2021-09-24
La Cartabia firma per l’estradizione dal Pakistan dei genitori di Saman
Marta Cartabia e a destra i genitori di Saman in fuga a Malpensa (Ansa)
Carabinieri pronti a partire, l'ambasciata pakistana offre «piena collaborazione» per far luce sulla fine della ragazza. La latitanza del padre e della madre di Saman Abbas, la diciottenne pakistana scomparsa nel nulla la notte tra il 30 aprile e l'1 maggio scorso a Novellara, in provincia di Reggio Emilia, potrebbe avere le ore contate. Il ministro della Giustizia Marta Cartabia ieri ha firmato la richiesta di estradizione dei due cittadini pakistani indagati per concorso morale nell'omicidio della figlia, rea di essersi opposta a un matrimonio combinato. Un'onta che una certa sottocultura musulmana lava ancora con il sangue. Il 6 luglio il dicastero di via Arenula aveva già disposto l'inserimento dei nomi di Shabbar Abbas e Nazia Shaheen nella banca dati dell'Interpol, pratica che equivale a una richiesta di arresto provvisorio, ovunque fossero stati localizzati. I carabinieri di Reggio Emilia sono già pronti a partire. Anche perché l'ultima traccia lasciata dal padre è un video pubblicato su Facebook che lo riprendeva in una moschea a Charanwala, villaggio rurale di 4.000 abitanti nel distretto di Gujranwala, provincia del Punjab. Gli investigatori sono riusciti a ricostruire tutto il percorso. Sin da quando sono fuggiti di prima mattina il primo maggio scorso, dopo aver caricato i bagagli, una grossa valigia e uno zainetto molto simile a quello che portava sulle spalle Saman quando è scomparsa, su una Opel Zafira di colore scuro. Sono poi seguiti gli accertamenti svolti all'agenzia di viaggi Punjabi preet travel di Novellara. E lì è emerso un ulteriore dettaglio inquietante: il viaggio era stato programmato da diversi giorni e prenotato solo per il padre e per la madre di Saman. Nessuna prenotazione per la ragazza, né per il fratellino Alì (che infatti è rimasto in Italia). Inoltre, i biglietti erano di sola andata. I frame estratti dai video registrati al gate dell'aeroporto di Malpensa hanno fornito la prova della partenza. La fuga in Pakistan, nell'ottica dell'accusa, avrebbe aggravato il quadro probatorio. «Piena collaborazione», è stata annunciata dall'ambasciatore del Pakistan in Italia, Jahuar Saleem, che ieri pomeriggio ha incontrato il presidente della Commissione per i diritti umani del Senato, Giorgio Fede. Mentre dalla comunità pakistana in Italia la richiesta di estradizione firmata da Cartabia è stata definita «un segnale forte per la democrazia e i diritti delle donne». Il mediatore interculturale Ahmad Ejaz, che vive in Italia dal 1989 ed è rappresentante della comunità pakistana, nonché direttore del giornale Azad, ha definito Saman «un'eroina per tutte le ragazze che combattono per la libertà, per tutte coloro che rifiutano i matrimoni combinati forzati». E ora che l'estradizione si fa più concreta, rompe il silenzio pure il difensore dei due indagati: «Sono sicuro che l'autorità pakistana pondererà con attenzione se concedere l'estradizione», ha commentato l'avvocato Simone Servillo. «I miei assistiti», ha fatto sapere Servillo, «stanno vivendo in Italia un processo che si sta sviluppando su un doppio binario. Uno giudiziario e l'altro mediatico. E su quest'ultimo sono stati già abbondantemente condannati dall'opinione pubblica. Questo non so se possa garantire la serenità necessaria a svolgere un processo. Ecco perché dico che, di questi aspetti, il Pakistan terrà conto nel ponderare la concessione dell'estradizione. Così come del resto farebbe l'Italia a parti invertite». E adesso? «I tempi comunque non saranno brevi», ha commentato la giornalista italopakistana, Sabika Shah Povia, che ha spiegato: «Il governo pakistano dovrà avere qualche prova e informazione in più, ma sono fiduciosa sulla collaborazione tra i due paesi grazie anche all'attenzione mediatica sul caso». Sarà di certo più celere l'estradizione di Danish Hasnain, lo zio di Saman indicato dagli inquirenti come l'esecutore materiale dell'omicidio (è indagato anche per occultamento di cadavere) arrestato mercoledì in Francia. Era inseguito da un mandato d'arresto europeo emesso il 25 maggio. La polizia francese l'ha rintracciato in un appartamento della periferia parigina nel quale lo ospitavano dei connazionali. È stato individuato grazie alle tracce digitali che ha lasciato usando la chat di Facebook. L'udienza per l'eventuale consegna alle autorità italiane è stata fissata per il 29 settembre, davanti alla chambre de l'instruction francese e si terrà in videoconferenza con la Corte d'appello di Bologna. Il pakistano è detenuto nel carcere di Fresnes e finora non ha voluto fare dichiarazioni alla gendarmeria transalpina. I magistrati italiani lo attendono per interrogarlo. Stanno inoltre valutando un confronto con uno dei due cugini, Ljaz Ikram. Anche lui era fuggito in Francia ed è detenuto a Reggio Emilia dal giorno della sua estradizione. La primula rossa di questa storia, a questo punto, resta l'altro cugino, Nomanhulaq Nomanhulaq, del quale al momento si sono perse le tracce. Entrambi, insieme allo zio Danish, erano stati filmati mentre si muovevano attorno all'abitazione di Saman con attrezzi da lavoro, con una pala e un piede di porco, in un orario che gli investigatori definiscono sospetto.