Tale premessa assume valore pregnante quando la pretesa di intervento sul dato normativo sia quella di referendum abrogativi che, come si è da più parti evidenziato, hanno una forte connotazione ideologica prima ancora che di tutela di effettive necessità del mercato del lavoro. A ben vedere, infatti, dei cinque referendum per i quali saremo chiamati alle urne quattro riguardano la materia del lavoro, e di questi, due afferiscono al tema degli effetti dell’illegittimità del licenziamento, mentre gli altri due riguardano rispettivamente il tema della sicurezza nell’ambito dell’appalto e quello del contratto a tempo determinato.
Più in dettaglio i quesiti attengono, il primo, all’abrogazione del sistema rimediale contro l’illegittimità del licenziamento per i lavoratori assunti dopo il 7 marzo 2015, meglio noto come Contratto a tutele crescenti. Il secondo quesito investe sempre la materia dei licenziamenti chiedendo l’abrogazione del limite massimo al sistema di tutela risarcitoria in caso di illegittimità del licenziamento individuale di cui alla Legge 604/66. Il terzo quesito mira al superamento dell’attuale disciplina del contratto a termine già oggetto di modifica da parte del governo Meloni nel senso del superamento della causalità del ricorso a tale contratto. Il quarto quesito riguarda l’abrogazione dell’articolo 26 comma 4 del D.lgs 81/08 nella parte in cui prevede che «Le disposizioni del presente comma non si applicano ai danni conseguenza dei rischi specifici propri dell'attività delle imprese appaltatrici o subappaltatrici».
Fra le proposte referendarie non vi è dubbio che quella trainante, anche rispetto al tema del potenziale impatto sul mercato del lavoro, sia la prima, riguardante gli effetti dell’illegittimità del licenziamento. Tale proposta, però, ad una più attenta analisi è stata già di fatto depotenziata sul piano effettuale, dai ripetuti interventi sulla materia da parte della Corte Costituzionale - ma anche dalla giurisprudenza ordinaria -,che è intervenuta a modificare radicalmente il quadro delle tutele rimediali del licenziamento illegittimo previsto dalla formulazione originaria del cosiddetto «contratto a tutele crescenti».
Sotto questo profilo potrebbe avere maggior senso un intervento normativo di razionalizzazione dei diversi sistemi rimediali dell’illegittimità del licenziamento - peraltro più volte sollecitato dalla stessa Consulta - piuttosto che un intervento abrogativo tout court.
La premessa svolta nell’incipit di queste brevi riflessioni è ancor più vera con riferimento al quesito referendario afferente al contratto di lavoro a tempo determinato per il quale si richiede di fatto la reintroduzione del sistema delle causali sul presupposto per cui l’attuale sistema sarebbe - a dire dei promotori - foriero di forme di precariato. Senza volere entrare nel merito del concetto non giuridico di “lavoratore precario”, i dati sull’occupazione relativi all’utilizzo del contratto di lavoro a tempo determinato dall’introduzione delle modifiche al contratto di lavoro a termine, nel senso contestato dal referendum, non hanno registrato un incremento, al contrario si è registrato un incremento dei contratti lavoro a tempo indeterminato.
In ultima analisi, occorre evitare di scambiare proposte e desiderata fortemente connotati dal punto di vista politico ideologico, con effettive necessità del mercato del lavoro inteso sia con riferimento alle norme che lo regolano che con riferimento alle ricadute sui dati e sulla qualità dell’occupazione.
Francesco Rotondi, consigliere esperto Cnel e fondatore di LabLaw