2024-10-11
A due anni dall’inizio del conflitto, l’economia di Mosca torna a volare: conti in positivo di 1,88 miliardi di euro nei primi 9 mesi del 2024. Una ripresa trainata da petrolio e gas.Le sanzioni e le spese di guerra, per il momento, non hanno inciso sui conti pubblici di Mosca. Secondo i dati preliminari pubblicati dal ministro delle Finanze, Anton Siluanov, la Russia ha registrato un attivo di bilancio di 0,2 trilioni di rubli (1,88 miliardi di euro) nei primi nove mesi del 2024, rispetto a un deficit di 1,5 trilioni di rubli nello stesso periodo dell’anno scorso, secondo i dati preliminari. Si tratta del primo attivo di bilancio del governo dalla fine del 2022, poiché le entrate sono aumentate del 33,2% anno su anno, trainate da un +49,4% nelle entrate da petrolio e gas e da un +26,9% nelle entrate non energetiche. La spesa complessiva è aumentata del 23,3%, a causa ovviamente degli elevati costi della difesa legati alla guerra in Ucraina.Questi dati confermano due cose: innanzitutto che, almeno per il momento, il crollo dell’economia russa non appare imminente contrariamente alla narrazione molto diffusa nei primi mesi del conflitto. Secondo che, come sempre, le sanzioni non servono praticamente a nulla. Eventuali problemi per il Cremlino arriveranno dalla caduta del fronte interno. A cominciare dall’inflazione che ha raggiunto a settembre la soglia del’8,74%, erodendo il potere d’acquisto di salari e pensioni. L’altro rischio è la demografia, considerando che la popolazione invecchia mentre i giovani vengono mandati al fronte. Per il resto la situazione appare ancora sotto controllo. Le entrate tributarie con cui finanziare la guerra sono assicurate da petrolio e gas che Alexander Dyukov, gran capo di Gazprom continua a vendere in giro per il mondo in quantità crescenti senza preoccuparsi molto delle restrizioni imposte da Bruxelles e Washington. Senza contare le eventuali triangolazioni: vale a dire petrolio e gas acquistati formalmente da Paesi come India, Cina o Turchia, in realtà provenienti dai pozzi della Siberia.In alcuni casi non c’è nemmeno bisogno di questo schermo. I principali acquirenti del petrolio russo tra i Paesi europei quest’anno sono stati Ungheria e Slovacchia, che hanno importato rispettivamente 15,37 e 15,03 milioni di barili nel primo semestre del 2024.Per l’Ungheria la Russia rimane l’unico fornitore di petrolio, mentre la quota delle importazioni russe in Slovacchia è pari al 98%. L’agenzia Ria Novosti osserva anche che nella prima metà dell’anno la Repubblica Ceca ha importato quasi il 40 per cento del petrolio dalla Russia. Si aggiunge che la maggior parte del petrolio che la Russia esportava nell’Ue prima del 2022 viene inviata ora alla Cina e all’India. Nei sei mesi di quest’anno questi Paesi hanno raddoppiato gli acquisti, aumentando l’importazione di 52,3 milioni di tonnellate di petrolio rispetto al livello di forniture in 2022.Da questo punto di vista l’economia russa non sembra correre rischi. Il mondo continua ad avere fame della sua energia. Non a caso Mosca ha rivisto al rialzo di 17 miliardi di dollari le sue previsioni sugli incassi provenienti dalle esportazioni di petrolio nel 2024. Secondo quanto riporta l’agenzia Reuters, il Cremlino si attende ora di incassare poco meno di 240 miliardi di dollari, 13 miliardi in più del 2023. Migliorata anche la stima per il 2025, che passa da 226 a 236 miliardi di dollari. Nonostante le sanzioni, la Russia si aspetta di esportare quest’anno 240 milioni di tonnellate di greggio, un paio di milioni in più rispetto al 2023. Il ministero dell’Economia russo prevede inoltre che il prezzo medio del petrolio russo salirà quest’anno a 70 dollari al barile, una revisione al rialzo di 5 dollari rispetto a una stima fatta ad aprile.Come è noto e ampiamente documentato dopo l’invasione dell’Ucraina, la Russia è riuscita a dirottare gran parte dei suoi commerci di idrocarburi lontano dall’Europa, intensificando gli scambi commerciali soprattutto con Cina e India. Mosca ha inoltre beneficiato indirettamente degli sforzi di Arabia Saudita e altri Paesi Opec per sostenere le quotazioni del greggio. Come iniziano a notare alcuni analisti, il problema fondamentale delle sanzioni è che non c’è un modo per tagliare significativamente le entrate della Russia senza danneggiare nel processo i Paesi europei.La Russia che fornisce il 10% degli approvvigionamenti globali di greggio è un attore troppo grande nel mercato petrolifero per poterlo tagliare fuori. Paradossalmente le sanzioni hanno contribuito ad alzare i prezzi senza penalizzare la produzione russa, che ha così visto crescere, invece che diminuire, i suoi incassi. Nel 2019, ultimo anno «normale», la Russia aveva guadagnato esportando greggio circa 190 miliardi di dollari, 50 miliardi in meno del 2024.Negli ultimi due anni la Russia ha ridotto l’export di petrolio in Europa di nove volte, reindirizzando le forniture ad altri acquirenti. Lo ha riferito Ria Novosti sulla base dei dati dei servizi russi di statistiche. Secondo l’agenzia procedendo dagli ultimi dati disponibili sulle esportazioni di petrolio per il 2023, le consegne all’Unione europea dalla Russia rappresentano poco più del 5 per cento di tutte le spedizioni russe all’estero. Allo stesso tempo, stando ai dati dell’Ue, le importazioni del petrolio dalla Russia rappresentano una quota inferiore al 3 per cento. Proprio l’eclissi commerciale dell’Europa spinge Mosca a stringere l’alleanza con il blocco dei Brics (Brasile, Russia, India, Cina e Sudafrica). In particolare si lavora alla creazione di un sistema di depositi bancari per i Paesi membri dell’associazione. Si chiama «Brics-Clear» e vuole creare un sistema di contabilità per i titoli all’interno della comunità Brics, simile a quelli esistenti nei Paesi occidentali, che però sono diventati difficili da utilizzare per la Russia e per altri Paesi soggetti a restrizioni internazionali.
Massimo Doris (Imagoeconomica)
Secondo la sinistra, Tajani sarebbe contrario alla tassa sulle banche perché Fininvest detiene il 30% del capitale della società. Ma Doris attacca: «Le critiche? Ridicole». Intanto l’utile netto cresce dell’8% nei primi nove mesi, si va verso un 2025 da record.
Nessun cortocircuito tra Forza Italia e Banca Mediolanum a proposito della tassa sugli extraprofitti. Massimo Doris, amministratore delegato del gruppo, coglie l’occasione dei conti al 30 settembre per fare chiarezza. «Le critiche sono ridicole», dice, parlando più ai mercati che alla politica. Seguendo l’esempio del padre Ennio si tiene lontano dal teatrino romano. Spiega: «L’anno scorso abbiamo pagato circa 740 milioni di dividendi complessivi, e Fininvest ha portato a casa quasi 240 milioni. Forza Italia terrebbe in piedi la polemica solo per evitare che la famiglia Berlusconi incassi qualche milione in meno? Ho qualche dubbio».
Giovanni Pitruzzella (Ansa)
Il giudice della Consulta Giovanni Pitruzzella: «Non c’è un popolo europeo: la politica democratica resta ancorata alla dimensione nazionale. L’Unione deve prendere sul serio i problemi urgenti, anche quando urtano il pensiero dominante».
Due anni fa il professor Giovanni Pitruzzella, già presidente dell’Autorià garante della concorrenza e del mercato e membro della Corte di giustizia dell’Unione europea, è stato designato giudice della Corte costituzionale dal presidente della Repubblica. Ha accettato questo lungo colloquio con La Verità a margine di una lezione tenuta al convegno annuale dell’Associazione italiana dei costituzionalisti, dal titolo «Il problema della democrazia europea».
Ansa
Maurizio Marrone, assessore alla casa della Regione Piemonte in quota Fdi, ricorda che esiste una legge a tutela degli italiani nei bandi. Ma Avs la vuole disapplicare.
In Italia non è possibile dare più case agli italiani. Non appena qualcuno prova a farlo, subito si scatena una opposizione feroce, politici, avvocati, attivisti e media si mobilitano gridando alla discriminazione. Decisamente emblematico quello che sta avvenendo in Piemonte in queste ore. Una donna algerina sposata con un italiano si è vista negare una casa popolare perché non ha un lavoro regolare. Supportata dall’Asgi, associazione di avvocati di area sorosiana sempre in prima fila nelle battaglie pro immigrazione, la donna si è rivolta al tribunale di Torino che la ha dato ragione disapplicando la legge e ridandole la casa. Ora la palla passa alla Corte costituzionale, che dovrà decidere sulla legittimità delle norme abitative piemontesi.
Henry Winkler (Getty Images)
In onda dal 9 novembre su History Channel, la serie condotta da Henry Winkler riscopre con ironia le stranezze e gli errori del passato: giochi pericolosi, pubblicità assurde e invenzioni folli che mostrano quanto poco, in fondo, l’uomo sia cambiato.
Il tono è lontano da quello accademico che, di norma, definisce il documentario. Non perché manchi una parte di divulgazione o il tentativo di informare chi stia seduto a guardare, ma perché Una storia pericolosa (in onda dalle 21.30 di domenica 9 novembre su History Channel, ai canali 118 e 409 di Sky) riesce a trovare una sua leggerezza: un'ironia sottile, che permetta di guardare al passato senza eccessivo spirito critico, solo con lo sguardo e il disincanto di chi, oggi, abbia consapevolezze che all'epoca non potevano esistere.






