
Il guru è stato condannato, assieme a Mondadori Libri, a risarcire per la seconda volta un imprenditore italiano residente all'estero. L'uomo, già indennizzato con 30.000 euro quattro anni fa, è incensurato. Eppure in Gomorra viene tuttora definito camorrista.Sbagliare è umano, perseverare è Saviano. Proprio così: nuovo grave infortunio giudiziario per il vate di Gomorra, lo scrittore icona, l'oratore civile, il grande moralizzatore, il profeta antigoverno, l'oracolo antiSalvini, l'uomo che di recente (sfidando le frontiere del ridicolo) ha evocato le figure di Giacomo Matteotti e Giovanni Falcone per descrivere la sua lotta nell'Italia del 2018.Cominciamo dai fatti. Già quattro anni fa un imprenditore incensurato che vive all'estero, Vincenzo Boccolato, fu risarcito (30.000 euro da Saviano e dalla Mondadori Libri) per essere stato presentato in Gomorra come membro di un clan di camorra coinvolto nel traffico di cocaina. Errore pesante, direte voi con più di una ragione. Immaginando che la prima preoccupazione di qualunque scrittore, in caso di una simile topica, sarebbe stata quella di rettificare. E sbagliate voi, in questo caso. La rettifica non è avvenuta: Saviano e la sua casa editrice hanno evidentemente ritenuto (nonostante la condanna) di continuare a ristampare la vecchia edizione. Per questo, è scattata una nuova condanna (altri 15.000 euro di risarcimento) resa nota dai legali di Boccolato. Secondo il giudice della prima sezione civile di Milano Angelo Claudio Ricciardi, si è verificato «un nuovo illecito diffamatorio con caratteristiche del tutto analoghe a quelle già accertate in sede civile», visto che non si è «tempestivamente provveduto all'adozione delle necessarie precauzioni a tutela della reputazione del Boccolato». In sostanza, sarebbe stato necessario eliminare del tutto i passaggi «incriminati», oppure - almeno - aggiungere una nota per precisare i fatti. Capite bene che la cosa non è per niente simpatica: immaginate, dalla sera alla mattina, di essere presentati (e da una persona di enorme notorietà come Saviano) come loschi figuri coinvolti in un traffico di droga. Non è esattamente un evento che possa giovare alla vostra reputazione. Ma in questo caso non risulta che grandi intellettuali siano scesi in campo: parafrasando proprio il recente appello pro migranti dello scrittore Veronesi a Saviano, non risulta che nessuno abbia «messo il proprio corpo» a difesa di Boccolato, il quale ha forse avuto il torto di non stare sull'Aquarius o su un altro barcone di una Ong. La cosa che aggiunge un ulteriore tocco tragicomico all'intera vicenda è che appena un mesetto fa, nella sua rubrica sull'Espresso, nell'infelicissimo pezzo in cui si paragonava a Falcone, Saviano aveva evocato il grande magistrato trucidato dalla mafia per il celebre episodio del primo fallito attentato contro Falcone all'Addaura, in una villa sul mare. Saviano si era dilungato a ricordare che tanti all'epoca (va detto: in modo infame) avevano accusato Falcone di essersi organizzato l'attentato da solo, e di fare la bella vita in vacanza. Tutto falso, ovviamente. Falso - strillava Saviano - proprio come l'attico newyorchese attribuitogli oggi dai suoi odiatori. Di qui, una interminabile filippica sulle falsità come mezzo per infangare le persone, per minarne la credibilità e la reputazione, eccetera. Ecco, nuova domanda per voi: avreste fatto questo comizio contro le diffamazioni, avendo a vostra volta attribuito (e poi riattribuito) a un incensurato il coinvolgimento in un traffico di cocaina? Misteri e doppiopesismi del savianismo, par di capire. Resta dunque spazio per tre «morali» della favola. Prima. È molto facile straparlare di diritti umani e civili, twittare compulsivamente #restiamoumani, accusare gli altri di essere xenofobi, fascisti, razzisti. Ecco, forse, prima di salire sullo sgabello e dare lezioni, sarebbe opportuno dare una controllatina ai propri libri, e magari, se c'è un errore, fare una cosa rivoluzionaria: chiedere scusa. A meno di ritenere (razzismo al contrario?) che ci sia una razza di infallibili, di illuminati, di «uomini che non devono chiedere mai», di operatori del ramo «annunci e profezie», di iscritti all'albo dei giusti, che sono magicamente esenti dalle regole valide per tutti gli altri. Seconda. È un po' curioso il silenzio mediatico che ha circondato tutta questa vicenda. Già ieri, se si fosse trattato non di Saviano, ma di un politico o di un giornalista «sgradito» al sinedrio politicamente corretto, il malcapitato sarebbe stato fatto a pezzetti a reti unificate, per radio e sui giornali. E invece? E invece l'eroe Saviano ha usufruito di un'altra generosa esenzione, di un trattamento in guanti bianchi. Terza morale della favola. Ve la ricordate la campagna martellante contro le fake news, i troll stranieri e l'«hate speech»? Ecco: se ve la ricordate, siete forse autorizzati a farvi una risata amara la prossima volta che sentirete alcuni grandi moralizzatori affrontare quei temi, ma con strane amnesie quando si tratta di diffamazioni e di gravi lesioni all'identità, all'onore e alla reputazione di altre persone. «Uomini e no», potrebbe un'altra volta titolare L'Espresso, approfittando del fatto che, per evidenti ragioni, Elio Vittorini non può più difendersi dalla citazione impropria.
Federico Cafiero De Raho (Ansa)
L’ex procuratore nazionale antimafia, sentito dai pm che indagano su Laudati e il finanziere, fa muro: «Non sapevo nulla».
Il 20 maggio 2025 Federico Cafiero De Raho, ex procuratore nazionale antimafia ora parlamentare pentastellato, varca le porte della Procura di Roma, dove è approdato il fascicolo che ricostruisce la sequenza di accessi alle banche dati ai danni di esponenti del mondo della politica, delle istituzioni e non solo. E che ha prodotto 56 capi d’imputazione per le 23 persone indagate. Un funambolico de Raho risponde alle domande del procuratore aggiunto Giuseppe Falco e della pm Giulia Guccione. Sessantadue pagine in cui l’ex procuratore nazionale antimafia ripete sempre lo stesso schema. Che in più punti appare come uno scaricabarile in piena regola. E con una trentina di chiodi (quelli piantati con i vari «non ricordo, non avevamo questa possibilità, lo escludo») tutti nella stessa direzione: la difesa della sua estraneità. Tutti utili a puntellare ogni snodo critico emerso dall’ufficio che guidava e che, nella sua narrazione, gli è passato accanto senza mai toccarlo.
(Totaleu)
Lo ha detto l'eurodeputato di Fratelli d'Italia Paolo Inselvini alla sessione plenaria di Strasburgo.
Sergio Mattarella (Ansa)
Di fatto tutti i quotidiani adottano lo stesso schema: minimizzare la vicenda e, ogni volta che un esponente di destra parla, agitare lo spettro di macchinazioni di Fdi per colpire Sergio Mattarella su mandato di Giorgia Meloni.
Non sarà «provvidenziale», ma lo scossone c’è stato. È quel 60% di italiani che non è andato a votare, e il presidente della Repubblica certo ha preso buona nota. Ieri era a Lecce - con Michele Emiliano al suo ultimo atto ad accoglierlo (e non pareva euforico) - per l’assembla annuale delle Province e ha detto un paio di frasi che suonano come un avvertimento a nuora perché suocera intenda. Sopire, troncare - come avrebbe detto il Conte zio - le turbolenze attorno all’affare Garofani, ripensando all’uscita di lunedì del presidente del Senato.
Firmato un memorandum tra Cdp, Simest e Jiacc e inaugurata a Riyad la nuova antenna Simest durante il Forum imprenditoriale Italia-Arabia Saudita.
Giornata cruciale per le relazioni economiche tra Italia e Arabia Saudita. Nel quadro del Forum Imprenditoriale Italia–Arabia Saudita, che oggi riunisce a Riyad istituzioni e imprese dei due Paesi, Cassa depositi e prestiti (Cdp), Simest e la Camera di commercio italo-araba (Jiacc) hanno firmato un Memorandum of Understanding volto a rafforzare la cooperazione industriale e commerciale con il mondo arabo. Contestualmente, Simest ha inaugurato la sua nuova antenna nella capitale saudita, alla presenza del vicepremier e ministro degli Esteri Antonio Tajani.
L’accordo tra Cdp, Simest e Jiacc – sottoscritto alla presenza di Tajani e del ministro degli Investimenti saudita Khalid A. Al Falih – punta a costruire un canale stabile di collaborazione tra imprese italiane e aziende dei Paesi arabi, con particolare attenzione alle opportunità offerte dal mercato saudita. L’obiettivo è facilitare l’accesso delle aziende italiane ai mega-programmi legati alla Vision 2030 e promuovere partnership industriali e commerciali ad alto valore aggiunto.
Il Memorandum prevede iniziative congiunte in quattro aree chiave: business matching, attività di informazione e orientamento ai mercati arabi, eventi e missioni dedicate, e supporto ai processi di internazionalizzazione. «Questo accordo consolida l’impegno di Simest nel supportare l’espansione delle Pmi italiane in un’area strategica e in forte crescita», ha commentato il presidente di Simest, Vittorio De Pedys, sottolineando come la collaborazione con Cdp e Jiacc permetterà di offrire accompagnamento, informazione e strumenti finanziari mirati.
Parallelamente, sempre a Riyad, si è svolta la cerimonia di apertura del nuovo presidio SIMEST, inaugurato dal ministro Tajani insieme al presidente De Pedys e all’amministratore delegato Regina Corradini D’Arienzo. L’antenna nasce per fornire assistenza diretta alle imprese italiane impegnate nei percorsi di ingresso e consolidamento in uno dei mercati più dinamici al mondo, in un Medio Oriente considerato sempre più strategico per la crescita internazionale dell’Italia.
L’Arabia Saudita, al centro di una fase di profonda trasformazione economica, ospita già numerose aziende italiane attive in settori quali infrastrutture, automotive, trasporti sostenibili, edilizia, farmaceutico-medicale, alta tecnologia, agritech, cultura e sport. «L’apertura dell’antenna di Riyad rappresenta un passo decisivo nel rafforzamento della nostra presenza a fianco delle imprese italiane, con un’attenzione particolare alle Pmi», ha dichiarato Corradini D’Arienzo. Un presidio che, ha aggiunto, opererà in stretto coordinamento con la Farnesina, Cdp, Sace, Ice, la Camera di Commercio, Confindustria e l’Ambasciata italiana, con l’obiettivo di facilitare investimenti e cogliere le opportunità offerte dall’economia saudita, anche in settori in cui la filiera italiana sta affrontando difficoltà, come la moda.
Le due iniziative – il Memorandum e l’apertura dell’antenna – rafforzano dunque la presenza del Sistema Italia in una delle aree più strategiche del panorama globale, con l’ambizione di trasformare le opportunità della Vision 2030 in collaborazioni concrete per le imprese italiane.
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