Dal creatore di Rick & Morty arriva su Netflix Haunted Hotel, disponibile dal 19 settembre. La serie racconta le vicende della famiglia Freeling tra legami familiari, fantasmi e mostri, unendo commedia e horror in un’animazione pensata per adulti.