2025-06-25
Gli danno sangue infetto e si ammala. Nessun indennizzo: «Tempo scaduto»
L’odissea di Dino Monciatti che, per colpa di una trasfusione, ha contratto l’epatite C in ospedale. Persa la battaglia giudiziaria contro il ministero della Salute, dovrà pagare allo Stato le spese legali.Per colpa di una trasfusione si prese l’epatite C, la correlazione fu accertata da una Commissione medico ospedaliera (Cmo) ma non gli venne concesso il risarcimento perché avrebbe presentato in ritardo la domanda. Dopo la sentenza di primo grado, pure l’appello gli venne respinto e gli sono state addebitate tutte le spese, ben 32.453,34 euro in favore del ministero della Salute. L’odissea di Dino Monciatti, 64 anni, che si è visto negare il diritto all’indennizzo sancito per legge e deve pagare una somma spropositata, conferma l’assenza di rispetto dello Stato nei confronti dei danneggiati da un vaccino, da un farmaco, da una sacca di sangue. Monciatti è un imprenditore di Follonica, la sua famiglia per quarant’anni ha dato borse di studio agli alunni meritevoli delle scuole secondarie superiori della città nella Maremma grossetana, situata di fronte all’Isola d’Elba. I fatti che racconta si sono svolti a partire dalla metà degli anni Ottanta però l’avvocatura dello Stato gli ha presentato il conto due anni fa e sta ancora pagando, in salute e in bonifici salati, una vergognosa ingiustizia. Tutto prese il via da un incidente stradale nel 1985. «Avevo 24 anni, mentre tornavo da Trieste dove studiavo legge, per una sciagurata apertura nel guardrail operata dall’Anas all’altezza di Bologna Casalecchio fui investito da un’auto che proveniva dall’opposta direzione di marcia», inizia il suo racconto. Rimase a lungo in coma, in tre anni subì una decina di interventi chirurgici e in un ospedale gli venne trasfuso sangue infetto. Oltre ai problemi post incidente, si ritrovò così con un’epatite C da virus, allora chiamata «non-A e non-B». L’identificazione del virus Hcv avvenne infatti solo nel 1989 per opera degli scienziati Harvey J. Alter, Michael Houghton e Charles M. Rice, che nel 2020 ricevettero il premio Nobel per la medicina. Intanto, la malattia epatica minava il fisico già provato dell’allora giovane studente toscano. L’infezione è spesso asintomatica, sia nella fase acuta sia nella fase cronica quando il progressivo danno al fegato può portare alla cirrosi e al carcinoma epatico. «L’Hcv è responsabile di circa l’85% dei carcinomi epatici primari», si legge sul sito della Fondazione Airc per la ricerca sul cancro». Monciatti, sempre dentro e fuori da ospedali, viene a conoscenza che nel 1992 era stata approvata la legge 210 che riconosce un risarcimento economico a favore di danneggiati irreversibilmente da vaccini, farmaci, emoderivati e nel 1995 presenta la sua domanda di indennizzo. «Il 31 marzo 2000 arrivò a me e al ministero della Salute la risposta della Cmo, che accertava il nesso causale tra la trasfusione e la mia “epatite cronica HCV correlata”. Solo in quel momento venne certificata la gravità della mia malattia provocata da un’assenza di controllo della sicurezza del sangue distribuito dal Sistema sanitario nazionale», spiega l’imprenditore. E rappresentava il riconoscimento del diritto all’indennizzo.La raccomandata interrompeva il termine di 5 anni di prescrizione dei danni subiti dagli emotrasfusi, invece l’indennizzo gli fu negato. Il tribunale di Firenze, il 26 marzo del 2009 respinse la domanda «a ragione dell’intervenuta prescrizione quinquennale del diritto azionato». Sempre con il suo legale, l’avvocato Alfredo Bragagni del Foro di Grosseto, l’imprenditore impugna la sentenza perché venga riconosciuta la responsabilità del ministero della Salute così da ottenere il dovuto risarcimento per contagio da epatite causata da trasfusione. Invece, il 16 aprile 2015 la Corte d’Appello di Firenze rigetta il ricorso. Respinge ogni argomentazione circa il termine di prescrizione, che per Monciatti non decorreva dalla presentazione della domanda (1995) ma dalla notifica all’interessato del responso della commissione medica del marzo 2000. Due date completamente diverse, rispettivamente il 29 dicembre 2005 o il 29 dicembre 2010. Quando il danneggiato presentò la domanda di indennizzo, non aveva ancora piena conoscenza e consapevolezza della gravità della malattia. Maurizio Barbarisi, allora presidente della prima sezione civile della Corte d’Appello di Firenze, lo ritenne «motivo infondato», affermando che «basta essere consapevoli di aver contratto una malattia e ricondurne l’insorgenza con probabilità al contagio da trasfusione di sangue infetto subìta […] era sufficiente una valutazione probabilistica».I tanti, troppi che stanno sperimentando la complessità dell’iter per il riconoscimento del danno, sanno bene che invece occorre arrivare alla Cmo con una documentazione medica inattaccabile. Al danno è seguita la beffa atroce. L’infondatezza dei motivi di impugnazione comporta il pagamento delle «spese di lite», che nemmeno vennero compensate. Al ministero della Salute, che non ha saputo vigilare su sacche di sangue infetto e che non ristora per un danno subìto, Monciatti deve versare più di 32.000 euro. La cartella di pagamento gli è arrivata due anni fa, per sua fortuna è riuscito ottenere una rateizzazione dell’importo.«L’avvocatura dello Stato altro non ha fatto altro che “ciclostilare” quello che fa in tutti i tribunali di Italia per impedire che si ottenga almeno un obolo per il danno arrecatogli», commenta con amarezza.«Far pagare una cifra simile è come dire “nemmeno ci dovevi provare”», sottolinea l’avvocato Bragagni. «E scoraggiare il ricorso in Cassazione, dove la somma poteva aumentare. Molte sentenze, di questo tipo, le sto impugnando davanti alla Corte di giustizia europea».
Getty Images
Nel libro postumo Nobody’s Girl, Virginia Giuffre descrive la rete di abusi orchestrata da Jeffrey Epstein e Ghislaine Maxwell e ripercorre gli incontri sessuali con il principe Andrea, confermando accuse già oggetto di cause e accordi extragiudiziali.