
La candidata in Emilia Romagna e il leader alla sagra tipica: «Noi vicini a chi soffre...».Ride Lucia Borgonzoni, ma sa che la notizia farà il giro del mondo: «Io e Matteo saremo ovunque in Emilia Romagna in questi mesi. E quindi sì, anche lì: anche alla festa dei cornuti». È sicura? «Guardi, questa è la mia agenda. Vede? Domenica». Chiedo alla Borgonzoni di provare a spiegare il perché di questa scelta e lei risponde così: «È un momento importante nella grande tradizione delle feste popolari della nostra regione».La candidata della Lega nella regione più rossa d'Italia ufficialmente deve ancora scendere in campo, ma è già partita da mesi: ieri girava già con Matteo Salvini intorno a Parma, il 14 celebra la sua kermesse, e domenica 10 sarà con Salvini il primo politico a rompere il tabù simbolico per cui anche il semplice accostamento all'idea del tradimento è considerato un danno di immagine irreversibile.Bill Clinton fu ammaccato dal caso Lewinsky, Gary Hart dovette chiudere la sua carriera, e anche in Italia - come sa bene Berlusconi dopo la famosa intervista di Veronica Lario sulle «vergini e il drago» - le corna restano una tabù assoluto per chi ha una immagine pubblica. Ma la Borgonzoni sorride e spiega perché per nulla al mondo mancherebbe la festa di Sant'Arcangelo di Romagna: «Primo siamo nazionapopolari, nulla di quello che è pop ci spaventa». E in secondo luogo? «Dato che la Lega è sempre dalla parte di chi soffre», sorride, «come potremmo esimerci da una festa dedicata a tutti quegli italiani che soffrono così tanto per le pene di cuore?». Chiedo alla candidata leghista se prima di scendere in un simile agone lei e Salvini ci abbiamo pensato bene: «Beh, certo. Dovremo anche attraversare una sorta di arco di trionfo del genere, dove si passa sotto delle corna e si viene fotografati con la nota corona sulla testa». Lei lo farà? «Ovvio». E anche Salvini si sottoporrà a questo rito? «Certo, Tutti e due. Non è che puoi andare alla festa dei cornuti e poi fare lo schizzinoso! Mica siamo del Pd...». E ride ancora. Allora chiedo alla candidata della Lega se ha pensato che quella foto di lei e del leader della Lega con la corona sulla testa resterà in tutti gli archivi, per sempre, come una bomba inesplosa. E girerà per il Web, vista da tante persone che non conoscono l'ironia del contesto, la storia che c'è dietro: «Beh, sí, con Matteo ci abbiamo pensato. Ma da leghisti siamo anche molto pragmatici». E cioè? «Il problema delle corna non è avere le foto con le corna. Ma avere le corna».
L’aumento dei tassi reali giapponesi azzoppa il meccanismo del «carry trade», la divisa indiana non è più difesa dalla Banca centrale: ignorare l’effetto oscillazioni significa fare metà analisi del proprio portafoglio.
Il rischio di cambio resta il grande convitato di pietra per chi investe fuori dall’euro, mentre l’attenzione è spesso concentrata solo su azioni e bond. Gli ultimi scossoni su yen giapponese e rupia indiana ricordano che la valuta può amplificare o azzerare i rendimenti di fondi ed Etf in valuta estera, trasformando un portafoglio «conservativo» in qualcosa di molto più volatile di quanto l’investitore percepisca.
Per Ursula von der Leyen è «inaccettabile» che gli europei siano i soli a sborsare per il Paese invaso. Perciò rilancia la confisca degli asset russi. Belgio e Ungheria però si oppongono. Così la Commissione pensa al piano B: l’ennesimo prestito, nonostante lo scandalo mazzette.
Per un attimo, Ursula von der Leyen è sembrata illuminata dal buon senso: «È inaccettabile», ha tuonato ieri, di fronte alla plenaria del Parlamento Ue a Strasburgo, pensare che «i contribuenti europei pagheranno da soli il conto» per il «fabbisogno finanziario dell’Ucraina», nel biennio 2026/2027. Ma è stato solo un attimo, appunto. La presidente della Commissione non aveva in mente i famigerati cessi d’oro dei corrotti ucraini, che si sono pappati gli aiuti occidentali. E nemmeno i funzionari lambiti dallo scandalo mazzette (Andrij Yermak), o addirittura coinvolti nell’inchiesta (Rustem Umerov), ai quali Volodymyr Zelensky ha rinnovato lo stesso la fiducia, tanto da mandarli a negoziare con gli americani a Ginevra. La tedesca non pretende che i nostri beneficati facciano pulizia. Piuttosto, vuole costringere Mosca a sborsare il necessario per Kiev. «Nell’ultimo Consiglio europeo», ha ricordato ai deputati riuniti, «abbiamo presentato un documento di opzioni» per sostenere il Paese sotto attacco. «Questo include un’opzione sui beni russi immobilizzati. Il passo successivo», ha dunque annunciato, sarà «un testo giuridico», che l’esecutivo è pronto a presentare.
Luis de Guindos (Ansa)
Nel «Rapporto stabilità finanziaria» il vice di Christine Lagarde parla di «vulnerabilità» e «bruschi aggiustamenti». Debito in crescita, deficit fuori controllo e spese militari in aumento fanno di Parigi l’anello debole dell’Unione.
A Francoforte hanno imparato l’arte delle allusioni. Parlano di «vulnerabilità» di «bruschi aggiustamenti». Ad ascoltare con attenzione, tra le righe si sente un nome che risuona come un brontolio lontano. Non serve pronunciarlo: basta dire crisi di fiducia, conti pubblici esplosivi, spread che si stiracchia al mattino come un vecchio atleta arrugginito per capire che l’ombra ha sede in Francia. L’elefante nella cristalleria finanziaria europea.
Manfred Weber (Ansa)
Manfred Weber rompe il compromesso con i socialisti e si allea con Ecr e Patrioti. Carlo Fidanza: «Ora lavoreremo sull’automotive».
La baronessa von Truppen continua a strillare «nulla senza l’Ucraina sull’Ucraina, nulla sull’Europa senza l’Europa» per dire a Donald Trump: non provare a fare il furbo con Volodymyr Zelensky perché è cosa nostra. Solo che Ursula von der Leyen come non ha un esercito europeo rischia di trovarsi senza neppure truppe politiche. Al posto della maggioranza Ursula ormai è sorta la «maggioranza Giorgia». Per la terza volta in un paio di settimane al Parlamento europeo è andato in frantumi il compromesso Ppe-Pse che sostiene la Commissione della baronessa per seppellire il Green deal che ha condannato l’industria - si veda l’auto - e l’economia europea alla marginalità economica.




